Un nuovo metodo per la conservazione di frutta e verdura fresca è stato sperimentato attraverso l'attività di ricerca dell'università di Pisa.

Si tratta di biorivestimenti prodotti da scarti di lavorazione di prodotti agricoli e zootecnici che possono essere applicati ai frutti per migliorarne la conservabilità. Rivestimenti che sono commestibili ma che possono anche essere eliminati con un semplice lavaggio in acqua.

Attualmente sono stati messi a punto due tipologie di rivestimenti applicati in via sperimentale su mele fuji e su pomodori, come pubblicato su due riviste internazionali, il Journal of food processing and preservation e il Lwt – Food, science and technology.

Abbiamo intervistato la professoressa Anna Maria Ranieri, docente di chimica agraria del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agroambientali dell'università di Pisa e membro del Centro interdipartimentale di ricerca nutraceutica e alimentazione per la aalute che ha guidato il gruppo di ricerca che ha portato alla realizzazione di questi biorivestimenti.
 
La professoressa Anna Maria Ranieri e il logo dell'Università di Pisa

Professoressa, può spiegarci in cosa consiste questa invenzione?
"Consiste nell'applicare, a prodotti vegetali freschi, un rivestimento (edible coating) realizzato con residui della lavorazione dell'industria agroalimentare che può essere ingerito insieme al prodotto".

Quali vantaggi comporta?
"Il vantaggio consiste nel permettere ai prodotti freschi di conservarsi più a lungo, prolungando la shelf-life cioè il tempo di permanenza sugli scaffali ad esempio dei supermercati, mantenendo le proprietà nutrizionali del prodotto e limitandone le perdite dovute ad attacchi di patogeni".

Il rivestimento può ridurre anche l'attacco di muffe durante la conservazione?
"Un rivestimento a base di chitosano è sicuramente in grado di limitare la proliferazione di funghi e batteri, grazie all'intrinseca capacità antimicrobica e antifungina di questa sostanza. Inoltre, è possibile addizionare alla soluzione altre sostanze naturali, per esempio oli essenziali, estratti vegetali, ecc., formando i cosiddetti edible coating attivi, e potenziare così la capacità di contrastare gli attacchi patogeni.
Inoltre, questi rivestimenti riducono la proliferazione dei funghi e dei batteri anche limitando le vie di accesso ai patogeni sigillando piccole lesioni che possono essere presenti sulla superficie del prodotto
".

Quale è il processo di produzione dei biopolimeri?
"Uno di questi biorivestimenti è stato realizzato con il chitosano la cui attuale fonte commerciale è costituita dalla chitina, principale costituente dei carapaci di granchi e gamberi. Il chitosano viene prodotto dalla deacetilazione della chitina, il polisaccaride più diffuso in natura dopo la cellulosa. Nel suo stato nativo la chitina è presente sottoforma di microfibrille cristalline ordinate, che costituiscono l'esoscheletro di insetti e crostacei e la parete cellulare di funghi e lieviti".

"Nel processo industriale, la chitina è estratta mediante trattamento acido, che dissolve il carbonato di calcio, seguito da un trattamento alcalino, per dissolvere le proteine. E' possibile condurre questi due passaggi simultaneamente, mediante fermentazione microbica.
Uno step di decolorazione può essere effettuato per depigmentare il prodotto ed ottenere chitina incolore. Infine, la deacetilazione parziale della chitina in condizioni alcaline origina il chitosano. Questo processo può avvenire enzimaticamente o mediante processo chimico. Quest'ultimo è usato estensivamente nella produzione industriale per il minore costo e per la produzione massiva.
Il chitosano può essere estratto anche dai funghi. Questo tipo di chitosano non è di derivazione animale e ha bassissimi livelli di contaminazioni proteiche".

"Più del 60% di industrie biotech usano i funghi in svariati processi, come la birrificazione e la lievitazione, la produzione di acidi organici ed enzimi, oltre che per la produzione di antibiotici e farmaci, per citare i principali impieghi. Questi processi originano migliaia di tonnellate di biomassa fungina all'anno. Giusto per citare un esempio, più di 80.000 tonnellate annue di biomassa residua di Aspergillus niger è generata dalla produzione di acido citrico. Il chitosano dai funghi è generalmente estratto chimicamente con il metodo acido-alcalino, come il chitosano animale. La produzione di chitosano da funghi è comunque trascurabile rispetto alla fonte marina
".

"Un altro polimero utilizzato come edible coating è la gelatina, derivante dalla parziale idrolisi del collagene, una proteina fibrosa presente in numerosi tessuti animali, come ossa, tessuto connettivo e tendini. La principale fonte per la produzione industriale in grande scala è rappresentata dalla pelle dei suini, ma per scopi farmaceutici è preferita quella derivante dalle ossa del bestiame, soprattutto dei bovini. Negli ultimi anni è aumentata la produzione di gelatina dai pesci - circa l'1.5% del totale della gelatina prodotta - sebbene sia meno stabile di quella dei mammiferi.
La produzione avviene mediante trattamenti termici che trasformano il collagene in gelatina solubile in acqua.
In dipendenza della modalità di preparazione si distinguono: gelatina di tipo A, pI 8-9, ottenuta con trattamento acido, solitamente è la gelatina prodotta dalla pelle di maiale, e gelatina di tipo B, pI 4-5, ottenuta con trattamento alcalino, solitamente quella derivante dalle ossa dei bovini
".

Derivando da prodotti di origine animale o fungina, in particolare il chitosano, possono avare effetti allergenici?
"Il chitosano, come si è detto, può essere di derivazione animale, dai carapaci dei crostacei o fungina. Il chitosano derivante dai crostacei è considerato un allergene.
Altri polimeri utilizzati come edible coatings, come il collagene, non possiedono invece attività allergenica e possono essere utilizzati senza restrizioni
".

Dal punto di vista normativo il trattamento costituirebbe un ingrediente di preparazione da indicare in etichetta?
"Al momento, il chitosano viene utilizzato in ambito medico e non ci sono indicazioni in merito da parte della Ue, che ha invece autorizzato la possibilità di dichiarare un suo ruolo nel mantenimento dei fisiologici livelli di colesterolo.
Per la gelatina invece, il Reg. (CE) n. 853/2004 del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, prevede che il packaging contenente il collagene debba riportare la dicitura
'collagene per consumo alimentare' e indicare la data di preparazione e il limite di tempo preferibile per la sua consumazione".

Derivando da prodotti animali, l'indicazione risulterebbe opportuna anche per tipologie di consumatori come i vegetariani o per le persone che si attengono a norme alimentari religiose
"Dal punto di vista tecnico, eliminare il rivestimento è estremamente facile, essendo lavabile con acqua corrente. Tuttavia la sensibilità del consumatore è estremamente personale e in dipendenza della cultura, religione, ecc, potrebbe orientare la scelta, come già avviene per altri prodotti".

Dal punto di vista tecnico, come si applica il rivestimento ai frutti? È un procedimento che potrebbe essere usato anche da piccole aziende o è alla portata solo di grandi centri di confezionamento?
"Il rivestimento si applica con facilità. Una volta preparata la soluzione è sufficiente immergerdo i prodotti, assicurandosi che aderisca alla superficie e quindi lasciare asciugare il prodotto.
Un modo alternativo per applicare il rivestimento è quello di spruzzarlo, sebbene la consistenza e la viscosità della soluzione potrebbero intasare gli ugelli
".

Avete brevettato questa invenzione?
"No".

E' stato stimato il costo che questo trattamento? Quanto potrebbe incidere sul prezzo finale del prodotto?
"Prima di tutto vorrei precisare che il costo del chitosano acquistato per la sperimentazione di laboratorio è sicuramente molto superiore rispetto a quello che sosterrebbe un'azienda.
Da una stima veloce possiamo dire che: 
considerando un costo del chitosano di 40 euro a Kg (prezzo che paghiamo noi ricercatori), considerando la preparazione di una soluzione all'1% di chitosano (che permette di preparare 100 litri di soluzione con 1 Kg),considerando che con 1 L di soluzione posso rivestire almeno 50 pomodori medio-grandi (tipo insalatari, da circa 100 g l'uno) rivestire 1 kg di pomodori con il chitosano food grade che usiamo nella sperimentazione di laboratorio avrebbe un costo di 8 centesimi".

Quando potrebbe iniziare ad essere usato nella pratica?
"Al momento non saprei darle una risposta precisa. Negli Stati Uniti la Food and drug amministration, l'autorità che si occupa della sicurezza degli alimenti e dei farmaci, ha già approvato l'uso del chitosano per certe applicazioni alimentari, e al chitosano, prodotto da un'industria norvegese è stato riconosciuto lo stato Gras: Generally recognised as safe, cioè generalmente riconosciuto come sicuro. Tuttavia, non mi risulta che l'Ue o l'Efsa abbiano riconosciuto l'impiego del chitosano se non come integratore".