L'aver più volte rimandato il pagamento delle rate, prima nel dicembre del 2010 e poi nel giugno dell'anno seguente (come si può approfondire su AgroNotizie del 14 novembre 2016), ci ha portato nel 2013 di fronte alla Corte di Giustizia della Ue.
Queste dilazioni, ecco il capo di imputazione, sarebbero da considerarsi aiuti di Stato illeciti e motivo di distorsione della concorrenza. Scattava così l'ordine da parte della Commissione europea di recuperare dagli allevatori le somme concesse, con tanto di interessi nel frattempo maturati.
Il ricorso
L'Italia fece ricorso contro questa decisione al Tribunale Ue chiedendone l'annullamento. Ricorso accolto nel giugno del 2015, dichiarando di fatto immotivata la richiesta della Commissione Ue.
La questione poteva finire lì e gli allevatori italiani (che continuano a pagare le multe, seppure a rate) avrebbero potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Ma la Commissione decideva diversamente e nel novembre dello scorso anno ha impugnato la sentenza del Tribunale Ue, riproponendo la sua tesi e la richiesta di recupero delle somme.
L'Avvocato vuole i soldi
In questi giorni la vicenda si è arricchita di un nuovo episodio, con la presentazione del parere dell'Avvocato generale, il belga Melchior Wathelet, che invita la Corte di giustizia a rigettare il ricorso dell'Italia e confermare la richiesta di recupero integrale degli aiuti formulata dalla Commissione.
A parere dell'Avvocato generale, l'Italia non avrebbe potuto modificare le scadenze dei pagamenti senza chiederne autorizzazione al Consiglio. Saremmo dunque di fronte, secondo questa tesi, non ad un aiuto già esistente e autorizzato dal Consiglio (come sostiene il Tribunale Ue, dandoci ragione), ma ad una violazione delle condizioni che trasformano automaticamente l'aiuto inizialmente autorizzato in aiuto nuovo, non autorizzato.
La parola alla Corte
Ora le conclusioni dell'Avvocato generale saranno prese in esame dalla Corte di giustizia che dovrà dire l'ultima (?) parola. La partita è ancora aperta, non essendoci alcun vincolo per la Corte ad accogliere le tesi sostenute dall'Avvocato generale.
Si riducono però le possibilità che il giudizio finale sia a nostro vantaggio. Per molti degli allevamenti coinvolti loro malgrado sarebbe arduo rimettere mano al portafoglio per pagare un “supplemento” di multe del quale non hanno alcuna responsabilità.
Speriamo se ne tenga conto e che il buon senso della magistratura europea trovi spazio fra codici e codicilli.