Un panorama tendenzialmente preoccupante quello offerto dalla vendemmia 2009 (da più parti già avviata), soprattutto per il mercato delle uve: i prezzi della materia prima sono segnalati in calo generalizzato un po’ in tutta Italia e, come elemento di ulteriore criticità, sembrerebbe in atto un deciso ridimensionamento, se non una scomparsa, della domanda dai soggetti che abitualmente hanno animato il mercato delle uve. I dati che circolano ufficiosamente parlano di un calo dei prezzi che, nella migliore delle ipotesi, si attesta su un -10% sul 2008.

E’ il caso delle uve trentine per le basi spumante. Situazione altrettanto difficile in Toscana, dove, benché ancora presto per determinare il prezzo delle uve rosse destinate alle denominazioni più importanti, l’elemento di maggiore preoccupazione arriva proprio dalla immobilità del mercato delle uve. Le stime indicano per una buona partita di uve Vermentino della Maremma un prezzo che si aggira sui 70 euro al quintale, nel 2008 poteva arrivare anche a 100-110 euro al quintale. Un quintale di uva Igt Toscana Sangiovese e/o Merlot e/o Cabernet Sauvignon, proveniente sempre dalla costa, viaggia sui 30-40 euro al quintale, l’anno scorso spuntava un prezzo di 60-70 euro al quintale.
 
Scendendo più asud e precisamente in Puglia, 20 sono gli euro che occorrono per acquistare un quintale di Chardonnay (nel 2008 ce ne volevano 30). In Sicilia, una partita di uve pregiate (Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah) costa 30-35 euro al quintale, nel 2008, invece, 45-50 euro. Bassissimi i prezzi delle uve meno pregiate come il Grecanico, che si può trovare a 10 euro al quintale, o anche dello stesso Nero d’Avola, acquistabile con 20-25 euro al quintale.
Un’unica eccezione a questa corsa al ribasso è rappresentata dal Prosecco: il prezzo delle uve destinate alla Doc sembrerebbe stabile a 50 euro al quintale come nel 2008. Le uve Prosecco destinate alla Docg (Conegliano e Valdobbiadene) costano 100 euro al quintale come l’anno passato, con un calo del 10% per quelle provenienti da zone meno vocate. Stabile, e con buona redditività il prezzo delle uve per il Cartizze, a 3,50 euro al kilogrammo.

“Di solito si è pagato di più le uve che non il vino finito - spiega Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini, la prima azienda vinicola italiana per dimensioni - quest’anno sta accadendo l’opposto e questo fatto denota la difficoltà e il pessimismo con cui gli operatori stanno affrontando il difficile momento. I prezzi delle uve scendono in alcuni casi meno del 10% e in altri molto di più. Per esempio, il prezzo delle uve del Bardolino calerà meno del 10%, quello delle uve della Valpolicella molto di più. Bassissimo anche l’entusiasmo dei compratori storici e questo naturalmente riflette la situazione pesante di mercato ma anche la difficile situazione finanziaria di molte realtà produttive”.
“E’ davvero un “momentaccio - continua Pedron - ma quello che mi dispiace di più è che da un lato il sacrificio più grosso sarà a carico dei produttori di uva e dall’altro che questa corsa al ribasso non favorirà margini di investimento per il mercato, ma solo un ulteriore abbassamento del prezzo della bottiglia, che abbasserà, al contempo, il prestigio di molte tipologie conquistato con fatica. Noi del Giv - conclude - se le uve saranno pagate poco useremo quella differenza per costruire il mercato di domani”.

Guardando a quello che è successo nel recente passato, il calo del prezzo delle uve ha cominciato a determinarsi in modo allarmante a partire per lo meno dalla vendemmia 2004, con l’eccezione registrata nel 2007 e quella parziale del 2006.
Un trend ben leggibile a cui però nessuno ha pensato di frapporre misure di contrasto e/o contenimento (anzi, a guardare i dati Istat 2007 l’estensione del “vigneto Italia” è di 760.000 ettari complessivi, erano 723.000 ettari nel 2005. In due anni, in sostanza, gli ettari vitati sono sono diventati 37 mila in più, con la superficie destinata alle uve da vino cresciuta del 6%) e che, nel 2008 e nell’attuale campagna vendemmiale, ha incrociato, per di più, una crisi economica internazionale dagli effetti a dir poco disastrosi e ancora non completamente leggibili nelle loro ricadute.
 
L'assenza di domanda per l’acquisto di uve, una situazione che sembra interessare tutti i territori da nord a sud, rappresenta la conseguenza della saturazione del mercato, causata da una crisi di sovrapproduzione, che scoraggia i compratori abituali anche in una situazione potenzialmente favorevole come quella attuale, in cui i prezzi delle uve fanno registrare diminuzioni da record.
Una diminuzione che rischia di mettere in ginocchio l’anello più debole della filiera, quello dei produttori di materia prima. I costi di produzione annui per 1 ettaro di vigneto a regime destinato alla produzione di uva di qualità, ammontano mediamente a 4.000 euro (inclusi i costi orari uomo e macchina, fitofarmaci, carburanti, ammortamenti dei costi di impianto e macchinari).

Un margine di redditività accettabile per il produttore, in generale, può essere individuato in un’incidenza ad ettaro del 50% dei costi di produzione sulla somma guadagnata dalla vendite delle uve. Una soglia che, visti i prezzi che corrono, sembra decisamente difficile da raggiungere e che potrebbe mettere in ginocchio molte imprese. Le più a rischio sono quelle dotate di estensioni ridotte di vigneto, ma, anche per le realtà più grandi lo scenario potrebbe diventare piuttosto complicato.

Per adesso, all’orizzonte si sono viste soluzioni diverse: dalla riduzione delle rese, al blocage, fino al prezzo minimo concordato fra le parti (è il caso dell’Asti Docg).
“Anche l’idea di Zonin, cioè di usare la produzione viticola come garanzia per i prestiti bancari, è molto positiva secondo me - afferma Pedron - ma vorrei sottolineare l’esempio virtuoso dell’Asti Docg, un vero esempio di filiera che funziona. Per fare un’operazione del genere da altre parti - puntualizza Pedron - ci sarebbe bisogno di operatori più preparati dal punto di vista della cultura d’impresa. La fortuna dell’Asti è la presenza di grandi Player come Martini e Cinzano, con cui si possono fare dei ragionamenti imprenditoriali di un certo tipo”.
Misure che certamente daranno una mano decisiva nella campagna 2009, ma che dovranno essere sostituite nell’immediato futuro da provvedimenti strutturali più drastici, primo fra tutti quello dell’espianto dei vigneti
(A cura di Franco Pallini)