Ma quanto costa produrre un litro di latte? 46 centesimi come dice Ismea o poco più di 32 centesimi come afferma Roberto Pretolani, economista dell'Università di Piacenza? Sono questi alcuni dei “numeri” emersi dai dibattiti che si sono alternati nei quattro giorni della Fiera internazionale del bovino da latte che si è appena conclusa a Cremona. La differenza fra i dati presentati non è da poco, ma per quanto possa apparire contraddittorio entrambi sono corretti. Si tratta solo di intendersi sul campione sul quale sono stati elaborati. Ed è allora giusto affermare che non esiste “un” costo di produzione, ma differenti costi a seconda delle caratteristiche degli allevamenti presi in considerazione. Tutti numeri dai quali è peraltro possibile trarre indicazioni sui modelli di sviluppo sui quali indirizzare gli allevamenti italiani. E' questo un tema di grande importanza non solo per la zootecnia, ma per l'economia del Paese visto che sono i prodotti degli allevamenti quelli che più di altri trascinano l'export agroalimentare.
 

I numeri di Ismea...

Partiamo allora dai numeri presentati da Ismea alla nona edizione degli Stati generali del latte, evento del quale si parla in questo stesso numero di Agronotizie. Mentre in Inghilterra produrre 100 kg di latte costa 32 euro, gli stessi 100 chili costano ad un allevatore del Veneto circa 46 euro. Perché questa differenza? La colpa va cercata nella maggiore spesa per gli alimenti (30%), per l'energia (5%) o per l'affitto del terreno. Il prezzo pagato per il latte prodotto copre appena i costi diretti, ma non remunera i fattori di produzione, e fra questi il lavoro. Lo dice un'analisi condotta da Ismea con il Crpa nel 2009 su un campione di circa 50 aziende del Veneto, Piemonte e Lombardia.

 

... e quelli dell'università

Sembrerebbero discostarsi da queste cifre le valutazioni espresse in occasione del convegno promosso da Anga (i giovani agricoltori di Confagricoltura) ospitato dalla fiera di Cremona. Roberto Pretolani ha affermato che produrre 100 kg di latte costa “solo” 32,09 centesimi, ma questa cifra si riferisce ad allevamenti di oltre 150 capi. Se le vacche in stalla sono meno di 40 i costi schizzano subito a 44,31 centesimi. E si sale ancora con il diminuire del numero di capi. Altra variabile considerata da Pretolani è la produzione media per vacca. Se questa si colloca fra 8,5 e 9,5 tonnellate il costo è di 36,72 euro per quintale. E ben 42,59 euro se la produzione si attesta fra 5,5 e 6,5 tonnellate. Ma quando la media sale oltre 9,5 tonnellate ecco che i costi si assottigliano per scendere sotto i 30 euro (29,86 euro), superando quindi i pur buoni risultati della media inglese citata da Ismea.

 

Il latte non paga

Tutte le analisi sono però concordi nel confermare che l'andamento dei prezzi e dei costi dal 2005 in avanti registra un progressivo deterioramento della redditività degli allevamenti. Puntare su allevamenti di dimensioni medio grandi e su animali capaci di elevate prestazioni produttive può contenere i costi di produzione. Lo si sa da tempo e le analisi presentate da Pretolani sono lì a dimostrarlo. Ma bisogna poi fare i conti con il mercato del latte, sempre più volatile e sempre più globale. I dati presentati a Cremona da Mariella Ronga, analista di Ismea, dicono che siamo di fronte ad una maggiore richiesta mondiale di latte e derivati, crescita che nel volgere di dieci anni aumenterà del 30%. Sulla scia di questa maggiore domanda si muovono paesi grandi produttori come la Nuova Zelanda e l'Australia, entrambe con una produzione in crescita del 5%, seguite da Usa con un +3%.

 

Ottimismo, senza esagerare

Cresce dunque la domanda e con essa la produzione di latte nel mondo Per avere un quadro completo è poi necessario osservare cosa accade nell'import export mondiale. Ne abbiamo parlato con Angelo Rossi, "patron" e guida di Clal, che evidenzia alcuni fattori di novità sui mercati internazionali, come il rallentamento della Cina, le cui importazioni erano invece in forte aumento negli anni precedenti. Crescono invece le importazioni lattiero casearie del Sud America che pure si erano proposti come esportatori mondiali. Uno scenario dunque in forte evoluzione ed oggi contraddistinto dalla scarsità delle scorte di magazzino. In questa situazione anche minimi movimenti, verso l'alto o verso il basso, della produzione mondiale possono riflettersi in misura sensibile sui prezzi di mercato. Uno scenario di forte volatilità, come ormai ci ha abituato il mercato del latte, ma che lascia tuttavia, afferma Rossi, spazio ad un cauto ottimismo. C'è n'è bisogno.