Primo spiraglio di una via di uscita per l’applicazione della Direttiva Nitrati (la 676 del 1991). La richiesta italiana di rivedere i parametri di applicazione è stata accolta dal Comitato nitrati della Commissione Europea. A determinate condizioni sarà possibile superare il limite di 170 chili di azoto di origine organica per ettaro (il limite precedente era di 340 kg) per spingersi sino ai 250 kg per ettaro. Il vincolo riguarda le cosiddette “aree vulnerabili” nelle quali rientrano i terreni agricoli che vanno dal Piemonte al Veneto, passando per Lombardia Emilia-Romagna e Veneto. Tutte aree a forte vocazione zootecnica e dove sono concentrati gran parte degli allevamenti da latte e da carne italiani. Il rispetto del vincolo dei 170 kg di azoto per ettaro potrebbe comportare il dimezzamento di questi allevamenti. Un'evenienza inaccettabile per la nostra zootecnia e per l'economia del Paese, già fortemente deficitario di derrate di origine animale. Un problema del quale si discute da tempo e sul quale si è soffermato più volte anche Agronotizie. La tesi sostenuta dall'Italia per ottenere una revisione dei parametri di applicazione della direttiva nitrati si basa su due capisaldi, le nuove conoscenze tecniche e scientifiche acquisite dall'emanazione della direttiva ad oggi e la responsabilità degli allevamenti nell'inquinamento, responsabilità che va condivisa con altri soggetti, non ultimi gli scarichi civili e industriali. A sostegno di queste tesi giungono i risultati dell'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che aprono alla possibilità di una revisione delle aree vulnerabili, oggi penalizzante per gli allevamenti. “La deroga approvata a Bruxelles sul limite dei nitrati - si legge in un comunicato del ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano - è certamente un risultato molto importante per la nostra zootecnia. Questo provvedimento, però da solo, non risolve i problemi delle aziende italiane situate nelle aree sensibili ai nitrati, costrette a sostenere esorbitanti costi di smaltimento dei reflui zootecnici.

 

Solo un primo passo

Che si tratti solo di un primo passo avanti e non certo della definitiva soluzione del problema lo conferma la constatazione che i nuovi parametri, prima di essere operativi, dovranno superare il vaglio della Commissione Europea, attesa per la fine dell'anno, alla vigilia dell'applicazione, nel prossimo gennaio, della Direttiva Nitrati. Tutto lascia comunque prevedere il parere favorevole della Commissione ed i nuovi vincoli troveranno applicazione per i prossimi quattro anni. Per gli allevamenti si profila però un aumento degli impegni, come l'obbligo di ricorrere a coltivazioni capaci di utilizzare il maggior carico di azoto.

 

Le opinioni

La deroga che l'Italia si appresta ad incassare, e già ottenuta da molti altri membri della Ue, come l'Olanda che vanta concentrazioni zootecniche importanti, è stata salutata con toni positivi da Coldiretti, che ora chiede che di “distribuire il peso dei vincoli in misura proporzionale tra le diverse fonti di inquinamento a partire dalla depurazione civile e dagli inquinamenti industriali responsabili, in prevalenza, dell'impatto ambientale dell'azoto.” “Questa misura non basta” ha fatto eco la Cia che chiede l'aggiornamento delle aree vulnerabili. Critica la posizione di Confagricoltura secondo la quale la deroga non risolverà il problema nitrati. “Va formulata - si legge in un comunicato - una disciplina organica per l'utilizzazione agronomica del digestato, l'adozione di adeguate tecnologie di trattamento degli effluenti e, non ultima, la semplificazione degli adempimenti.”

 

Restano le difficoltà

In conclusione, la partita è tutt'altro che conclusa e senza una ridefinizione delle aree vulnerabili e una diversa distribuzione delle responsabilità in tema di inquinamento, per gli allevamenti si profila comunque una situazione difficile. Il modesto innalzamento del carico di azoto imporrà una riduzione del numero di animali allevati, investimenti tecnologici per contenere la presenza di azoto e, ancora una volta, ulteriori gravami burocratici. E, beffa finale, senza che ciò porti ad alcun beneficio sotto il profilo ambientale se, come assai probabile, si avrà conferma che la presenza di nitrati dipende solo in parte dai reflui zootecnici.