Adesso c'è anche il Pecorino Romano made in Sidney, Australia. Ci ha pensato Fonterra, big mondiale del latte. E per rendere ancor più credibile il prodotto lo ha chiamato “Perfect italiano Romano”, quasi che quello Doc non sia perfetto...Un bel coraggio.

Ma questo è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi che danneggiano il vero made in Italy, sfruttandone immagine e credibilità.

E' di pochi giorni fa l'eclatante sentenza della Corte di giustizia del Canada che avrebbe vietato al Consorzio del Prosciutto di Parma di utilizzare il proprio logo (la corona ducale) per il prodotto importato Oltreoceano. La decisione, che suona come una beffa, scaturisce dalla presenza in Canada di un prodotto “simil-Parma” che non si è limitato a copiare il nostro prosciutto, ma ha persino depositato il marchio (come quello del Parma originale), precludendone così l'impiego al nostro prosciutto. E, illogicità della giustizia, a farne le spese non è l'imitatore, ma l'originale che per distinguersi dal suo clone canadese deve ricorrere ad altri nomi, come “Prosciutto originale”.

 

Frodi, quanto ci costano

Il Consorzio ha già annunciato, e non potrebbe essere diversamente, che farà opposizione alla sentenza e della vicenda è stata informata anche la Commissione Ue. Anticipando il problema delle frodi in campo alimentare, già qualche settimana fa il ministro dell'Agricoltura, Mario Catania, aveva espresso il suo proposito di proporre in sede europea che tutti gli stati membri siano obbligati a perseguire d'ufficio ogni contraffazione. L'idea è una conseguenza dei dati emersi dall'attività degli organismi di controllo del Mipaaf, fra i quali il Nucleo antifrodi dei Carabinieri, che in occasione del Cibus a Parma ha presentato il consuntivo delle attività svolte nel 2011. I numeri parlano di 1768 aziende controllate e 7mila tonnellate di prodotti alimentari sequestrati. Nell'insieme i controlli del Mipaaf hanno portato a sequestri per quasi 37 milioni di euro come esito di oltre 79mila controlli. Allargando lo sguardo oltre confine, il fatturato delle frodi a danno del cibo Made in Italy, secondo i dati elaborati da Coldiretti, ha raggiunto nel mondo i 60 miliardi di euro. Più del doppio delle esportazioni dei prodotti originali. Esempi ormai classici sono quelli del Parmesao in Brasile, l'olio “Romulo” in Spagna, il Chianti nato in California e persino una mortadela (con una sola elle) brasiliana. Per il Grana Padano, ha ricordato il presidente dell'omonimo Consorzio, Cesare Baldrighi, il danno delle contraffazioni vale quanto tutto l'intero export che questo formaggio riesce a fare nel mondo. Come dire che la quota di export potrebbe raddoppiare senza sforzo se si togliessero di mezzo i “cloni”.

 

E la Ue, che aspetta?

Ma ora, con l'episodio che ha coinvolto il Prosciutto di Parma, si è fatto un “salto di qualità”. Fuori legge è il marchio vero, non quello falso. Potrebbe essere la molla per aprire un confronto in sede di accordi per il commercio internazionale (Wto), ma è indispensabile che prima si faccia chiarezza nella Ue su come si vuole affrontare il problema. Laconico il commento che la Commissione Ue ha affidato ad una nota dell'Ansa, per ricordare che “non c'è un accordo fra Ue e Canada sulla protezione delle indicazioni geografiche alimentari.” Che si aspetta a farlo?