Anche se non ne siamo pienamente consapevoli i big data stanno lentamente entrando nelle nostre aziende agricole. Molti non hanno idea di che cosa siano (ne abbiamo parlato qui), ma questo non significa che non vengano usati tutti i giorni. Quando saliamo su un trattore a guida gps generiamo dati, idem quando mietiamo il grano, compiliamo i moduli per i contributi Pac o teniamo d'occhio la produzione di latte delle nostre vacche.

Ogni attività che può essere misurata e che passa attraverso la tecnologia genera dati che racchiudono in sè una grande ricchezza, ma che sollevano anche problemi di privacy.

Facciamo qualche esempio. Quando ci affidiamo ad un contoterzista per la mietitura del grano la mietitrebbia che entra in campo è in grado di rilevare e georeferenziare le quantità di frumento raccolte. I dati vengono poi spediti in un cloud dove sono virtualmente accessibili a tutti.

Se usiamo un drone per generare una mappa di vigore di un vigneto sapremo quali piante sono in salute, quali soffrono per l'attacco di parassiti e quali invece sono sotto stress idrico. In diverse cantine italiane vengono usati per sapere qual è il momento migliore per vendemmiare. Informazioni importanti per l'azienda, ma che rischiano di non rimanere solo nei computer dell'amministrazione.

Non esiste infatti una regolamentazione che tuteli l'agricoltore dall'uso scorretto delle informazioni raccolte. “Per questo noi chiediamo che sia la Commissione europea ad intervenire e a definire una cornice legislativa che tuteli l'agricoltore da un uso scorretto delle informazioni”, spiega ad AgroNotizie Francois Guerin, di Copa-Cogeca, il sindacato europeo degli agricoltori e delle cooperative agricole.

In futuro è probabile che un gruppo ristretto di grandi società fornisca agli agricoltori servizi di precision farming. Come già sta accadendo negli Stati Uniti ai coltivatori verranno fornite mappe di prescrizione basate sui dati raccolti in campo e dai satelliti. Verrano indicate le varietà di sementi più adatte ad ogni zona del campo e gli input necessari per ottimizzare le produzioni. L'agricoltore ne otterrà un vantaggio economico, ma dall'altro lato aprirà a società esterne le porte della propria azienda.

Per questo l'American Farm Bureau Federation, una delle associazioni statunitensi degli agricoltori, ha messo in guardia i suoi iscritti dal partecipare ad alcuni programmi di gestione dei dati. Che cosa accadrebbe se i conti di una azienda finissero nelle mani di un concorrente? E cosa accadrebbe alle quotazioni di mercato del mais se qualcuno conoscesse l'andamento dei raccolti di un Paese, areale per areale, varietà per varietà?

Chi fornisce questi sistemi assicura che i dati sono protetti, ma per evitare ogni pericolo in Francia diverse cooperative hanno direttamente acquisito società attive nel precision farming e nella gestione dei big data. In questo modo si evita che dati sensibili escano al di fuori delle imprese agricole.

Ma molti altri agricoltori semplicemente non si fidano e preferiscono gestire l'azienda "business as usual". Finché non si forniranno assicurazioni legali forti sull'uso che viene fatto dei dati raccolti saranno poche le aziende che si apriranno alla tecnologia. I big data rischiano così di non poter esprimere le proprie potenzialità e il pericolo è che l'agricoltura europea rimanga indietro rispetto al resto del mondo.  


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