Si attende un atto o un segnale da parte della presidenza della Regione Campania in favore di un rinvio dell’applicazione delle norme che hanno riperimetrato le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola, rinvio richesto dalle organizzazioni agricole e ben visto dall'assessorato agricoltura.
La vicenda nasce dalla delibera della giunta regionale n. 762 del 5 dicembre 2017 con la quale, in attuazione delle disposizioni comunitarie e nazionali, Regione Campania ha delimitato le nuove zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola. Si tratta di un ampio territorio che si estende su una superficie complessiva di oltre 316mila ettari in massima parte localizzati soprattutto nelle pianure costiere ove è presente peraltro un elevato carico demografico. Qui sono localizzati i più grandi allevamenti bufalini italiani e le più importanti aziende di IV gamma.
Ieri – 5 febbraio 2018 - vi è stata una riunione urgente convocata in assessorato Agricoltura dal direttore generale Filippo Diasco, alla quale hanno partecipato le organizzazioni agricole. Già il primo febbraio, Confagricoltura Campania aveva presentato un documento di nove pagine dove – in sintesi – chiedeva un differimento dei termini per l’applicazione delle nuove norme di almeno un anno, perché queste estendono il limite di 170 chilogrammi di azoto per ettaro anno ad oltre 316mila ettari, pari ad oltre il 23% dell’intera superficie regionale.
Confagricoltura, inoltre, ha proposto un piano d’emergenza in quattro punti, che chiede la dichiarazione dello stato di crisi per le aziende zootecniche, la creazione di centri di coordinamento per lo spandimento dei liquami, che dovrebbero far incontrare domanda e offerta di sostanza organica, approfondimenti tecnici sull’utilizzo dei denitrificatori direttamente su liquame animale e lo sblocco dei finanziamenti alle centrali a biogas sopra la taglia di autoconsumo sulla misura 4 del Programma di sviluppo rurale Campania 2014-2020.
“La protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati è una scelta giusta, ma occorre mettere le aziende agricole nella condizione di adeguarsi. Allo stesso tempo occorre individuare tutte le fonti di inquinamento, senza accusare solo le aziende agricole. Spesso la causa è da ricercare nella mancata depurazione e quindi da origini antropiche. Chiediamo la proroga di un anno della delibera regionale e un percorso di accompagnamento. Non escludiamo la possibilità di un ricorso al Tar”.
È questa la posizione espressa ieri da Coldiretti Campania all’assessorato per le Politiche agricole della Regione per bocca del direttore regionale Salvatore Loffreda, che ha partecipato all’incontro.
"L’esigenza di dover mettere in campo quanto necessario per tutelare le acque superficiali dall’inquinamento da nitrati di origine agricola – precisa Coldiretti Campania – non trova certo l’opposizione della nostra organizzazione".
La nuova delimitazione deve entrare in vigore quanto prima e Coldiretti è convinta che le acque superficiali, in quanto risorsa di rilevante interesse, debbano essere adeguatamente tutelate. Al tempo stesso, tuttavia, Coldiretti chiede: "Si adottino gli accorgimenti necessari a ridurre al massimo i contraccolpi derivanti dall’applicazione della nuova delimitazione alle aziende zootecniche".
Ma è pur vero che ove non venissero introdotti meccanismi per ammortizzare l’impatto dell’attuazione della delibera, gli allevatori potrebbero essere costretti a dimezzare le mandrie con un grave pregiudizio per l’intero settore. Per questo motivo si attende un differimento dei termini di applicazione della delibera di almeno un anno, per poter dare il tempo alle aziende di adeguarsi.