Gli agricoltori sono i primi a risentire dei cambiamenti climatici. La modificazione del clima, con l'aumento di temperature medie e dei fenomeni intensi, sta mettendo a dura prova le aziende agricole che sono sempre più spesso alle prese con nubifragi, gelate e periodi siccitosi. Gli effetti del surriscaldamento globale si fanno sentire anche in Alto Adige, dove i viticoltori stanno sperimentando estati insolitamente calde che minacciano la 'freschezza' di alcuni vini come il Pinot bianco.

"In bassa valle abbiamo registrato un aumento della temperatura media di 1,9 gradi negli ultimi trenta anni", spiega ad AgroNotizie Florian Haas, ricercatore del Centro di sperimentazione Laimburg e responsabile del progetto PinotBlanc, finanziato da fondi europei.
"Può sembrare poco, ma questo ha costretto i viticoltori a vendemmiare con due settimane di anticipo, con conseguenze negative sul profilo del vino prodotto".

Haas, in che cosa consiste il progetto PinotBlanc?
"Il clima sta mutando e noi vogliamo essere preparati per adattarci al cambiamento. Stiamo studiando gli effetti dell'aumento delle temperature sulle uve di Pinot bianco coltivate in Alto Adige e quindi sul vino. Temperature più elevate significano uve più zuccherine e meno acide, con un effetto negativo sul prodotto finale".

Che sperimentazione avete fatto?
"Abbiamo studiato vigneti situati in quattro comuni altoatesini e posti a differenti altitudini, da quelle basse a 200-300 metri fino ad arrivare ai 730 metri del vigneto più in quota. Facciamo rilevazioni agronomiche e micro-vinificazioni, con analisi sensoriali in cui analizziamo la qualità dei vini prodotti".
 
Micro-vinificazioni di Pinot bianco
Micro-vinificazioni di Pinot bianco

Quali effetti ha l'altitudine sulle uve?
"Solitamente vendemmiavamo il Pinot bianco a fine settembre, oggi la vendemmia si fa in media due settimane prima, se non un mese. Continuiamo a vendemmiare quando la concentrazione degli zuccheri negli acini è di 20 gradi Babo, ma ciò che cambia è la presenza degli acidi e degli elementi aromatici, che durante le notti calde non vengono conservati nell'acino ma volatilizzano".

Quali le conseguenze per il vino?
"Dalle uve vendemmiate in queste estati calde otteniamo un vino meno 'fresco', nel senso che la concentrazione di acidi è più bassa rispetto ad altre annate. E anche sotto il profilo aromatico il vino risente del clima caldo".

Quali soluzioni avete individuato per adattare le produzioni al nuovo clima?
"L'idea è quella di estendere la coltivazione del Pinot bianco a quote più alte, fino a 730 metri. In modo che l'altitudine influisca in maniera positiva sul contenuto di acidi delle bacche. Le cooperative della zona possono quindi usare uve di differenti altitudini per creare blend equilibrati, sfruttando l'acidità delle uve coltivate ad alta quota e la zuccherinità di quelle in valle".

E per le aziende che non hanno vigne in quota?
"La situazione si fa più complicata. Una soluzione può essere affittare terreni ad altitudini più elevate. Oppure in prospettiva per il futuro, cambiare la varietà di vite impiantata".