In base ad alcuni studi, lo Iarc lo ha infatti inserito nel Gruppo 2A dei "probabili cancerogeni", ovvero quelli sui quali vi sarebbero evidenze "sufficienti" di cancerogenesi sulle cavie e "limitate" evidenze sull'uomo.
Apriti cielo: parte subito la ola dal mondo eco, bio in testa, che ne chiede il bando totale, fra lo sconcerto di coloro che ben conoscono la mole di dati grazie ai quali glifosate ha superato il processo di revisione europea. Quelli cioè che sanno quanto sia alta l'utilità di glifosate negli usi agricoli ed extra-agricoli. Ma la vera domanda è: oltre a ciò che dice lo Iarc, c'è qualcun altro che la pensa diversamente? La risposta è sì.
La precedenza, ovviamente, va data a Monsanto, l'azienda che il glifosate lo ha inventato e che quindi in tali casi diviene il parafulmine d'elezione, sebbene questo diserbante sia ormai commercializzato praticamente da ogni azienda che venda agrofarmaci. Del resto, le task force a difesa delle molecole in sede europea non sono una rarità.
La risposta per esteso della casa americana, purtroppo solo in lingua inglese, è reperibile qui.
Riassumendo, Monsanto tiene a precisare in primis che le classificazioni dello Iarc si basano sul concetto di pericolo e non di rischio. Ovvero, si limita a registrare gli effetti emersi in studi di laboratorio, ma non è suo compito valutare per esempio i livelli di esposizione alle sostanze. In altre parole, la classificazione Iarc non stabilirebbe alcun legame tra glifosate e aumenti del cancro nell'uomo, né tanto meno lo Iarc è coinvolto nei processi di valutazione normativa delle sostanze.
Lo stesso Aaron Blair, chairman del gruppo di ricercatori che ha trattato glifosate per lo Iarc, conferma che l'Agenzia effettua valutazioni di pericolo, non di rischio. Blair ricorda infatti che la valutazione del pericolo risponde solo a una semplice domanda: "Può una sostanza causare danno in qualche circostanza, ad un certo livello di esposizione?". Quanto frequentemente tali circostanze si verifichino nel mondo reale è invece una questione completamente diversa e non è una domanda cui lo Iarc intende rispondere. In altre parole, conclude Blair, lo Iarc afferma che glifosate "potrebbe" causare il cancro negli esseri umani, ma non afferma che probabilmente lo fa.
Peraltro, al di là dei chiarimenti dello Iarc, sempre secondo Monsanto nella valutazione dell'Agenzia non vi sarebbe alcuna nuova informazione rispetto a quelle già note dai regolamentatori europei e americani. Per giunta, sarebbero state esclusi dalla valutazione alcuni dati scientifici rilevanti, dei quali lo Iarc è in possesso e che dimostrerebbero che glifosate non rappresenta alcun rischio per l'uomo.
Del resto lo Iarc è solo una delle tante costole dell'Organizzazione mondiale di sanità. Per esempio, vi sono altri due programmi dell'Oms che hanno valutato glifosate e hanno tratto conclusioni differenti dallo Iarc, come per esempio il Core assessment group e l’International programme on chemical safety. Anche le Linee guida dell'Oms per le acque potabili concluderebbero che glifosate non rappresenta rischi per la salute umana.
Una voce giunge infine dalla Germania, ovvero dal Bundesinstitut für Risikobewertung, cioè l'istituto federale per la valutazione dei rischi.
La Germania è stata infatti Paese "Rapporteur" per la valutazione del glifosate in Annex I. Nella sua risposta allo Iarc, l'istituto tedesco ricorda come nel processo di valutazione della molecola sia stata raccolta la più ampia messe di dati e pubblicazioni in materia e non siano emerse le medesime conclusioni. Ovvero, per il BfR glifosate non sarebbe cancerogeno per l'uomo. Peraltro, ricorda il BfR nel proprio report, non è ancora noto il database di ricerche sulle quali lo Iarc avrebbe prodotto la propria valutazione.
In altre parole, e per concludere, gli enti che hanno valutato glifosate a fini registrativi dissentono dallo Iarc, il quale fini registrativi non ha.
Per come si sono messe le cose, vi è quindi da pensare che la querelle su glifosate sarà ancora lunga. Restando ovviamente in attesa di poter valutare documento per documento le fonti dalle quali lo Iarc avrebbe tratto le proprie conclusioni.
Illustri conosciute
Lo Iarc ha creato quattro categorie di potenziale cancerogenicità delle sostanze chimiche, siano esse di origine sintetica o naturale, e di agenti patogeni.
Nella Gruppo 1 ricadono le sostanze o gli agenti patogeni risultati sicuramente cancerogene sia verso gli animali, sia verso l'uomo. In laboratorio e non.
Vi figurano per esempio le radiazioni ionizzanti e i raggi UV provenienti dal Sole. Diversi gli inquinanti ambientali, come il benzene e il particolato atmosferico emessi dalle automobili, ma anche l’amianto, i Pcbs, ovvero i bifenili policlorurati, alternatori delle funzionalità endocrine dell'organismo. Sempre nel primo Gruppo dello Iarc figurano anche alcuni piaceri della vita, almeno per alcuni, come fumo e alcol. Anche nelle nostre cucine possiamo creare da noi stessi alcune sostanze sicuramente cancerogene, come il benzopirene contenuto nel bruciaticcio dei cibi grigliati, oppure l'acrilamide che si forma durante la frittura.
Neppure la natura si tira indietro e infatti compare nel Gruppo 1 sotto forma di aflatossine figlie di funghi, oppure sostanze contenute in matrici vegetali come le foglie di Betel. Perfino dei virus come il Papilloma virus e quelli dell’epatite B e C ricadono in questo gruppo.
Il Gruppo 2 si divide in due sottogruppi. Il primo, il 2A, è considerato quello in cui catalogare le molecole o gli "agenti" come "probabilmente cancerogeni", dal momento che sono risultati tali su animali e vi sono concrete possibilità che lo siano anche verso l'uomo. Il 2A include gli ormoni anabolizzanti, alcuni solventi e i Pah, ovvero gli idrocarburi policiclici aromatici derivanti dalla combustione incompleta della sostanza organica. Anche alcuni composti a base di piombo possono risultare cancerogeni ed è in questo raggruppamento che si colloca il primo agrofarmaco, ovvero il captafol, al quale sono stati appunto aggiunti glifosate, diazinone e malathion.
Il 2B, invece, abbraccia i “Possibili cancerogeni per l’uomo”. Vi sono cioè evidenze di carcinogenesi in laboratorio su animali, ma resta dubbio il pericolo per l'uomo. In questa lista figura l’acetaldeide presente nel fumo di sigaretta, ma anche caffè e caffeina. Gli agrofarmaci sono abbastanza nutriti, anche se molti sono stati ormai banditi da tempo, come heptahlor, chlordane, diclorvos, captafol e Ddt. Fra quelli ancora in commercio vi sono clorotalonil e folpet, raggiunti da poco da parathion e tetrachlorvinfos. Come già visto nei due gruppi precedenti, anche nel Gruppo 2B compaiono agenti di origine naturale, come la fumonisina b1 e l’Ocratossina A, oppure l’estratto di Ginko biloba, di Aloe vera e quello di Kawa, altre sostanza vegetale. Il metileugenolo è contenuto invece nelle foglie giovani di basilico, mentre il safrolo è contenuto in spezie come la noce moscata o lo zafferano.
I gruppi 3 e 4 sono considerati rispettivamente “Non classificabili come cancerogeni per l’uomo” e “Probabili non cancerogeni per l’uomo”.
(1) International Agency for Research on Cancer Volume 112: Some organophosphate insecticides and herbicides: tetrachlorvinphos, parathion, malathion, diazinon and glyphosate. IARC Working Group. Lyon; 3–10 March 2015. IARC Monogr Eval Carcinog Risk Chem Hum (in press).
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Autore: Donatello Sandroni