Ancora a discutere di quote latte e multe. Mentre il Tribunale della Ue ci dà ragione, la Commissione impugna la sentenza e pretende il recupero delle multe che erano state rateizzate, ma la cui scadenza era stata prorogata per due volte. Ripercorriamo la vicenda.

Le tappe
Era il 2010, al ministero per le Politiche agricole sedeva Giancarlo Galan, la produzione di latte doveva sottostare alle regole previste per le quote latte. Sul finire di quell'anno arrivò con il “milleproroghe” (il decreto con il quale si cercano di sistemare le questioni in sospeso) la decisione di rinviare di sei mesi il pagamento delle multe. Si trattava invero di un ulteriore rinvio, che faceva seguito a quello deciso nel giugno dello stesso anno.

Chi volesse approfondire le tappe di questa intricata vicenda può rileggere l'articolo pubblicato da AgroNotizie il 3 febbraio del 2011. Intanto ricordiamo che il rinvio fu deciso fra accese polemiche e in molti si dissero convinti che avrebbe aperto un contenzioso fra Italia e Commissione Ue.

Le accuse
Così è stato e nel luglio del 2013 la Commissione decise di bocciare la proroga concessa agli allevatori, definendola un aiuto di Stato indebito.
Oltre a comportare una violazione delle decisioni del Consiglio Ue, si legge nei documenti della Commissione, la proroga non rispettava l'uniformità delle rate e non era giustificata da alcuna norma in materia di concorrenza. All'Italia venne così intimato di recuperare dagli allevatori quanto dovuto, maggiorato degli interessi.

La risposta del Tribunale Ue
A fine settembre 2013 l'Italia fece ricorso al Tribunale della Ue chiedendo di annullare integralmente la decisione o perlomeno di escludere il recupero degli aiuti individuali concessi.
A distanza di oltre due anni ecco arrivare, nel giugno del 2015, la risposta del Tribunale Ue, che ha accolto le ragioni italiane, annullando le conclusioni della Commissione, che non avrebbe potuto ordinare il recupero dei presunti aiuti concessi ai produttori di latte.

Il ricorso della Commissione
La storia poteva finire lì, con gli allevatori italiani, già alle prese con una crisi senza precedenti, a tirare un respiro di sollievo per lo scampato pericolo. Ma la Commissione Ue ha deciso diversamente. Il 10 novembre di quest'anno la sentenza del Tribunale Ue è stata impugnata di fronte alla Corte di Giustizia e nello stesso giorno si è aperta la fase di discussione orale del procedimento.

Tralasciando gli aspetti strettamente giuridici, lasciamo agli appassionati di dietrologia il compito di trovare le motivazioni che hanno forse ispirato questa impugnazione. Pensiamo invece agli allevatori, ai quali non resta che affidarsi al buon senso della magistratura europea.