“Come i panettoni dopo Natale, in offerta speciale, ma per tutto l'anno” Questa l'efficace immagine che il presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, ha scelto per descrivere la difficile situazione che questo formaggio incontra da ormai molti mesi sui mercati. Il 70% del Parmigiano Reggiano che passa dalla Gdo (grande distribuzione organizzata) viene proposto in offerta promozionale, come prodotto civetta per attirare acquirenti nella propria area di vendita. E visto che quasi l'80% del Parmigiano Reggiano viene venduto attraverso le grandi catene commerciali, finisce che la metà dei 3 milioni di forme prodotte per anno sono “svendute” a prezzi di saldo.

Di questa crisi del settore si è parlato nel tradizionale incontro che il Consorzio organizza a inizio anno per fare il punto sull'annata appena trascorsa.  Il quadro che ne è emerso è quello di un 2008 tutto in salita per il “Re dei formaggi” con prezzi fermi a poco più di 7 euro al kg, un euro e passa al di sotto dei costi di produzione.

Che si tratti di una crisi anomala, slegata dal rapporto fra domanda e offerta che dovrebbe regolare gli andamenti di mercato, lo dimostrano alcuni dei numeri illustrati dal presidente Alai. I consumi, infatti, fanno registrare anche nel 2008 (come già era avvenuto nel 2007) una crescita dell'1,2%. A questa crescita si associa una riduzione del 3,1% delle giacenze e un calo della produzione del 2,14%. Minori quantità di prodotto e aumento dei consumi avrebbero dovuto determinare un aumento delle quotazioni di mercato. E’ avvenuto il contrario. Le cause di questo anomalo comportamento del mercato vanno cercate nella debolezza del settore, che ha difficoltà ad aggregarsi e a presentarsi sul mercato secondo logiche condivise. L'esatto contrario di quanto avviene in casa della Gdo, che è stata capace di concentrare il suo lavoro su poche centrali di acquisto, garantendosi così un formidabile potere contrattuale.

Ecco allora l'invito, venuto per voce anche del vicepresidente del Consorzio, Eros Valenti, di favorire nelle industrie casearie, cooperative e non, un processo di aggregazione e di fusione. E' questa una strada maestra sia per raggiungere dimensioni produttive utili a ridurre i costi di produzione, sia per avere sul mercato una forza contrattuale sufficiente a confrontarsi con la Gdo. Oggi sono in attività 421 caseifici (solo pochi anni fa erano oltre 800), un numero destinato a ridursi ulteriormente per favorire il raggiungimento di dimensioni produttive medie più elevate rispetto ad oggi.

 

Piano anticrisi

Intanto, per tonificare il mercato, il settore  aspetta con ansia che Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura) possa ritirare dal mercato le 100mila forme previste dal “pacchetto” anticrisi predisposto dal Governo. Manca al momento solo la firma del ministro dell'Agricoltura. Questa iniziativa sarà accompagnata da un intervento del Consorzio che acquisterà a sua volta 50mila forme,  destinate ad una stagionatura di 30mesi e il prodotto di qualità extra che si otterrà sarà tutto destinato all'esportazione. Complessivamente sarà distolta dal mercato una quota del 5%, sufficiente almeno nelle intenzioni a restituire tonicità al mercato. Molto dipenderà anche dai risultati sul fronte dell'export per il quale il Consorzio sta operando con accordi con gli esportatori e con intese di partnership con altre produzioni Dop.

 

L’export

Quello dell'export è un segmento sul quale da tempo si sono concentrate le attenzioni del Consorzio  e che nel 2008 ha raggiunto quota 23% dell'intero volume prodotto, principalmente destinato ai Paesi Ue (Germania in testa), ma con una quota significativa appannaggio degli Stati Uniti (18,3% dell'export) e del Canada, nazione che nel 2008 ha mostrato grande attenzione nei confronti del Parmigiano Reggiano, con un incremento del 15,2% delle importazioni.

L'export, dunque, come mercato importante anche per uscire dalle attuali difficoltà, ma resta sullo sfondo la necessità di superare i problemi strutturali del settore. Bisogna prendere atto che  il Consorzio non può, perché non fa parte dei suoi compiti, organizzare e governare la produzione, ma solo garantirne la rispondenza ai canoni previsti dal disciplinare di produzione e attuare iniziative di promozione al prodotto. Non può intervenire invece sui fattori alla base di questa e delle passate crisi che ciclicamente il settore ha vissuto. Occorre dunque una diversa organizzazione del comparto, che vede nell'aggregazione delle strutture produttive uno dei principali tasselli. Dopo si potrà parlare di governo della produzione e del mercato, per quanto possibile. Facile a dirsi. Un po' più complicato da tradurre sul piano operativo. Ma non impossibile.