E' partito il Sesto censimento dell’agricoltura. Gli incaricati dell’Istat sono chiamati a “interrogare” oltre due milioni di imprese agricole in tutta Italia. Dalle Alpi alla Sicilia.
Dal maso al dammuso e ritorno, passando per corti e cascine. Senza dimenticare bovini, suini, struzzi e avicoli. Ben oltre il bue e l’asinello, insomma. E non è una battuta.
Il censimento è una cosa seria. E impegnativa. Sarà un lavoro per 12mila adetti alla compilazione dei questionari. Con la novità che questa volta sarà possibile farlo anche da Internet, cliccando sul sito http://censimentoagricoltura.istat.it. Questionario online: finalmente. Chissà quanti sceglieranno la strada più comoda della compilazione telematica.

I risultati saranno resi noti nel 2013, praticamente al canto del cigno di questa Pac che coinvolge per la prima volta 27 Stati dell’Unione europea. Un dilemma: ma avere i primi dati ufficiali del censimento a tre anni di distanza da quando è stato fatto non sarà tardi, se si vogliono prendere per tempo misure di intervento sul settore primario? Non dimentichiamo che nel 2013 saremo quasi al giro di boa verso il prossimo censimento agricolo, programmato nel 2020, un’altra data cruciale per l’ambiente e l’agricoltura europea.
Sono passati oltre 130 anni dalla prima grande Inchiesta agraria che ha riguardato l’Italia. Venne commissionata nel 1877 al senatore Stefano Jacini, già ministro dei Lavori pubblici.
Un’altra epoca, dove latifondismo e malaria si alternavano la primazia, senza dimenticare la mancanza di tutela sul lavoro, l’assenza o quasi di meccanizzazione, produzioni che poco avevano a che spartire con quella dieta mediterranea che ha rappresentato uno dei pilastri dell’export del made in Italy nel mondo e che – a tutt’oggi – rappresentano un simbolo del Belpaese e al medesimo tempo prestano il fianco alla contraffazione. Italian sounding, termine troppo dolce per descrivere un volume di agro-pirateria che supera i 60 miliardi di euro accertati (e il sommerso?).
La prima Inchiesta agraria del Regno: Fieragricola, al debutto a Verona (in piazza Bra) nel 1898, era dietro l’angolo. Segno che l’indagine di cui il conte Jacini si è fatto carico, per quanto spietata nel consegnare al Regno d’Italia una descrizione lontana anni luce dall’agricoltura di oggi, aveva innescato quelle riflessioni che costituiscono come sempre il motore del progresso.
Verona, la sua gente, l’imprenditoria agraria (termine usato per la prima volta da Richard Chatillon e passato inizialmente pressoché sotto silenzio) hanno sostenuto lo sviluppo dell’agricoltura. 1898: Fieragricola e Fieracavalli nascevano insieme. Due colossi ai primi passi (continua).

Leggi l'articolo completo