Nell'ultimo trimestre dell'anno scorso l'economia indiana è cresciuta del 7,2%, portando così la media annuale di crescita al 7%, un tasso superiore alla crescita del Pil cinese, al 6,9%. L'India sta accelerando, facendo leva su infrastrutture, automotive e hi-tech. L'agricoltura è un settore più fragile, sul quale però il subcontinente indiano ha acceso i riflettori, alla luce delle proteste del ceto contadino, che hanno scosso il paese negli ultimi mesi.

A metà marzo, infatti, circa 50mila contadini hanno invaso il centro di Mumbai, dopo una marcia durata una settimana, per sensibilizzare la popolazione urbana sulla situazione disperata della campagna e aumentare così la pressione sul Governo regionale. Nella regione del Maharashtra, dove un indiano su due è impiegato in agricoltura, l'attenzione al primario è marginale rispetto all'agenda di Governo e in molti hanno lamentato un interesse tardivo al comparto da parte del premier Modi, intervenuto di fatto dopo una delle più massicce manifestazioni di protesta.

L'India è il principale produttore di latte al mondo (rappresenta il 18% della produzione mondiale) e secondo gli analisti del lattiero caseario dovrebbero incrementare le consegne del 5% nel corso del 2018, con la finalità di esportare. E non soltanto nel segmento "dairy". Proprio in questa direzione nelle scorse settimane l'India ha firmato accordi con otto paesi (Stati Uniti, Canada, Cile, Ecuador, Corea del Sud, Malesia, Taiwan e Iran) per aumentare le esportazioni agricole in nuovi mercati e altri ne avrebbe avviati con una decina di paesi, al momento top secret, su un ventaglio di trentacinque prodotti agricoli.

A fine aprile il ministro dell'Agricoltura, Radha Mohan Singh, ha postato un tweet nel quale parla di portare il valore delle esportazioni agricole a 100 miliardi di dollari, entro il 2022-23 come riportato dal quotidiano Hindustan Times.
Le esportazioni agricole dell'India sono aumentate di cinque volte, passando dai circa 8,7 miliardi di dollari del 2004-05, ai 42,6 miliardi di dollari del 2013-14. Tuttavia, questo dato è poi sceso, nel 2016-17, a 33 miliardi di dollari, volume per il 52% rappresentato da prodotti ittici, carne e riso. L'India esporta anche spezie, cotone, prodotti ortofrutticoli freschi, zucchero, caffè, arachidi, farine di semi oleosi, e anacardi.

Il progetto in atto, descritto dall'Agricultural and processed food products export development authority, in collaborazione con il ministero dell'Agricoltura, ha individuato 70 distretti come potenziali hub per le esportazioni, con l'obiettivo di assicurare l'accesso ai mercati internazionali anche dai produttori agricoli locali.

Il Governo indiano deve anche fare i conti con una catena immensa di suicidi - l'American University of Berkeley calcola siano stati 300mila dal 1995 a oggi - a causa dei cambiamenti climatici che, dal 2012 hanno causato carestie per le gravi crisi idriche e le difficoltà di accesso all'acqua. E' anche per questo che presto lo stato indiano dell'Uttarakhand prenderà a prestito da Israele il suo sofisticato sistema di irrigazione a goccia a energia solare, per aumentare la produzione agricola nel 92% delle aree del paese alimentate dalle piogge e frenare la migrazione dalle colline verso le città.

Quello che preme ai contadini indiani è il reddito, primo motivo che ha scatenato le proteste dei mesi scorsi. Una situazione molto seria, al punto che il ministro delle Finanze, Arun Jaitley, ha promesso agli agricoltori che "riceveranno 1,5 volte il prezzo di produzione dei loro prodotti", rilanciando anche gli investimenti nelle infrastrutture rurali, annunciando la costruzione di 50mila chilometri di strade per ridurre l'isolamento dei villaggi e promettendo di collegare 40 milioni di famiglie all'elettricità e di sovvenzionare la vendita di bombole di gas per sostituire la cottura a carbone, i cui fumi tossici provocano la morte prematura di milioni di donne.

In questa fase di evoluzione in parte scomposta dell'India, potrebbero cambiare anche gli orientamenti produttivi. I produttori agricoli indiani potrebbero infatti aumentare l'area destinata alla coltivazione della soia di quasi il 15%, dopo che il Governo ha aumentato la tassazione sulle importazioni di olio edibile al livello più alto da oltre dieci anni e portando il prezzo interno dei semi oleosi al picco massimo da quasi due anni.
L'aumento della produzione dei semi oleosi potrebbe aiutare l'India, il principale importatore mondiale di olio vegetale, a ridurre le costose importazioni provenienti da Brasile, Argentina, Indonesia e Malesia. Potrebbe, inoltre, comportare un aumento delle esportazioni di farina di soia, un importante mangime per animali, dirette verso paesi asiatici, come il Giappone, il Vietnam e il Bangladesh. Tutto ciò nell'ottica di incrementare l'export.

Il fatto che l'India sia una realtà dalle potenzialità enormi è confermato anche dall'operazione conclusa dopo diciannove mesi di negoziato da Walmart, che pochi giorni fa ha raggiunto un accordo da 16 miliardi di dollari per acquistare una quota di maggioranza in Flipkart, la principale piattaforma di e-commerce in India. In questo modo si giocherà nel subcontinente indiano il confronto tra Walmart e Amazon, approdato in India e in rapida crescita. Riuscirà a insidiare il leader di mercato Flipkart? E soprattutto, ci saranno vantaggi per i produttori agricoli in un paese scosso da forti tensioni sociali?