“L’evento nasce con l’obiettivo di affrontare il tema della filiera del latte in una prospettiva strutturale – ha evidenziato Massimo Viviani, consigliere delegato di Adm – tramite un confronto costruttivo tra il mondo delle istituzioni e gli operatori di settore che possa portare a risultati concreti e soluzioni di svolta, che pongano rimedio alle difficoltà della filiera lattiero-casearia, acuite dalla cessazione delle quote latte il 1 aprile 2015”.
Roberto della Casa, docente di marketing e gestione dei prodotti agroalimentari dell’Università di Bologna, ha poi presentato i dati della sua ricerca dal titolo “Analisi economica della filiera del latte italiano”, allo scopo di analizzare l’attuale panorama nazionale e internazionale del mercato del latte e fissare alcuni punti fermi, che possano servire a individuare soluzioni necessarie per un’ottimizzazione delle risorse e una maggiore competitività dell’intero comparto del latte italiano.
Dalla ricerca si evince che la produzione italiana di latte si concentra per il 68% del totale in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Nel Nord Italia c'è l’84% del totale degli allevamenti vaccini italiani, contati in circa 33mila unità. L’81% di queste aziende è di piccole dimensioni, con meno di 60 capi e una produzione complessiva di latte minore di 500 tonnellate annue. L’aumento della produzione in Europa, a fronte di un calo della domanda, sta determinando una generalizzata riduzione dei prezzi del latte crudo alla stalla, con discese del 20% nel 2015 sia in Europa che in Italia.
Quali misure per rilanciare la filiera del latte italiano? Migliorare l’efficienza del settore agricolo, favorendo la competitività degli allevamenti di medie e grandi dimensioni, promuovere l’aggregazione e le specializzazioni sui formaggi di qualità per quelli più piccoli e ubicati in zone collinari, oltre a una piena e convinta applicazione del pacchetto latte, da portare avanti insieme ai nuovi piani di sviluppo rurale.
A commentare per primo la ricerca è il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, che ha illustrato la posizione e le proposte del Governo in merito alla questione, puntando su una maggiore competitività del settore per ottimizzare al meglio gli investimenti futuri.
“Siamo di fronte a grandi cambiamenti – ha poi sottolineato il presidente di Adm Francesco Pugliese – a un contesto di un mercato complesso e sempre più concorrenziale, caratterizzato da un aumento della produzione che si abbina a un calo della domanda, con conseguente discesa dei prezzi. Un quadro nel quale il nostro sistema latte fatica a mantenere il confronto con le produzioni degli altri Paesi, facendo emergere deficit strutturali, che ne limitano efficienza, produttività e competitività. Se vogliamo che il settore del latte si affermi come un elemento di punta dell’agroalimentare made in Italy, servono interventi di respiro strategico, per dare la possibilità agli allevatori di sostenere le sfide future”.
“Nel 2015 sono state chiuse oltre mille stalle, delle quali il 60% in montagna – commenta Coldiretti – Questo perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30% rispetto allo scorso anno e valori inferiori a quelli di vent’anni fa. Il valore finale distribuito all’agricoltura all’interno della filiera è sceso dal 17 al 14% nell’ultimo anno, e la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è infatti la più alta d’Europa”.
Coldiretti attacca poi sull’assenza di un’indicazione chiara dell’origine del latte. “A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, sono 85 milioni quelli di importazione, che viene spacciato come italiano per la mancanza di un’etichettatura trasparente sull’origine. L’obbligo di indicare la provenienza in etichetta è una questione di eticità nei confronti dei consumatori che lo chiedono”.
“C’è più latte sul mercato in Europa e ce ne sarà sempre di più – commenta Mario Guidi, presidente di Confagricoltura e coordinatore di Agrinsieme – Se coniughiamo questa situazione di mercato a quella della riduzione dei consumi, si comprende come la filiera lattiero-casearia sia davvero a rischio sopravvivenza. Servono aggregazione, autoregolamentazione e rapporti di filiera chiari e rispettosi di tutti gli attori. Il banco di prova sarà la definizione del nuovo prezzo del latte e ci attendiamo da trasformatori e distributori proposte responsabili”.