Resta alta l’attenzione in Sicilia sulla crisi dei prezzi del vino da tavola, attestati da un minimo di 15 ad un massimo di 20 centesimi al litro e con possibili deprimenti conseguenze per centinaia di aziende vitivinicole della provincia più vitata d’Italia: Trapani. I vertici della Cia Sicilia Occidentale, che nelle scorse settimane avevano già lanciato l’allarme sulla grave situazione che si è venuta a creare per la sovrabbondanza di produzione su tutto il territorio nazionale, hanno recentemente incontrato ad Alcamo alcune cantine del trapanese per fare il punto della situazione e attuare tutte le iniziative necessarie per coinvolgere le istituzioni e tentare di uscire da questa fase di stallo, a cominciare dalla richiesta di un incontro con l’assessore regionale all’Agricoltura della Regione Siciliana, Edy Bandiera in queste ultime ore dato per imminente.

“C’è una grave crisi di mercato in atto e sotto gli occhi di tutti che sta mettendo in ginocchio la zona del Trapanese che, ricordiamo, è la provincia italiana più vitata. Occorre un intervento deciso per scongiurare il peggio e permettere a centinaia di aziende di continuare a sopravvivere”, ha commentato Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale. All’incontro era presente Antonio Lombardo, deputato del Movimento 5 stelle, componente della commissione Agricoltura della Camera dei deputati, che nel corso dell’incontro ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare sulla questione, che a breve dovrebbe essere resa nota. Presenti all’incontro, le cantine Petrosino, San Francesco Di Paola, Fiumefreddo, Sant'Antonino.

Il prezzo attuale in Sicilia del vino da tavola è ancora sotto i 2 euro per ettogrado, circa 15-20 centesimi al litro. Lo scorso anno veniva invece venduto a 40-45 centesimi, prezzo sempre inferiore rispetto alla media dell’Ismea (54 centesimi).

I dati sulle giacenze, secondo il bollettino Cantina Italia emesso nel marzo scorso dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi del Mipaaft, dicono che il Veneto detiene circa 1,8 milioni di ettolitri (+350 mila rispetto a un anno fa). Giacenza quasi doppia rispetto a quella siciliana (poco più di un milione di ettolitri) dove però la superficie vitata per il vino comune è il doppio rispetto a quella veneta (quasi 9 mila ettari contro 4360). E’ l’Emilia Romagna, comunque, a fare la parte del leone con oltre 4 milioni di ettolitri di giacenza attuale, seguita dalla Puglia (2,2 milioni).

Il vino comune non ha un disciplinare rigoroso come Doc e Igt. E’ regolamentato dal Testo unico (legge 238/2016) che prevede ad esempio una resa massima di 500 quintali di uva per ettaro (tra i 350 e i 400 ettolitri di vino). In Sicilia, a seconda del tipo di coltivazione, intensiva o meno, la resa si aggira tra i 160 e i 200 quintali.

La Cia Sicilia Occidentale chiede di abbassare il tetto della resa massima dei vigneti da 500 quintali a 250, una maggiore attenzione sui controlli straordinari nei confronti di quelle aziende che, a qualsiasi latitudine, abbiano presentato dichiarazioni di raccolta anomale. E chiede anche la messa al bando definitiva dello zuccheraggio del vino, concesso dalla normativa europea in Francia e in Germania ma anche in alcune zone dell’Italia: Valle d’Aosta, Trentino e nella provincia di Belluno. Nel resto del Belpaese, invece, lo zuccheraggio viene considerato un reato: frode.