La minaccia aflatossine è sempre in agguato anche se l'anno scorso, nonostante il meteo non favorevole, l'annata siccitosa e difficile, la contaminazione è stata tenuta sotto controllo.
Secondo i dati della rete di monitoraggio mais che opera nell'ambito del progetto 'Rqc - Rete qualità cereali plus mais', finanziato dal Mipaaf, nel 2017, i 259 campioni prelevati dai trentasei centri di stoccaggio hanno rivelato una contaminazione superiore ai 20 Ppb (Parti per miliardo) per chilogrammi di aflatossine nell'11% dei casi. La percentuale non è trascurabile ma, se si pensa che in annate come il 2012 e il 2015 si è arrivati rispettivamente al 23% e al 18%, è evidente che la prevenzione paga.
"C’è sempre più consapevolezza del problema" ci ha detto Paolo Guerra, consulente esperto di pest management dell'azienda No Pest di Ravenna. "Soprattutto gli stoccatori hanno capito che è un'emergenza che va continuamente monitorata, ma anche gli agricoltori stanno imparando le buone pratiche di prevenzione".
Per evitare contaminazioni importanti di aflatossine, fondamentale è la fase post raccolta, fino allo stoccaggio. E' proprio Paolo Guerra a fare il punto.
Le trebbie hanno qualche influenza sulla possibilità o meno di sviluppo di aflatossine e come comportarsi nella fase di conferimento?
"Innanzitutto bisogna scegliere bene il momento della raccolta. Secondo il protocollo d'intesa per il Centro Nord del 2018 va fatta quando la percentuale di umidità non è inferiore al 22%. Meglio utilizzare mietitrebbie a flusso assiale che riducono le rotture della granella. Gli autotreni che trasportano devono essere puliti, vanno spazzati e soffiati per eliminare le polveri, fra un carico e l'altro. Poi bisogna portare la granella al centro di essiccazione il prima possibile e il carico non deve restare troppo tempo in attesa di essere essiccato, ci vuole grande coordinamento. Il trattamento fisico di essiccazione blocca lo sviluppo di muffe e va fatto molto velocemente".
I centri di stoccaggio come devono essere strutturati?
"Prima di avviare la granella all'essiccazione, il mais va pulito, vanno eliminate tutte le impurità, tutto ciò che non è mais. L'aria deve infatti poter traspirare, la polvere rimasta sulla granella è deleteria, c'è da considerare che il mais può restare in magazzino anche per un anno e oltre e la granella è una derrata vitale, continua a evapotaspirare durante tutta la sua permanenza nei silos o nei magazzini orizzontali. I centri di stoccaggio devono avere strutture che consentano la ventilazione delle masse, con intercapedini basali e con macchine che raffreddino l'aria prima di introdurla nel deposito, ciò vale per silos e magazzini orizzontali. Il tutto deve essere chiuso, protetto da infestanti, gli insetti infestanti possono favorire lo sviluppo di aflatossine. Non deve entrare umidità, l'acqua piovana quindi va canalizzata sul perimetro, non all'interno delle colonne".
Quanto è importante tenere monitorata la granella, dal momento in cui viene stoccata?
"E' fondamentale per poter agire in maniera preventiva e non quando le aflatossine si sono già sviluppate. I depositi moderni dovrebbero avere delle sonde termometriche e sempre più spesso in effetti sono attrezzati. Vanno inserite nei silos e all'interno dei magazzini, le sonde controllano il mais durante la fase di conservazione. Il mais mantiene acqua al proprio interno e quindi continua a evapotraspirare. Se l'umidità o la temperatura aumentano, ci sono le condizioni perché si sviluppino muffe. I campioni vanno prelevati ogni venti giorni, trenta al massimo, per poter intervenire prima che sia troppo tardi. Se aumentano temperatura e umidità vanno spostate le masse, refrigerate o ventilate.
Se dovesse accadere che alcune partite superano i limiti di legge per le aflatossine esistono comunque dei sistemi per scuotere le cariossidi e togliere le polveri sulle quali si stratificano le micotossine, c'è quindi la possibilità di tentare di riportare la contaminazione della granella sotto i limiti di legge. Sono però procedimenti molto costosi e conviene sempre fare un calcolo costi-benefici. L'ideale è concentrarsi sulla prevenzione, con pratiche agronomiche corrette e con stoccaggio adeguato in modo che le muffe non si sviluppino. Se sfortunatamente si dovesse raggiungere il limite di 20 Ppb a chilogrammo, resta sempre l'opzione di declassare il prodotto a uso energetico".