Come può essere sostenibile per la nostra salute la dieta mediterranea basata sui cereali? Si può difendere quel regime alimentare povero dell’ entroterra meridionale, basato su carboidrati come pasta e pane senza intossicare i nostri figli? Come ovviare al concetto di commodities per favorire quello di cibo? Quali iniziative politiche si rendono necessarie?
A queste domande hanno tentato di dare una risposta i vari relatori che si sono confrontati nell’affollato convegno nazionale “Dieta mediterranea e Salute alimentare” organizzato da Slow Food su temi sollevati dal Consorzio Campo e moderato dal presidente Pepe, tenutosi ad Altamura il 25 marzo, cui erano presenti molti agricoltori provenienti dalla Puglia, Sicilia, Basilicata e Molise.
“La Dieta mediterranea - ha fatto notare la dott.ssa Cinzia Scaffidi Centro Studi Slow Food Italia - rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, e, in particolare, il consumo di cibo, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Un cibo che non sia commodities, che rispetti il territorio e la biodiversità e che garantisca la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati”.
Tuttavia questo modello alimentare appare minacciato e rischia di non essere sinonimo di benessere e longevità.
“Allo stato attuale - ha affermato il Dr Andrea Di Benedetto, presidente del Consorzio Campo - la Dieta mediterranea non rispetta le materie prime tipiche di ogni comunità. Nei porti del sud ancora oggi si documentano scarichi di milioni di tonnellate di grano estero, compreso grano scadente di 4°-5° categoria normalmente quotato nelle borse merci "per altri usi", con probabili tenori di micotossine e metalli pesanti, tali da renderlo inutilizzabile al consumo umano.
Le importazioni di cereali nel nostro territorio con questi standard non solo pregiudicano il gusto e la qualità salutistica delle nostre produzioni di pane e pasta soprattutto della prima infanzia, ma trascurano colpevolmente un progetto del ministero delle Politiche agricole (Micocer 2006-2008), che ha definitivamente sancito la superiorità dei grani del sud in ordine a residui di micotossina DON, rispetto a quelli del Nord Italia (clima secco contro clima umido e piovigginoso) nonché rispetto ai grani duri esteri importati da paesi siti a nord del 41° parallelo (Francia, Usa, Canadà, ecc).
Dopo il saluto del presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue Paolo De Castro che dovrà impegnarsi ad abbassare i limiti europei di micotossine nel grano e nella pasta a tutela della salute dei consumatori e dell’economia agricola, l’On. Pittella, vice presidente del Parlamento Ue ha rivolto i suoi auguri in videoconferenza.
Urge una petizione al Parlamento europeo sulla revisione dei limiti, è necessario riportare in Conferenza Stato-Regioni il problema, ma è anche opportuno che le regioni recepiscano le linee di indirizzo nazionale per introdurre prodotti bio nella ristorazione collettiva, affinchè nelle nostre mense i bambini possano mangiare una pasta salubre.
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Fonte: Slow Food