Giù i prezzi, la produzione e i redditi. Il 2009 ha inflitto duri colpi all'agricoltura italiana già provata negli ultimi anni da altre criticità anche di carattere strutturale. E se i dati finora disponibili sull'anno in corso indicano un recupero sia in termini di produzione e valore aggiunto, sia sul fronte della domanda interna ed estera di prodotti agroalimentari, è ancora presto per parlare di ripresa. 

E' quanto emerge in sintesi dall'anteprima dello studio Ismea 'La competitività dell'agroalimentare italiano - Check up 2010', che attraverso un robusto ed aggiornato supporto di dati relativi agli ultimi 5 anni e il confronto con le dinamiche degli altri Paesi comunitari, esplora lo stato di salute del settore agroalimentare nazionale.

 

Produzione e valore aggiunto nell'agricoltura e nell'industria alimentare
A reggere meglio degli altri settori l'urto della crisi è stata l'industria alimentare, che riconferma le sue doti anticicliche assicurate dalla bassa comprimibilità della domanda di beni primari. La produzione del settore ha tenuto sia in Italia sia in Ue anche nelle fasi più acute della recessione, il valore aggiunto monetario è cresciuto ( +2,8% nel 2009, +1% nel 2008, +1% la variazione media annua del quinquennio 2004 - 2009) e la fiducia degli operatori ha ceduto in misura notevolmente più bassa rispetto al resto del manifatturiero. 

Al contrario, la fase agricola ha registrato un trend fortemente declinante del valore aggiunto monetario ( -11,5% nel 2009, -0,5% nel 2008, -3% la variazione media annua 2004-2009). Anche in termini reali (ossia a prezzi costanti), il valore aggiunto agricolo, se si esclude una crescita del tutto singolare registrata nel 2004, è rimasto stagnante nell'intero periodo preso in esame, per poi contrarsi del 3,1% nel 2009.

La riduzione del sostegno comunitario (sia per l'ingresso nella Ue di nuovi Paesi sia per le misure introdotte dall'ultima riforma della Pac come il disaccoppiamento) accanto alla progressiva flessione dei margini di redditività hanno determinato una contrazione dell'attività agricola per gran parte delle produzioni ed in particolare per l'olio d'oliva e i cereali.

Una dinamica negativa che accomuna l'intera Ue ( -13,4% la contrazione media del Va nel 2009 e -2,6% la media del quinquennio 2004-09) ma che in Italia più che altrove ha falcidiato i redditi degli agricoltori.

 

Prezzi, costi e redditività in agricoltura
Gli introiti delle aziende agricole nel nostro Paese sono infatti crollati del 21% in un anno contro una media del 11,6% dell'Ue a 27 ed hanno subito una progressiva erosione negli ultimi cinque, senza neanche accennare al recupero che gli altri partner europei hanno mostrato nel corso del 2007 per effetto dei rialzi dei prezzi.

In Italia, infatti, tra il 2004 e il 2009 i prezzi dei prodotti agricoli sono aumentati in media del 1,5% all'anno, mentre i costi di produzione del 4%. Una forbice che si è ulteriormente divaricata nel 2009, a scapito soprattutto delle coltivazioni, con il crollo medio dei listini dell'11,6% a fronte di una flessione molto più modesta dei prezzi degli input (-1,8%), generando un forte deterioramento della ragione di scambio (rapporto tra la variazione dei prezzi e variazione dei costi dei fattori produttivi).

 

Prezzi e consumi dei prodotti alimentari
Altra forbice è quella tra i prezzi all'origine e quelli al consumo, che dopo una riduzione nel 2007 e nel 2008, sempre lo scorso anno, è tornata a crescere, in particolare per pasta, pane, latte e frutta, raggiungendo nel terzo trimestre il valore più elevato del quinquennio.

Nel complesso, comunque, il 2009 frena la corsa ai rincari sugli scaffali ( -1,5% il ribasso medio dei prezzi alimentari) e fa registrare una leggera crescita dei consumi domestici delle famiglie italiane ( +0,5%) a fronte di una riduzione della spesa dell' 1,7%. In un'ottica di medio periodo, tuttavia, i consumi risultano stagnanti con un incremento di appena lo 0,8% delle quantità acquistate nel periodo 2004 - 2009.

L'analisi di dettaglio evidenzia una crescente attenzione delle famiglie, in particolare dei giovani nuclei con reddito medio basso, a far quadrare i bilanci, rimodulando il paniere dei consumi in risposta alle variazioni dei prezzi. Resta comunque significativa l'attenzione ai prodotti ad alto contenuto salutistico e/o di servizio, come conferma la crescita del segmento bio (+7,6% il tasso di crescita annuo tra il 2004 e il 2009 e +6,7% la variazione 2009/2008).

 

Import-Export
Un occhio infine alle dinamiche import-export. Nel 2009 si riduce il disavanzo della bilancia commerciale dell'agroalimentare (-13%) per effetto di una flessione dei flussi in entrata più marcata rispetto quella dell'export, mentre il saldo positivo del Made in Italy, subisce un peggioramento (-3%), dopo aver svolto negli anni precedenti un ruolo di traino per l'interscambio commerciale del settore. Cala in particolare l'export verso i Paesi terzi (-6%) e tra i comparti più penalizzati ci sono: pasta, frutta, succhi di frutta e olio di oliva. 

Analizzando il ruolo dell'Italia nel panorama internazionale, conclude l'Ismea, si rileva una quota dell'export agroalimentare mondiale in linea con quella di Cina, Brasile, Argentina e Canada: competitor che evidenziano una maggiore dinamicità nel lungo periodo. Al contrario è l'export tricolore a dimostrare performance migliori nel lungo periodo rispetto a Spagna, Francia e Regno Unito.

 

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