La rivoluzione 'verde' - quella che punta a nuovi modelli di lavoro, all'innovazione e all'educazione ambientale e alimentare - colora i campi di rosa: ci sono infatti sempre più donne alla guida di imprese agricole in tutto il paese.

Le donne - in base a un'elaborazione della Coldiretti (su fonte Unioncamere) - sono al comando di oltre una su quattro (il 28,6%) delle quasi 215mila aziende italiane dal volto femminile. E il dato si innalza ancor di più quando lo sguardo si rivolge al Sud. Dove sale a oltre il 50% - secondo una valutazione dell'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) su dati del ministero delle Politiche agricole - e vede in cima alla classifica delle regioni, per imprese agricole femminili, la Sicilia; seguita dalla Puglia e dalla Campania.

Inoltre al Sud viene registrato anche il numero più elevato di nuove iniziative femminili (pari al 59% del totale). Si tratta, spiega un'analisi di Copagri, del numero più alto rispetto a tutti gli altri comparti produttivi guardando soltanto al settore primario (viene superato soltanto dalla sanità, dall'istruzione e dalla ristorazione).

Tanto di 'femminile' nell'attività agricola si deve all'implementazione di una nuova visione del concetto di agricoltura. Le donne riescono a fondere, insieme con le tradizioni contadine, le attività di educazione alimentare con le scuole, le fattorie didattiche, i percorsi rurali che contemplano per esempio la pet-therapy, gli orti didattici, e l'idea di 'basso impatto' sull'ambiente, il recupero di piante e animali in via di estinzione, la vendita diretta dei prodotti nei mercatini, il chilometro 'zero', e naturalmente l'agriturismo (un mondo dove le strutture gestite da donne sono quasi 8.500, oltre il 36% del totale nazionale).

Non solo. Cambia l'età e anche l'iter di studi di queste imprenditrici post-moderne della terra.
Perché se è vero che c'è maggiore attenzione alla tutela dell'ambiente, alla biodiversità, alla riqualificazione, alla ricerca e alla sostenibilità economica e sociale, le donne che 'comandano' nei campi sono perlopiù giovani sotto i 35 anni nel 25% dei casi; molto spesso hanno seguito percorsi formativi diversi dall'agricoltura (come il conseguimento di una laurea in Scienze politiche e in Sociologia, Giurisprudenza e Economia, Scienze della comunicazione e marketing).

E di solito, si tratta di ragazze che puntano sulla tecnologia; magari lo fanno usando semplicemente uno smartphone, con cui riescono a gestire l'intero processo e a tenere sotto controllo per esempio gli animali nella stalla oppure a monitorare le prenotazioni di un agriturismo, o ancora possono cercare (spesso riuscendoci) di recuperare antichi metodi di semina e riportare a maturazione frutti ormai dimenticati; per non parlare della possibilità di esportare, grazie ai canali online, i propri prodotti (tipo vino, miele, formaggi, salumi) all'estero. Mettendoci sopra un bel bollino del made in Italy, a conclusione del proprio lavoro e del proprio impegno di donna.