di Roberto Volpi
L'agricoltura in tutti i paesi industrializzati riceve in forma permanente da oltre ottanta anni consistenti aiuti pubblici.
La crisi economica del 1929 portò, fra l'altro, al crollo della quotazioni dei prodotti agricoli mettendo sul lastrico milioni di agricoltori. In quel periodo il settore primario contribuiva alla composizione del reddito per una aliquota rilevante ed occupava la maggioranza della popolazione attiva.
Questa drammatica situazione indusse i governi a drastici interventi a sostegno del settore per sostenere e stabilizzare i prezzi e poi per incentivare gli investimenti.
Nacque così il protezionismo agricolo che si diffuse rapidamente in tutti i continenti con l'introduzione di dazi alla importazione, aiuti alla esportazione, ed ammassi. La battaglia del grano fu uno degli episodi che consentì all'Italia di coprire il fabbisogno interno. Il prezzi del grano fu fissato su un livello elevatissimo e inducendo gli agricoltori a coltivarlo anche in terreni marginali.
Dopo il periodo bellico, contrassegnato fra l'altro da una carestia alimentare, la nascente Europa comunitaria - per l'importanza che il settore aveva conservato nella economia e per motivi elettorali - estese il controllo sul mercato a quasi tutti i prodotti agricoli erigendo un vero e proprio vallo a difesa degli agricoltori europei.
La Pac (Politica agricola comunitaria) fu fondata sui prezzi amministrati, stabiliti dalle autorità ogni anno ed aggiornati sulla base dell'andamento dei redditi agricoli e delle quotazioni dei mezzi tecnici. Ai dazi e agli aiuti alla esportazione si dovettero presto aggiungere gli interventi per l'acquisto delle eccedenze.
Gli alti prezzi politici, superiori a quelli internazionali e quindi ai prezzi di equilibrio, indussero gli agricoltori ad aumentare la produzione intensificando le tecniche di coltivazioni. La offerta fu in pochi anni superiore alla domanda interna e lo stato si impegnò al loro ritiro. Una parte veniva distrutta, alcune derrate conservate altre o regalate ai paesi in via di sviluppo o vendute a prezzi di favore. Il sostegno venne poi esteso al credito accollando allo stato parte del costo del denaro per invogliare gli agricoltori a fare nuovi investimenti. Altri consistenti aiuti vennero dati abbassando il prezzo di alcuni input di maggior consumo quali i carburanti.
Il costo della Pac è così ogni anno aumentato raggiungendo livelli tali da assorbire oltre il 90% del bilancio della CE. Questa politica, se avvantaggiava sensibilmente gli agricoltori europei, danneggiava sia i grandi produttori di commodities agricole degli altri continenti che i paesi in via di sviluppo, deprimendo oltre ogni limite i prezzi locali e creando condizioni insostenibili per i piccoli produttori, da secoli in precarie situazioni economiche. L'uso sempre maggiore di concimi chimici e di pesticidi per aumentare le produzione unitarie accentuò inquinamento dei terreni e delle falde acquifere oltre i limiti consentiti dalle nuove leggi di difesa delle risorse naturali.
Negli anni ottanta l'Ocse stimò gli aiuti complessivi elargiti dai consumatori e dalla collettività al settore ed apparve in tutta la sua evidenza la insostenibilità ed i pericoli di questa politica per l'ambiente, per l'economia mondiale e per i paesi poveri. Il costo del protezionismo e di altri aiuti superò oltre lo 80% del valore della produzione agricola; l'agricoltura quindi non contribuiva alla formazione della ricchezza ma sottraeva risorse agli altri settori.
Nell'ambito degli accordi sulla liberalizzazione del commercio internazionale, pur fra polemiche, i paesi protezionistici (Unione europea, Stati Uniti, Giappone ed altri) decisero di smantellare gradatamente questa politica riducendo poi eliminando i dazi, gli aiuti alla esportazione a lasciando che i prezzi dei prodotti agricoli si formassero dall'incontro fra domanda ed offerta.
Il processo è stato avviato da decenni ma sarà ovviamente lungo ed accidentato. Il fiume di denaro che consumatori e collettività hanno fino ad ora trasferito alla agricoltura sotto varie forme è destinato a scendere drasticamente e probabilmente a finire del tutto in un futuro non ancora prevedibile.
L'agricoltura italiana e quella comuntaria hanno di fronte un nuovo e diverso scenario. Dovranno aprirsi al mercato internazionale e confrontarsi con la concorrenza internazionale.
Per sopravvivere dovranno aumentare l'efficienza innovando ed aumentando lo stock di capitali, irrobustire e migliorare le strutture produttive, intervenire - ove possibile o necessario - nella prima fase della distribuzione dei prodotti e dei servizi.
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