"Semaforo" sotto i riflettori durante i lavori del Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea di lunedì 14 marzo 2016: in questa occasione l'Italia ha infatti portato in discussione la questione dell'etichettatura a semaforo. Con l'Italia si sono schierate nettamente per il no a questo sistema: Croazia, Belgio, Cipro, Spagna, Grecia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Bulgaria, Polonia, Irlanda, Romania, Germania, Slovacchia, Lettonia.

Martina: "Chiediamo alla Commissione di rimuovere questo sistema"
Il ministro Maurizio Martina ha chiesto ufficialmente alla Commissione europea di "rimuovere questo elemento distorsivo del mercato". Secondo il ministro, questo sistema provocherebbe "danni economici e d'immagine ai nostri prodotti e nessun beneficio ai consumatori".

Studio Nomisma: prodotti italiani sotto scacco
Un'indagine di Nomisma sugli effetti dell'etichetta a "Traffic lights" sul mercato inglese condotta su tre prodotti campione - Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Brie francese - evidenzia un calo nelle vendite e nelle quote di mercato dei prodotti quando questi vengono etichettati con il sistema a semaforo, contro un incremento delle vendite degli stessi prodotti quando non etichettati. Si va dal -8% del Brie fino al -14% per il Prosciutto di Parma Dop o al -13% fatto registrare dal Parmigiano Reggiano Dop porzionato.

Come funziona l'etichetta a semaforo
Nel giugno 2013 il Regno Unito ha introdotto un sistema a bollini colorati in etichetta riguardanti le calorie, i grassi, gli zuccheri ed il sale presenti in 100 grammi di prodotto. Con tale sistema, quando in un determinato alimento uno di tali aspetti è presente oltre certe concentrazioni, in etichetta viene indicato con un bollino rosso, mentre se è presente in quantità basse il colore è verde. Nei casi intermedi il colore è giallo.
Questo sistema è stato raccomandato dal ministero della Salute britannico e ampiamente adottato, in particolare dalla distribuzione con il 98% di adesione,

Ue ha detto no al semaforo
Nell’ottobre 2014, a seguito dei dibattiti in Consiglio con 16 Paesi contrari e dei reclami presentati da diverse associazione europee di produttori, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura d’infrazione nei confronti del Regno Unito, per ora allo stadio di messa in mora.