Un recente articolo del New York Times, ha puntato il dito sulle api da miele, sostenendo che sono troppe e che mettono a rischio gli altri impollinatori selvatici.

 

Una tesi riportata anche da alcune testate italiane, una delle quali ha citato fuori dal contesto le parole del professor Francesco Nazzi, professore ordinario di entomologia all'Università di Udine, autore del libro "In cerca delle api".

 

E noi il professor Nazzi lo abbiamo intervistato, per fargli spiegare il suo punto di vista sulla questione. Un punto di vista molto complesso, originale e interessante.

 

Professor Nazzi, il tema del rapporto tra le api da miele allevate dagli apicoltori e gli altri pronubi selvatici sta diventando sempre più di attualità nel mondo scientifico. Ma le api da miele possono essere un problema per gli altri impollinatori? E se sì, come?

"Innanzitutto, mi rallegro per la crescente attenzione prestata a questo tema; mi piace interpretarlo come un segno della giusta considerazione nei confronti dei pronubi, che con la loro attività favoriscono la riproduzione delle piante. Una dimostrazione del fatto che si è ormai diffusa la consapevolezza che dalla buona salute dei pronubi dipende, in ultima analisi, la sostenibilità del nostro sistema alimentare, che si basa in larga misura su colture che necessitano dell'impollinazione animale.

 

D'altro canto, mi rammarico per certe conclusioni un po' affrettate che sono state tratte su questo tema: l'ennesima dimostrazione di come la semplificazione di questioni complesse per scopi diversi finisce spesso per snaturarle completamente, sostituendo alle storie vere delle parodie più o meno riuscite.

 

Di fatto, la letteratura scientifica già disponibile su questo aspetto è molto vasta e permette di ricavare qualche conclusione attendibile; si tenga presente che ad oggi sono state pubblicate centinaia di ricerche su questo tema.
In linea di principio i modi in cui le api da miele potrebbero nuocere agli altri impollinatori, e in particolare alle api selvatiche, sono principalmente tre: la competizione per le risorse come nettare e polline, la possibile influenza negativa delle api domestiche sulle comunità vegetali che sostengono gli altri impollinatori e la trasmissione di agenti patogeni tra le api domestiche e quelle selvatiche.

 

Per quanto riguarda l'effetto negativo delle api domestiche sulle comunità vegetali, soprattutto attraverso il contributo alla riproduzione di specie aliene laddove le api domestiche sono esse stesse aliene, i dati disponibili indicano che questa possibilità è piuttosto remota.
Per quel che attiene alla trasmissione di agenti patogeni, come i virus, dalle api allevate a quelle selvatiche, questa è senz'altro una possibilità ma la sua rilevanza è ancora da dimostrare.
Per quel che riguarda, infine, la possibile competizione per le risorse, i dati disponibili sono molto numerosi tanto che orientarsi può risultare non facile. Forse è per questo che, estraendo ad arte certi risultati da questa mole di informazioni, si possono accreditare anche tesi poco realistiche. Tuttavia, in questo caso, anche solo un poco di buonsenso può permettere di ricavare utili indicazioni".


Ma c'è una competizione tra api da miele e altri impollinatori?

"In questo caso per competizione intendiamo un'interazione negativa fra api domestiche e selvatiche che potrebbe dipendere dal fatto che, sfruttando entrambe la stessa fonte di sostentamento, queste specie si possono ostacolare a vicenda sottraendosi il cibo. Di fatto, sia le api domestiche che quelle selvatiche si nutrono del nettare e del polline offerto da molte diverse piante con fiore e le api domestiche sono particolarmente efficienti nella raccolta di queste risorse, senza contare la notevole numerosità delle loro colonie.

 

A questo proposito però è bene ricordare che perché si possa dare una competizione, occorre che la risorsa condivisa sia limitata. Infatti, se il cibo fosse sovrabbondante, le specie in questione potrebbero attingere liberamente a questa risorsa senza nuocersi a vicenda.

Con un esempio: mentre è plausibile una discussione tra due clienti di un bar che si contendono l'ultimo cornetto disponibile, sarebbe evidentemente assurdo un litigio per l'aria da respirare, dato che essa è sovrabbondante rispetto alle necessità.

Analogamente, è lecito preoccuparsi seriamente della possibile competizione fra api domestiche e api selvatiche solo nel caso in cui le risorse nettarifere e pollinifere siano scarse. Ma se questo è il caso, non sarebbe più logico preoccuparsi di quella scarsità?

 

Di fatto, tra i tanti fattori che affliggono le api, sia quelle domestiche sia quelle selvatiche, e che di sicuro hanno danneggiato più le seconde che le prime, la trasformazione del paesaggio verso forme inospitali per le api è di certo una delle più importanti, assieme alle ben note malattie, all'inquinamento ambientale e agli effetti del cambiamento climatico.

 

Purtroppo, il paesaggio è soggetto a continue trasformazioni nessuna delle quali, salvo la riconversione verso aree a maggiore tutela, è favorevole alle api. Ad esempio, la trasformazione verso forme di agricoltura più intensiva sottrae spazi di nidificazione ai pronubi selvatici e priva questi e le api domestiche della vegetazione che insiste ai margini dei campi, lungo i fossi e le siepi, che sostenta legioni di insetti pronubi ma anche utilissimi antagonisti degli insetti dannosi alle colture. Ma forse ancora peggiore è l'effetto del consumo di suolo che sottrae definitivamente spazi alla vegetazione e dunque agli insetti che la frequentano. Si tenga presente che secondo i dati più recenti, in Italia vengono consumati ogni secondo (sì, proprio ogni secondo!), più di 2 metri quadrati di suolo, che vengono così sottratti alla vegetazione e con essa ai pronubi che pure sono essenziali per garantire le produzioni agricole; non una frazione irrisoria, ma un terzo delle stesse!

Dunque, se vogliamo essere un po' equilibrati, invece di gettare la croce addosso alle api domestiche, a loro volta vittime di questi disastri, sarà bene concentrare l'attenzione sull'aggressione nei confronti dell'ambiente".

 

Un recente articolo italiano titolava che le api sono troppe e riportava un suo intervento ad un congresso, che però come si capisce dalle stesse parole riportate non sostiene questa tesi. Cosa diceva esattamente in quel congresso?

"Circa l'abbondanza delle api, concordo sul fatto che il numero di colonie di ape mellifera in molti paesi del mondo sia in crescita, anche se non sono sicuro che tale numero sia sufficiente ad assicurare l'impollinazione di tutte le colture. Concordo anche con la necessità di non confondere le api da miele con le api selvatiche e gli altri pronubi. Dicevo infatti che vi sono molte specie di api - circa un migliaio in Italia - e che sono tutte degne di rispetto in quanto tessere importanti del grande mosaico della biodiversità, ma anche di profonda attenzione in quanto straordinari coadiutori delle produzioni agricole.
Aggiungevo che le api selvatiche necessitano anche di maggior attenzione rispetto alle domestiche in quanto, a differenza di queste ultime, esse non possono contare sull'aiuto degli apicoltori. Un aiuto, si badi bene, che dovrebbe diventare sempre più responsabile, tenuto conto non solo degli aspetti produttivi ma anche del ruolo pronubo di questi insetti".

 

Riassumendo, quali sono oggi, secondo lei, le problematiche principali per le api da miele e per gli altri insetti pronubi?

"Lo ribadisco volentieri: i problemi, purtroppo, sono tanti ma la degradazione dell'ambiente e il conseguente depauperamento della vegetazione spontanea, ovvero delle fonti di cibo dei pronubi, sono uno dei maggior problemi. Una specie di goccia che potrebbe fare traboccare un vaso già pieno di altre disgrazie.
Basta poco per avere un ambiente accogliente per le api, esse si accontentano degli "avanzi" del paesaggio agrario, come siepi interpoderali, margini e capezzagne. Non sottraiamo loro anche quelle scarse risorse per ottenere un poco di granoturco in più e loro ci ricompenseranno con quintali in più di frutta e verdura e un ambiente più vivibile per tutti".