Il trionfo dell'agroalimentare made in Italy. In estrema sintesi si può riassumere così l'edizione 2024 di Cibus, che si è svolta dal 7 al 10 maggio scorsi alle Fiere di Parma. Un'edizione da record per numero di brand (3mila) e buyer (3mila) presenti e per le tante novità di prodotto e che si è chiusa con oltre 75mila presenze (+25% rispetto al 2022).
Agroalimentare made in Italy, settore strategico
Già dall'inaugurazione alla presenza di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e di Francesco Lollobrigida, ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, si percepivano l'importanza e la strategicità del settore, sempre più competitivo a livello nazionale.
"Il made in Italy - ha affermato il ministro Adolfo Urso - ormai è sinonimo in tutto il mondo di prodotto di qualità ed eccellenza. Nella gamma della produzione internazionale noi siamo nella Serie A. La Food Valley di questo territorio è un vero e proprio modello di eccellenza nell'eccellenza che porta avanti tutti i valori che rendono grande il made in Italy nel mondo".
Nel corso del convegno inaugurale "Dinamiche competitive internazionali nel settore agroalimentare" sono stati presentati i dati della ricerca realizzata dal Cersi, il Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Fiere di Parma. Lo studio evidenzia in particolare come nel decennio 2013-2023 la crescita italiana nell'export agrifood è stata del 27% rispetto al 12% della media europea. Un risultato che ha portato i prodotti agroalimentari italiani venduti all'estero a sfiorare i 64 miliardi di dollari, circa il 10% dell'export europeo (679 miliardi di dollari), collocando il nostro Paese al quarto posto nel 2023 per sviluppo dell'export in Europa.
"Questi dati suggeriscono che, in un contesto macroeconomico e in un arco temporale caratterizzato da grande incertezza su tanti fronti, le imprese italiane del settore agroalimentare hanno mostrato grande capacità di adattamento ai cambiamenti nell'ambiente e sono state in grado di sostenere e sviluppare la propria competitività sui mercati internazionali più di quanto non sia accaduto in altri Paesi europei", ha spiegato Fabio Antoldi, professore di Strategia Aziendale e Imprenditorialità all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore del Cersi.
Sulla stessa linea di pensiero il ministro Francesco Lollobrigida. "L'Italia - ha affermato - si conferma terra di eccellenza e vincente nei mercati esteri. Uno straordinario risultato che evidenzia la qualità dei prodotti made in Italy, la solidità del nostro tessuto imprenditoriale e la nostra capacità di fare sistema per conquistare i mercati globali".
Positivo anche il commento di Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare. "L'industria alimentare è un comparto forte, in crescita e un settore che genera ricchezza grazie ai suoi prodotti e le sue imprese".
Tornando alla ricerca, il nostro Paese ha registrato una crescita in tutti i quattro principali comparti dell'agroalimentare: nel dairy la quota di mercato passa dal 3,46% dal 2013 al 4,75% del 2022, con un valore dell'export di 5,4 miliardi di dollari; nei prodotti a base di cereali il valore dell'export nel 2022 è di 8,3 miliardi di dollari, corrispondenti a una quota di mercato dell'8,34% (era il 7,95% nel 2013), nelle conserve e nei preparati di frutta e verdura l'export del 2022 vale 5 miliardi di dollari, con una quota di mercato del 6,46% (6,38% nel 2013) e nel settore beverage l'Italia ha anche scalato una posizione, passando dal terzo al secondo posto del ranking, con un valore nominale dell'export nel 2022 pari a 12,6 miliardi di dollari, corrispondenti ad una quota di mercato dell'8,5%.
Dunque, l'agroalimentare made in Italy continua a viaggiare con una marcia in più registrando una crescita accelerata rispetto ad altri grandi Paesi europei.
L'agroalimentare made in Italy protagonista a Cibus 2024
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
Il made in Italy e il sogno americano
A proposito di mercati, particolare attenzione è stata posta a quello americano. Un mercato enorme, anche se complesso e difficile da aggredire, ma come si suol dire, "il sogno americano" per le imprese italiane è più che possibile, "occorre alzare il livello medio di professionalizzazione, nel marketing come nella comunicazione, a livello internazionale, senza affidarsi solo alla bravura del singolo imprenditore. Ci sono opportunità di crescita, ma abbiamo bisogno di competenze, formazione e puntuali analisi dei dati. Sono ottimista, perché se saremo capaci di completare quei pezzi che ci mancano possiamo diventare il primo Paese esportatore alimentare negli Usa", come spiegato da Vittorio Cino, direttore generale di Centromarca.
Di questo si è discusso in occasione del convegno "USA4 Cibus: le opportunità per le aziende italiane di investire negli Stati Uniti nell'epoca dell'Inflation Reduction Act", realizzato in collaborazione con American Chamber of Commerce in Italy, che ha visto l'intervento di importanti brand.
"Per continuare a crescere - ha affermato Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma - dobbiamo trovare modelli di internazionalizzazione più rilevanti. Negli Stati Uniti le opportunità sono offerte non solo dai grandi player della grande distribuzione, ma anche a livello locale c'è un interessantissimo 14% di operatori, che da soli valgono più del mercato italiano. Inoltre alcuni trend, che in Europa si sono fermati, oltreoceano continuano a crescere, come l'organic, trainato dalla Generazione Z e dai Millennial che chiedono di consumare meno e sempre meglio".
Dal campo alla tavola, un po' di numeri
Anche secondo l'analisi di Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga, il cibo made in Italy assume un ruolo sempre più centrale per la crescita economica del Paese: il valore della filiera agroalimentare allargata sale a 620 miliardi di euro.
Il made in Italy dal campo alla tavola vede impegnati - sottolinea Coldiretti - ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Un patrimonio del Paese sostenuto dai primati dell'agricoltura italiana, che vanta il primo posto in Ue per valore generato per ettaro, quasi 3mila euro, il doppio rispetto ai francesi e i due terzi in più dei tedeschi.
Ma le campagne nazionali hanno anche la leadership Ue nel biologico, con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 526 vini Dop/Igp e 5.547 prodotti alimentari tradizionali.
A Cibus 2024 focus sulle ricerche
L'industria alimentare italiana è sempre più sinonimo di sviluppo sociale ed economico, tanto che gli italiani la considerano uno dei principali ambasciatori del made in Italy. Italiani che sono sempre più attenti al contenimento degli sprechi e alla sostenibilità, aspetti che infatti orientano le scelte dei prodotti da mettere nel carrello della spesa.
In particolare, secondo la ricerca realizzata Federalimentare-Censis dal titolo "L'industria alimentare tra Unione Europea e nuove configurazioni globali", presentata in occasione dell'assemblea pubblica di Federalimentare, per il 93% degli italiani l'industria alimentare è sinonimo di sviluppo sociale ed economico, per il 94% il made in Italy è uno dei principali ambasciatori dell'italianità nel mondo e un traino per l'economia grazie all'export (53 miliardi di valore nel 2023).
L'industria alimentare è oggi al primo posto dei settori manifatturieri per valore del fatturato e al secondo posto sia per numero di imprese che di addetti, con un valore pari a 193 miliardi di euro, cioè il 15,6% del totale del fatturato dei settori industriali. Nel periodo 2013-2023 il fatturato di alimentare e bevande è aumentato del 31,3%. Il settore si compone di 60mila imprese, aumentate dell'1,5% nel 2013-2023 e di un totale di quasi 464mila addetti, +12% nello stesso periodo. In Italia la spesa delle famiglie per prodotti alimentari e bevande vale 195 miliardi di euro e risulta pari al 15,2% del totale spesa delle famiglie per consumi, quota più alta di Paesi omologhi come Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi.
Nel 2023 il valore delle esportazioni dell'industria alimentare e delle bevande è stato pari a 53,4 miliardi di euro, con un incremento del 57,3% nel 2013-2023 e del 148,5% nel 2003-2013. Una crescita che connota l'industria alimentare come uno dei best performer della nostra economia. I dati 2023 relativi alla distribuzione del valore totale dell'export di prodotti alimentari e bevande tra le aree geografiche di destinazione segnalano che il 56,2% è andato nei mercati dei ventisette Paesi dell'Ue e il 14,9% in quelli dei Paesi europei non Ue.
Quasi il 93% degli italiani ritiene importante tutelare e potenziare le industrie italiane, come quella alimentare. L'87% esprime, poi, apprezzamento per le iniziative di tutela di marchi e imprese per evitare che finiscano sotto il controllo straniero.
Ma gli italiani si aspettano molto anche dall'Unione Europea: l'84,9% è infatti convinto che occorra innalzare barriere alle merci che arrivano da Paesi con regole sanitarie, sociali e di sicurezza inadeguate rispetto a quelle imposte alle imprese Ue. Oltre l'89% degli italiani ritiene che l'Unione Europea dovrebbe affiancare le imprese dei Paesi membri nel loro sforzo per diventare più competitive rispetto a quelle dei Paesi non Ue.
Per Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare, "le imprese sanno come produrre alimenti unici e inimitabili, ma per continuare la traiettoria di crescita occorre anche un impegno delle istituzioni, europee e italiane, a livello strutturale. A tal proposito vorremmo una Europa che favorisse il talento imprenditoriale del nostro comparto con iniziative legislative e regolatorie che ne promuovano la competitività a livello internazionale".
A Cibus 2024 è stata presentata anche l'ultima ricerca dell'Osservatorio Packaging del Largo Consumo curato da Nomisma. Al centro del focus la presentazione dei risultati dell'indagine sui comportamenti di consumo degli italiani, sempre più attenti ai temi della salute, della nutrizione e della sostenibilità, con un particolare affondo sul ruolo svolto dal packaging in questa partita.
Nello specifico, per il 46% dei connazionali sono la corretta alimentazione e il giusto stile alimentare a incidere in maniera positiva o negativa sul proprio stato di salute fisica e mentale. Per un italiano su due il motivo principale che spinge a seguire un'alimentazione sana, salutare ed equilibrata è il sentirsi bene con se stessi, mentre per il 42% dei rispondenti è legato alla prevenzione di malattie o disturbi di salute, o al mantenersi in forma (41%).
A conferma di tali trend, in Italia la domanda di prodotti alimentari free from è in costante crescita (tasso medio annuo del +5% a valore), trainata dai prodotti sugar free e con pochi zuccheri. Inoltre, gli italiani sono sempre più interessati anche ai prodotti rich-in, dove su tutti primeggiano gli alimenti e le bevande arricchite da proteine (+20% in valore e +8% in volumi la variazione a giugno 2023 rispetto all'anno precedente).
L'importanza della dieta mediterranea
Parlando di made in Italy non si può non parlare di dieta mediterranea, a cui è stato dedicato un incontro organizzato da Agronetwork, l'associazione fondata da Confagricoltura, Nomisma e Luiss. "Non è la quantità o il tipo di nutriente a fare la differenza, ma la qualità degli alimenti che consumiamo e la loro funzionalità. Dobbiamo imparare a scegliere gli alimenti per guadagnare salute, invece di sposare un metodo. Partiamo dal nostro patrimonio gastronomico e da quegli alimenti che combiniamo per formulare la dieta mediterranea", ha affermato la presidente dell'associazione Sara Farnetti (medico internista e nutrizionista).
Importanti e utili sono proprio i prodotti tipici del bacino Mediterraneo come olive, olio extravergine di oliva, frutta secca. "La dieta mediterranea non è un equilibrio predefinito dei nutrienti. Per 'attualizzarla' è necessario renderla funzionale al nostro benessere. I vantaggi - ha affermato Sara Farnetti - emergono proprio da un utilizzo funzionale degli alimenti, adeguato e personalizzato, in base alle necessità di ciascuna persona".
Con il passare del tempo sono cambiate le nostre abitudini e gli stili di vita. "Non viviamo più in contesti rurali e anche il dispendio energetico oggi è diverso, così come lo sono il nostro fabbisogno e persino gli orari in cui mangiamo. Eppure, la dieta mediterranea rimane un patrimonio dell'umanità perché continua ad essere il principale strumento per una longevità sana e lo strumento preventivo per eccellenza. Attraverso l'impiego funzionale di alimenti mediterranei - ha concluso Sara Farnetti - possiamo preservare e migliorare la nostra salute ogni giorno e ad ogni pasto. E mentre noi guadagniamo salute, lo fa anche l'ambiente, perché utilizzarli in modo funzionale per l'organismo è assolutamente sostenibile".
Dop e Igp osservati speciali
Protagonisti indiscussi della kermesse sono stati i prodotti Dop e Ipg che, secondo l'analisi di Nielsen, se utilizzati come ingredienti all'interno di prodotti industriali contribuiscono nei punti vendita a una crescita delle vendite al valore con un +14% e a volume del +9,6%. Inoltre, l'indicazione nel packaging della presenza di Dop e Igp aumenta la propensione al consumo e induce il consumatore a privilegiare l'acquisto di prodotti premium, sostenendo un costo maggiore.
Dall'indagine presentata nel corso di un convegno organizzato da Origin Italia emerge infatti che a tavola la qualità vince sulla quantità: nel 2023 i consumatori italiani nella Gdo hanno preferito acquistare meno alimenti (-1,7% la perdita in volume), ma di maggiore qualità (+8,3% la crescita in valore). Ed è proprio "Il favoloso mondo di Dop e Igp", questo il titolo dell'indagine, che ha fatto la differenza, non solo a livello di acquisti (Dop +9,1% in valore; Igp +0,5% in valore), ma anche stimolando l'acquisto e il consumo di prodotti basati sull'utilizzo e sulla valorizzazione di prodotti Dop e Igp come ingredienti: l'indagine rileva per questo paniere un trend significativamente migliore con un +14,7% a valore e un +9,6% in volume.
Dop e Igp sono stati anche al centro di un convegno organizzato da Cia - Agricoltori Italiani e Italia Olivicola, dove è emerso che rappresentano un volano importante per la crescita competitiva dell'agroalimentare nazionale e per il rilancio del turismo enogastronomico lungo tutta la penisola. Sì, perché come sottolineato dai partecipanti all'incontro il cibo è cultura ed è un asset strategico per il turismo cosiddetto esperienziale: i turisti, soprattutto stranieri, vengono nel nostro Paese anche per visitare i luoghi in cui si producono i prodotti Dop e Igp. Non solo quindi patrimonio economico, ma anche sociale e di tutela del territorio in quanto la produzione, ma prima ancora la coltivazione di questi prodotti in certe aree del nostro Paese, contribuisce per esempio a prevenire il dissesto idrogeologico.
"Sono uno strumento per la tutela dell'ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, intervengono a salvaguardia di un patrimonio di saperi e tradizioni" ha affermato il presidente di Cia - Agricoltori Italiani Cristiano Fini.
Presente anche l'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna, Alessio Mammi, orgoglioso che la regione sia il "cuore alimentare del Paese, dove la produzione Dop e Igp è quasi il 50% sul totale nazionale".
Dop e Igp: dall'origine al consumo
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
Sul mondo dell'olio si è invece concentrato Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola, il quale ha invitato le istituzioni a non lasciare sola l'olivicoltura, soprattutto quella del Sud Italia, e di conseguenza gli olivicoltori, garantendo loro un giusto prezzo e tutelando il prodotto made in Italy sui mercati. Ma soprattutto ha lanciato un appello per non dimenticare l'emergenza Xylella fastidiosa.
"Le denominazioni di origine nel mondo dell'olio extravergine di oliva sono il futuro" ha dichiarato Gennaro Sicolo. "Oggi rappresentano solo il 4% del mercato, ma è significativo che la quantità certificata cresca di anno in anno, sfiorando i 14mila quintali. Scontiamo anche poca organizzazione, soprattutto sul fronte commerciale, quattro denominazioni fanno il 74% del mercato. Purtroppo, troppo spesso, sono state utilizzate dalla Gdo e dall'industria olearia come grimaldello per conquistare spazi a scaffale, più che nuovi consumatori. I 22mila olivicoltori che certificano meritano rispetto e uno sbocco commerciale di successo, un'adeguata valorizzazione per la qualità e la tipicità degli oli Dop/Igp e non speculazioni al ribasso. Va invertito il trend".
Ma dando un po' di numeri, quanto vale il primato italiano nel comparto? Una leadership per numero di produzioni certificate, 855 tra cibo e vino, e un fatturato di 20 miliardi, rispetto ai 3.500 prodotti registrati Ue, per un giro d'affari di 80 miliardi. Quasi 9 miliardi di euro di valore all'origine del comparto cibo Dop e Igp, per un fatturato al consumo finale superiore ai 17 miliardi di euro, pari a una crescita del 6%.
Valorizzare i formaggi italiani
Tanto olio, ma anche formaggi, grazie al protocollo d'intesa sottoscritto dall'Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp (Afidop) e Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, per promuovere, in Italia e all'estero, due settori strategici del made in Italy: i formaggi certificati e la ristorazione.
"Custodire il sistema di valori che i nostri prodotti di eccellenza, come i formaggi rappresentano, e che la cucina italiana incarna, è un obiettivo comune", ha affermato il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, a margine della firma del protocollo di intesa.
Il protocollo avrà durata biennale e ha come fine quello di sviluppare una collaborazione per la promozione dei formaggi Dop e Igp nei ristoranti italiani e all'estero.
Cibus è anche tante novità e curiosità
Ma l'edizione 2024 di Cibus è stata anche l'edizione delle novità. Nel corso dei quattro giorni del Salone sono state infatti presentate più di mille novità prodotto, tra le quali i lecca-lecca musicali, l'uovo vegetale, il salame al tartufo con copertura di parmigiano e il chutney all'aceto balsamico di Modena.
Tanti anche i prodotti che hanno destato curiosità, come il gelato al tartufo, croissant con mango e papaya (deliziosi!) e il miele con zafferano e oro commestibile che ho avuto il piacere di assaggiare e che è molto buono.
Miele con zafferano e oro commestibile
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
Non si butta niente!
La 22esima edizione della manifestazione è stata accompagnata come sempre dall'iniziativa Cibus Food Saving, promossa dal Banco Alimentare, per recuperare i prodotti che gli espositori hanno scelto di donare, così da distribuirli alle organizzazioni caritative convenzionate in Emilia Romagna che aiutano le persone in difficoltà sul territorio.