L'obiettivo principale del progetto era quello di dimostrare come la produzione e l'utilizzo di fertilizzanti organici a salinità ridotta siano un’interessante opportunità per una parziale sostituzione di concimi a base chimica, il cui utilizzo in campo agricolo è estremamente diffuso, con livelli decisamente elevati in termini di impatto ambientale.
Alice Dallara dell’Enea ha ripercorso le tappe che hanno portato alla produzione di una quantità di concime di qualità da utilizzare per le prove di concimazione in campo. In particolare si è soffermata sulle matrici utilizzate: compost, pollina o letame di cavallo, Biochar (residuo della pirolisi in impianti per produzione di energia) e su un complesso enzimatico (Pav) brevettato a livello europeo dalle società Amek e Cti di Imola, che ha un ruolo importante nella preparazione del concime. Le matrici miscelate fra di loro secondo un rapporto definito da prove effettuate in laboratorio, dopo l’aggiunta del Pav viene lasciato reagire per almeno tre mesi prima di utilizzarlo sulle diverse colture.
Carlos Garcia Izquierdo ha ribadito il ruolo importante della sostanza organica nel suolo e di presentare le attività sia di laboratorio che di campo realizzate in Spagna. La necessità di proteggere e incrementare la fertilità naturale dei terreni è stata ribadita dato che, con anni di distribuzione di sostanze chimiche, il suolo rischia di perderla. Per questo è necessario salvaguardare e favorire l’incremento della componente biologica dei terreni, che può essere preservata con l’apporto di concimi organici. In particolare sono stati presentati dati che dimostrano come il concime “Resafe” fornisca risultati interessanti su alcune colture mentre su altre occorrono ancora approfondimenti.
Le attività realizzate a Cipro per la preparazione del concime e per il suo utilizzo su colture orticole sono state presentate da Xanthos Pattichis per conto dell’Enia, e Vanni Tisselli di Astra ha chiuso la presentazione dei dati di campo, illustrando l’andamento del concime Resafe a confronto con concimazioni minerali per verificarne la totale o parziale sostituzione. I risultati ottenuti nell’ambito delle 12 prove di campo lasciano intravedere prospettive interessanti meritevoli di ulteriori approfondimenti.
A chiusura del workshop sono state presentate due relazioni a cura del professor Giuseppe Bonifazi dell’Università La Sapienza di Roma e dell'Alessandra Zamagni che hanno trattato rispettivamente il tema delle analisi iperspettrali, utilizzate come metodo di analisi rapido e non distruttivo e quello dell’analisi degli impatti ambientali valutati all’interno del progetto attraverso l’applicazione della metodologia Lca, Life cycle assesment.
Dopo aver riservato spazio per la discussione, il workshop si è concluso con l’intervento di Mario Montanari dirigente dell’assessorato Agricoltura e pesca della regione Emilia-Romagna che ha sottolineato l’importanza di promuovere progetti in ambito europeo ma soprattutto di creare reti fra i diversi progetti per sviluppare le opportune sinergie.
Nel pomeriggio i lavori sono continuati con un workshop sul progetto After-Cu coordinato dalla professoressa Stefania Tegli del Dispaa dell’Università di Firenze che vede coinvolti il Cebas-Csic della Spagna, il Cnr di Pisa, Astra Innovazione Sviluppo Srl di Faenza e l’Azienda Soldano.
Detti gli obiettivi del progetto che sono quelli di ridurre l’impiego del rame in agricoltura, sono stati richiamati i meccanismi d’azione di alcuni polipeptidi che hanno la capacità di bloccare lo sviluppo di alcuni batteri patogeni presenti su specie campione quali l’olivo, il kiwi e il limone. Sono state descritte le molteplici attività realizzate in laboratorio e anche le risultanze di prove effettuate su piante in vivo. Sono stati presentati i risultati ottenuti, alcuni dei quali ancora parziali. Il pubblico presente ha colto con particolare interesse la presentazione dei meccanismo d’azione dei polipeptidi, auspicando di poter arrivare presto alla preparazione di quantitativi in grado di poter gestire prove di difesa su vaste superfici. E’ stato infine ribadito il ruolo importante che il progetto potrebbe giocare nel contenimento del rame che come è noto è un elemento pericoloso che ha già subito restrizioni nell’impiego sulle colture agrarie.
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Fonte: Polo di Tebano