Ma in queste ore si appresta a diventare la prima emergenza fitosanitaria nazionale per il comparto castanicolo. Perché quest’anno le castagne italiane che rivelano il marciume sono tantissime, al punto che le principali industrie nazionali hanno bloccato i ritiri a partire dal 21 settembre scorso. E al momento l’unica via di scampo sembra essere la certificazione del prodotto a campione presso laboratori accreditati: le industrie tollerano la presenza degli agenti fungini entro la soglia del 10%
“La decisione assunta dai trasformatori è devastante: perché le castagne ed i marroni destinati all’industria devono permanere in magazzini di condizionamento ad umidità controllata per garantire la conservabilità del prodotto per almeno 30 giorni, tempo che dà modo al marciume, già presente nel frutto, di svilupparsi - spiega ad AgroNotizie Gianpaolo Rubinaccio, produttore di castagne in provincia di Avellino e coordinatore frutta in guscio per Ortofrutta Italia - A questo punto trasferire tutto questo prodotto sul mercato del fresco, al fine di evitare il manifestarsi del marciume fino al consumo, potrebbe portare dei contraccolpi sul fronte dei prezzi a dir poco tremendi, sempre che ve ne fossero le condizioni climatiche".
Cosa succede, i trasformatori non comprano?
"I nostri acquirenti hanno fermato i ritiri venerdì, molto probabilmente per problemi di marciume causati dal nuovo fungo Gnomoniopsis Discula Pascoe, presente un po' in tutti gli areali di produzione del Paese. Fino a giovedì scorso riuscivamo a spuntare prezzi di quattro euro al chilogrammo, adesso non sappiamo come muoverci anche perché il clima attuale non favorisce la domande per il consumo fresco".
Da dove arriva Gnomoniopsis Discula Pascoe?
"Non sono note le modalità di arrivo in Italia di questo patogeno, ma era segnalato in Australia già molti anni fa come patogeno dei castagneti di quel Paese. A distanza di pochi anni dal primo rilevamento, Gnomoniopsis Discula Pascoe è diventato il problema numero uno della castanicoltura italiana. Questa malattia fa infatti marcire i frutti dall'interno e resiste a qualunque sistema di conservazione. Le spore cadono dai funghi che sono presenti sulla corteccia degli alberi e penetrano nel fiore e da lì il frutto nasce già con il patogeno dentro. Ma non esistono test rapidi per rilevarne la presenza: si può soltanto spaccare a metà la castagna per capirlo in maniera veloce, poiché si forma un alone color crema sull'episperma in prossimità della torcia, senza traccia alcuna sul pericarpo, proprio perché l'infezione avviene in fioritura e quindi si propaga dall'interno verso l'esterno".
Lo stop delle industrie anticipa di poco il boom produttivo, cosa si può fare?
"Di fronte a questa nuova emergenza fitosanitaria, auspico che il Governo possa attivare una linea di credito scientifica a favore del Crea di Firenze, centro di eccellenza nel panorama della difesa, struttura di riferimento e diretta dal professor Federico Augusto Roversi, per comprendere come poter contenere Gnomoniopsis Discula Pascoe. Allo stesso tempo mi preme proporre al ministro Gian Marco Centinaio la creazione di una Direzione nazionale ad hoc sui nuovi insetti e microrganismi alieni, estranei agli ecosistemi nostrani, al fine di definire una strategia di ricerca e di difesa unica".
La notevole diffusione di questa patologia quest’anno è legata al clima o c’è anche altro, come pure si vocifera?
"Essendo un fungo, sicuramente il clima umido di questa estate ne ha favorito la diffusione. Tempo fa Gnomoniopsis Discula Pascoe è stato studiato dall’Università della Tuscia come insetticida naturale, poiché distruggendo le galle originate dal Cinipide del castagno, finisce con l’eliminare la nuova generazione dell'imenottero nocivo allo stato larvale. Ma sia chiaro: una diffusione anche controllata di Gnomoniopsis Discula Pascoe non ha mai avuto un’autorizzazione ufficiale, proprio perché si temeva potesse poi colpire anche i frutti".
Come si potrebbe combattere questo patogeno?
"Al momento esiste un principio attivo registrato per l’utilizzo su castagno, ma i castagneti per lo più sono boschi e anche quando sono frutteti sono in regime di agricoltura biologica. Inoltre il trattamento costa circa 150 euro/ettaro, non poco, ma, come testimoniano le cronache degli ultimi giorni, potrebbe salvare molte partite di prodotto".
Un produttore cosa può fare oggi?
"Come dicevo, non esistono test rapidi, ma si possono effettuare analisi presso i laboratori Crea di Firenze e Battipaglia (Salerno) - il secondo è una dipendenza del primo - per certificare le produzioni sulla base di campionamenti fatti con metodo scientifico sulle partite che si intendono commerciare: ricordo che fino al 10% le industrie tollerano la presenza di Gnomoniopsis Spp. Chi riesce a certificare che le proprie produzioni abbiano meno del 10% di questo spore fungine può ancora contrattare con le imprese di trasformazione".