Clima fresco, con una buona escursione termica stagionale e giornaliera, terreno sciolto e sostanza organica. Per Giovanni Mazzucotelli sono queste le tre parole chiave per coltivare il rabarbaro.

Titolare insieme a Maria Cazzaniga, prima compagna di studi e ora compagna nella vita, di Res Naturae, azienda dedita alla coltivazione di ortaggi, Giovanni inizia piano piano a specializzarsi nella coltivazione del rabarbaro. Un ortaggio con numerose proprietà e benefici, particolarmente versatile in cucina, ma purtroppo poco conosciuto e quindi poco diffuso in Italia.

"L'azienda - racconta Giovanni - nasce da una mia passione per la coltivazione e riproduzione delle piante, che si è incontrata con la passione per la cucina di Maria. Il rabarbaro è stato all'inizio un esperimento tra i tanti, poi ce ne siamo innamorati: gusto piacevolmente acidulo che non stanca, perfetto per il nostro clima di montagna, molto versatile in cucina, insolito e non banale".
"In Italia - continua - sono poche le aziende agricole che lo coltivano, ma non siamo gli unici ad averlo. Siamo invece, per quanto ne sappiamo, gli unici ad averne approfondito la conoscenza tanto da coltivarne due specie e una decina di cultivar, in pieno campo o in vaso, e da farne anche l'oggetto di una tesi di laurea".

Partiti in punta di piedi, oggi i due giovani agricoltori hanno circa 3mila piante in coltivazione, più la coltivazione in vaso che viene utilizzata per scopi personali o per chi desidera acquistare piante da coltivare. Le cultivar sono diverse: di origine tedesca, francese e inglese. Alcune sono più precoci, altre sono più tardive; hanno gambi di dimensioni diverse, producono quantità diverse e hanno portamenti differenti. Alcune sono più verdi, altre più rosse. Ma ci tengono a sottolineare che nessuna è totalmente rossa come si pensa nell'immaginario comune.
Da dove nasce allora la convinzione che il rabarbaro sia rosso? "Diverse sono le spiegazioni" afferma Giovanni Mazzucotelli. "Il rabarbaro che troviamo in Italia intorno a febbraio è quello inglese forzato (ne parliamo più avanti) che è rosa o rosso. In più va ricordato che in Italia è raro vedere il rabarbaro fresco, si conosce la tipica confettura rabarbaro e fragole o rabarbaro e lamponi... e il colore rosso è chiaramente dovuto all'abbinamento".

In definitiva, però, nell'azienda Res Naturae a farla da padrona è il Rheum rhabarbarum, "il più comune tra le specie e il più interessante nel suo utilizzo".

I gambi del rabarbaro devono diventare il più grande possibile e non restare troppo sulla pianta
I gambi del rabarbaro devono diventare il più grande possibile e non restare troppo sulla pianta
(Fonte foto: Res Naturae)

Altro passo importante si è avuto nel 2015 con la creazione del marchio Rabarbaro Italiano. Un marchio caratterizzato da tre punti chiave: freschezza, territorio e agricoltura ragionata.
Freschezza perché una volta ricevuto l'ordine, sia le piante da coltivare che i gambi freschi vengono spediti in ventiquattro ore. Territorio perché il rabarbaro è coltivato al clima fresco prealpino del territorio lecchese in quanto l'azienda è situata a Introbio, un comune della Valsassina in provincia di Lecco dove Giovanni e Maria hanno recuperato dei terreni abbandonati. Infine agricoltura ragionata perché la loro è un'agricoltura che si basa prima di tutto sul rispetto per la natura"Il nostro metodo di coltivazione - precisa Giovanni - è in continuo 'ragionamento', osserviamo molto, continuiamo a correggerci, a migliorarci, man mano che diventiamo più consapevoli di ciò che serve alle piante e all'ambiente circostante. Non desideriamo porre etichette, marchi o certificazioni, desideriamo solo inserirci in un contesto naturale, antropizzato ma di base naturale, senza fare danni, anzi se possibile aiutandolo. Siamo in montagna e, seppur renda il tutto molto faticoso, questa è anche la nostra fortuna: qui esistono ancora insetti che competono con parassiti dannosi alle colture, basta non trattare e lasciarli agire. L'aria è fresca, le piante si ammalano meno anche di funghi: non serve trattare. Cerchiamo di permettere alla natura di fare il suo lavoro".


Carta d'identità del rabarbaro

"Il rabarbaro è una pianta erbacea, perenne, caratterizzata da un robusto rizoma (simile a una radice), da cui sprigiona tutta la sua energia per produrre grandi foglie sostenute da piccioli carnosi (la parte che mangiamo), verdi-rosati e a volte rossi" afferma il titolare dell'azienda. E' alto circa 80-120 centimetri, mentre il fiore supera i 2 metri. Alla pianta serve un terreno morbido (deve poter sviluppare il rizoma), ben drenato e ben concimato, una posizione assolata e una buona escursione termica: deve essere esposta al freddo d'inverno (almeno -2°C) e in estate deve poter godere di notti fresche dopo le calde giornate.

Il rabarbaro è una pianta erbacea e perenne con grandi foglie
Il rabarbaro è una pianta erbacea e perenne con grandi foglie
(Fonte foto: Res Naturae)

Le più comuni avversità a cui può essere soggetta sono di natura fungina, senza dimenticare gli insetti come gli afidi, le larve di lepidottero e le cimici. "Noi preveniamo attraverso una misurata irrigazione una corretta scelta del luogo di coltivazione e una buona lavorazione del terreno (perché dreni bene l'acqua). E aiutiamo la prolificazione di insetti 'competitor' come ad esempio coccinelle o mantidi religiose" fa sapere Giovanni. Nonostante ciò qualche piccolo danno alla produzione c'è, ma "niente di così devastante".

Il rabarbaro può essere piantato in autunno oppure a fine inverno-inizio primavera. Da primavera fino all'autunno ha un'abbondante attività vegetativa, che generalmente si ferma con il caldo dell'estate, superati i 32°C. Con le temperature invernali sotto i 5°C,  invece, va in "letargo" (dormienza) favorendo la vernalizzazione necessaria alla successiva induzione a fiore e crescita.

Oltre che in pieno campo è possibile coltivarlo anche in vaso, a patto che quest'ultimo sia molto grande e che non sia posto in un luogo troppo caldo e assolato.
La pianta cresce in fretta, anche se è consigliato raccogliere poco o non raccogliere affatto durante il primo anno. "Dalla seconda primavera si raccolgono i gambi più grossi, circa un terzo di quelli presenti sulla pianta, senza esagerare per poter lasciare foglie da cui ricavare energia per continuare la produzione. I gambi - spiega Giovanni - non devono 'maturare' perché non sono frutti, devono solo diventare il più grande possibile e non restare troppo sulla pianta: se restano molti giorni iniziano ad asciugare e ad appassire". La raccolta inizia tra fine aprile-inizio maggio e termina a settembre-ottobre.


Il rabarbaro forzato

Per avere dei gambi di rabarbaro ancora più dolci e teneri, ma soprattutto per poterli avere anche fuori stagione, è possibile ricorrere ad un antico metodo inglese, per la precisione dello Yorkshire, chiamato forzatura della pianta di rabarbaro. Si fanno crescere le piante per almeno tre anni in pieno campo, dopodiché vengono prelevate dal terreno sradicandole e poste in capannoni in assenza di luce a temperatura controllata per qualche settimana. Il momento propizio è durante l'inverno, quando le piante sono a riposo e la temperatura è scesa almeno sotto i 5°C. Si ottengono così dei gambi molto teneri, di colore rosa intenso e con un gusto dolce, tanto che si possono mangiare anche crudi.

Ma se in Inghilterra vengono coltivati in grandi capannoni "in cui i visitatori (noi siamo stati tra quelli) possono entrare a lume di candela e sentire il rabarbaro crescere (un'esperienza!), noi abbiamo preso spunto da questo metodo e ci siamo fatti fare appositamente da un artigiano toscano delle 'campane' di terracotta dove far crescere la singola pianta al buio, una volta a stagione". A differenza del metodo industriale inglese, le piante non dovranno essere sradicate dal suolo, ma basterà spostare sopra di esse la campana e rimuoverla dopo un paio di settimane ottenendo delle coste di alta qualità.

I due giovani agricoltori hanno rivisitato l'antico metodo inglese di forzatura del rabarbaro
I due giovani agricoltori hanno rivisitato l'antico metodo inglese di forzatura del rabarbaro
(Fonte foto: Res Naturae)


Un ortaggio versatile con un mito da sfatare

Non tutte le parti del rabarbaro sono commestibili: si mangiano solo i gambi o coste, ma c'è anche chi cucina il fiore in modo amatoriale. Le radici invece vengono utilizzate in erboristeria; mentre "le foglie alla lunga sono tossiche (si accumula infatti l'acido ossalico, lo stesso contenuto negli spinaci, che può sovraccaricare i reni)" spiega Giovanni.

Ma sfatiamo un luogo comune, è vero che il rabarbaro è molto amaro? "Ecco un'altra cosa importante! Il rabarbaro amaro è entrato nell'immaginario italiano a causa delle caramelle e del liquore. Questi sono prodotti derivati dalla radice, non dai gambi! Il gusto è totalmente diverso: il 'nostro' rabarbaro è piacevolmente acidulo come una prugna per intenderci, o come una mela verde". Tanto che oltre al prodotto fresco, i gambi, da Res Naturae è possibile trovare anche numerosi preparati come "le composte, quello che comunemente si chiama marmellata, ma che nel nostro caso è una composta perché ha molta frutta e poco zucchero al suo interno". E' usato tipicamente per torte e dolci: un classico è il crumble di rabarbaro, o le torte di mele e rabarbaro, tanto che tra i principali clienti di Giovanni e Maria ci sono pasticcerie e gelaterie oltre che ristoranti e molti appassionati dell'ortaggio. Infine è ideale anche abbinato a formaggi, pesce e carni grasse.

Rabarbaro in purezza oppure abbinato a fragola, pesca o zenzero
Rabarbaro in purezza oppure abbinato a fragola, pesca o zenzero
(Fonte foto: Res Naturae)


Coltivazione redditizia dalle mille proprietà

Essendo una coltivazione di nicchia sono poco note le sue proprietà, nonostante siano numerose. "Come sempre - spiega Giovanni - nessun alimento è un medicinale o ha effetti miracolosi, ma in una dieta variata il rabarbaro è un ottimo alleato: digestivo, protettivo per le mucose, ricco di componenti polifenoliche e vitamina C".

Ed essendo una coltivazione di nicchia riesce a spuntare interessanti prezzi di mercato: tra gli 8 e i 9 euro al chilogrammo. "Un prezzo che a volte fa spalancare gli occhi a chi ci incontra, ma è un prezzo che deriva da tutto ciò di cui abbiamo parlato: coltivazione in montagna (piccoli appezzamenti, tutte le lavorazioni a mano, periodo di crescita limitato dal freddo) senza trattamenti (perdite durante la produzione). Ma alla fine chi assaggia il prodotto e conosce la sua storia è ben disposto e ne capisce il valore", conclude Giovanni Mazzucotelli.

Sono molteplici gli usi del rabarbaro in cucina
Sono molteplici gli usi del rabarbaro in cucina
(Fonte foto: Res Naturae)
 

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