Il prezzo del latte spot precipita. In pochi giorni è sceso del 5%, per fermarsi nella prima decade di marzo ad appena 35,75 euro al quintale.
Persino meno di quello proveniente dalla Germania, che quota 35,875 euro. Un evento raro.

Rispetto a un anno fa il prezzo è più basso del 14% e a questi livelli è difficile coprire i costi di produzione.
Dietro a questa caduta sempre lui, l'incubo dei nostri giorni che ha bloccato il Paese: il Covid-19.

Bar e ristoranti chiusi, blocco alle frontiere per il made in Italy (latte e formaggi compresi), limitazione ai movimenti, hanno favorito un forte calo dei consumi.
Al contempo le vacche hanno continuato a produrre latte, come accade da sempre.
Il risultato finale è che c'è molto latte, più di quanto il mercato sia ora in grado di assorbirne.


La regola del mercato

L'inevitabile rallentamento delle produzioni casearie ha favorito il crearsi di eccedenze di latte e una riduzione degli acquisiti.
E quando nel pendolo fra domanda e offerta quest'ultima sopravanza la prima, la regola universale del mercato prevede che il prezzo scenda.
Tutti ingredienti di una “tempesta perfetta” sul mondo del latte.

Approfittando della situazione alcune aziende lattiero casearie si sono sentite libere di stracciare i contratti e imporre agli allevatori riduzioni di prezzo inaccettabili.
Più che regole di mercato sembrano situazioni al limite della speculazione e comunque denunciano insensibilità a ogni principio di solidarietà.

Episodi che si condannano da soli, stigmatizzati da tutte le organizzazioni agricole. La stessa associazione delle industrie del latte, Assolatte, ha segnalato il problema.
 

Cosa fare

Eppure una via di uscita c'è. Per le produzioni generiche le industrie del latte potrebbero favorire il prodotto nazionale rispetto a quello di provenienza estera.
I prezzi sono ora così bassi che la convenienza al prodotto di importazione è persino azzerata o quasi.
Parte dalla Cia l'invito alle aziende e agli stessi consumatori di dare la preferenza al latte italiano.

Diverso il discorso per le produzioni Dop, dove necessariamente il latte non può che essere quello italiano.
Allora da Coldiretti arriva la proposta di rivedere verso l'alto le quote di produzione di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, un modo per dare sfogo al latte in eccesso.

Arma però a doppio taglio, che rischia di trasferire la caduta del prezzo dal latte al formaggio.
E il problema si ripresenterebbe di qui a un anno, al termine delle prime stagionature.
 

Gli interventi

La crisi del latte è stata al centro di una videoconferenza fra organizzazioni agricole, istituzioni regionali e dicastero agricolo.
In questa sede l'assessore lombardo all'Agricoltura, Fabio Rolfi, ha suggerito che almeno 500 tonnellate di siero siano avviate alla trasformazione in polvere.
Al contempo viene auspicato un potenziamento dei bandi per i prodotti caseari da destinare alle persone indigenti.

Dal Veneto l'assessore all'Agricoltura, Giuseppe Pan, ha lanciato un appello al Governo affinché siano predisposte norme che inducano le aziende lattiero casearie, e in particolare i grandi gruppi multinazionali con sede in Italia, a dare la preferenza al nostro latte per salvare gli allevamenti.


La risposta del Mipaaf

L'appello del mondo produttivo è stato raccolto dalla ministra alle Politiche agricole, Teresa Bellanova, che ha promesso interventi per sei milioni di euro per l'acquisto di latte da destinare poi agli indigenti, proposta che potrebbe rientrare nel decreto in preparazione da parte del Governo.
Questa iniziativa, si afferma dal dicastero agricolo, potrebbe riguardare 180mila quintali di latte, che contribuirebbero ad alleggerire il mercato, evitando possibili sprechi.

Altro capitolo che richiede un forte coinvolgimento delle istituzioni è quello dei freni frapposti alle nostre esportazioni lattiero casearie da parte di alcuni paesi, per l'immotivato timore di ingresso del Covid-19 nei luoghi di arrivo.
Questa possibilità è stata esclusa da Efsa, l'ente europeo per la sicurezza alimentare, e ora è necessario ripristinare la normalità anche nei flussi commerciali.
 

I freni all'export

Sul fronte dell'export il sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe L'Abbate, ha confermato che queste difficoltà nell'export sono in via di superamento.

Si stanno regolarizzando i traffici attraverso il confine sloveno per altre destinazioni e dalla Polonia fanno sapere che non ci sono ostacoli per i prodotti made in Italy nelle principali catene di distribuzione.

Purtroppo anche sui mercati di esportazione resta il calo dei consumi conseguente alla chiusura degli esercizi pubblici.


Un appello

Pur con tutti gli interventi che saranno messi in atto, non resta che prendere atto delle difficoltà che il settore lattiero caseario deve affrontare.
Allora un primo appello alle industrie del settore nella loro veste di acquirenti del latte.
Sfruttare il momento per aumentare i propri margini di guadagno è una dimostrazione di miopia imprenditoriale.
Il rischio è quello di avere in futuro ancora meno latte italiano da lavorare rispetto a oggi.
Ne soffriranno i prodotti trasformati, il consumo interno e l'export.

Un secondo appello è per gli allevatori. Le vacche, si sa, non hanno il rubinetto, ma almeno si può tentare di frenare il picco produttivo che altrimenti ci attende con l'inizio della bella stagione.
Gli strumenti si trovano nel management e nell'alimentazione e gli allevatori li conoscono.