Timo, origano, rosmarino e tè greco di montagna possono crescere bene fra i pannelli fotovoltaici, la produzione di elettricità può convivere con quella agricola e l'agrivoltaico prende forma.

 

Lo dimostrano i primi test fatti in una prova sperimentale da Enel Green Power (Egp), in team con l'Università degli Studi di Napoli Federico II e con Novamont. L'esperimento è in corso, iniziato a gennaio 2022, in Grecia, a Kourtesi, un paesino rurale nel Sud del Paese. I primi risultati sono stati presentati di recente alla Conferenza Mondiale per la Conversione dell'Energia Fotovoltaica (Wcpec-8) che si è tenuta a Milano, coordinata da Alessandra Scognamiglio, ricercatrice di Enea.

 

La presentazione, dal titolo lunghissimo ("Un'esperienza agrivoltaica sostenibile in un'area mediterranea arida: coesistenza di attività agricole in impianti di grandi dimensioni di Egp per uso multiplo del suolo") ha vinto un premio proprio durante l'evento mondiale del fotovoltaico.

 

L'agrivoltaico in Italia sta tentando il decollo, ci sono 1,1 miliardi di euro a valere dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per finanziare una parte di costi di realizzazione degli impianti. L'obiettivo è installare, a regime, una capacità produttiva di 1,04 GW da impianti agrivoltaici. Il primo bando, secondo la tabella di marcia stabilita dal Governo Draghi, dovrebbe uscire entro fine anno. Intanto sono state rese note le linee guida del Ministero della Transizione Ecologica con le caratteristiche di un impianto agrivoltaico, elaborate con la partecipazione di Crea, Enea, Gse ed Rse.

 

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Vale la pena ricordare che in un impianto agrivoltaico, con pannelli quindi che insistono su un terreno, deve essere garantita la continuità dell'attività agricola e pastorale in sinergia con la produzione di energia elettrica.

 

Le piante officinali che sono state testate in Grecia sono state piantate in un impianto classico preesistente di Egp, sia sotto i pannelli sia nei corridoi. L'altezza dei pannelli fotovoltaici quindi è standard, supera i 2 metri ma non arriva ad altezze che permettano il passaggio dei macchinari anche sotto i moduli. Sensori di prossimità, in combinazione con informazioni da satellite, hanno permesso il monitoraggio della crescita delle piante sotto la supervisione di Novamont e dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.

 

Era ovviamente presente un'area di controllo con lo stesso design sperimentale per il confronto e, contemporaneamente, sono state piantate, in un'area marginale adiacente il campo fotovoltaico, piante di cardo e cartamo. Si tratta di colture industriali particolarmente rustiche, di interesse per Novamont. Lo scopo di questo secondo test, portato avanti in contemporanea, è quello di sfruttare i terreni marginali che spesso si trovano nelle aree degli impianti.

 

"Per prima cosa - ha raccontato Gian Maria Baldi, tecnico agronomo di Novamont - abbiamo studiato e valutato le caratteristiche pedoclimatiche dell'area. Si tratta di un ambiente mediterraneo, molto simile a quelli presenti nel Sud Italia: estati calde con temperature importanti. La problematica dell'aridità si è diffusa quest'anno in tutta la fascia mediterranea, con il prolungarsi di periodi in assenza di pioggia. Abbiamo valutato anche aspetti sociali, abbiamo studiato e verificato le filiere agricole locali, le dotazioni in termini di macchine degli agricoltori locali, abbiamo effettuato una vera e propria indagine sia intrinseca dell'appezzamento sia delle dinamiche agricole locali, la vocazionalità territoriale. Il terreno nell'area dell'impianto è franco sabbioso, abbiamo inoltre studiato anche la variabilità spaziale, abbiamo valutato la differenza nelle caratteristiche strutturali del terreno nello spazio di lavoro. Sono terreni con una buona dotazione in argilla, con una discreta ma non eccessiva dotazione in sostanza organica, sulla base di questo abbiamo individuato le specie e le tecniche agronomiche da utilizzare".

 

I risultati del primo anno (l'esperimento si concluderà fra la primavera e l'estate 2023), con la prima raccolta, sono incoraggianti. Secondo i dati presentati durante Wcpec-8 addirittura il rosmarino si è sviluppato di più fra i corridoi dei pannelli fotovoltaici, rispetto al controllo. "Sono dati che vanno validati il prossimo anno - ha puntualizzato Gian Maria Baldi - ma abbiamo riscontrato un egual sviluppo delle aromatiche tra i corridoi e nell'area di controllo. C'è da tenere presente che l'ombreggiamento dei pannelli, che di norma potrebbe essere un fattore limitare, non ha comportato differenze significative nello sviluppo, fra pieno campo con tecniche standard rispetto alla coltivazione tra i pannelli, nei corridoi quindi".

 

Già dal primo anno, l'esperimento ha evidenziato un risparmio idrico, dovuto probabilmente proprio all'ombreggiamento, ma i dati sono da confermare.

 

Il test in Grecia sull'agrivoltaico è solo uno dei tanti che Enel Green Power sta portando avanti nel mondo. In totale al momento sono dieci, in cinque Paesi. In Europa Egp sta lavorando anche in Spagna e in Italia per un totale di 30 ettari coinvolti e 15 MW di potenza. Le prime sperimentazioni sono iniziate nel 2019, sempre su impianti fotovoltaici a terra, già in funzione. I primi dati sull'integrazione fra coltivazione agricola e fotovoltaico sono arrivati a fine 2020. "Per accelerare la raccolta dati abbiamo deciso di lavorare in impianti già in esercizio. Il tracker è a un'altezza di 2 metri, 2 metri e mezzo. Si coltiva sia fra i pannelli, nei corridoi, sia in alcuni casi sotto i pannelli, a seconda della coltura", ha raccontato Miriam Di Blasi, responsabile Environment and Impacts Mitigation, Innovazione di Enel Green Power.

 

"In termini di spaziatura dei corridoi - ha continuato - si va dai 10-11 metri ai 6 metri. Il primo anno di sperimentazione è servito a studiare il design, cerchiamo soluzioni sito specifiche che si sposino con il territorio. La nostra è una visione olistica, cerca di promuovere la collaborazione con gli agricoltori e con la comunità nella quale sono gli impianti. Abbiamo scelto di lavorare su impianti preesistenti perché sono più sostenibili a livello economico, non c'è bisogno di incentivi. In ogni caso coniughiamo l'agricoltura con la produzione di energia elettrica decarbonizzata".

 

In Europa Egp sta facendo tutti i test in area mediterranea. "Per la parte europea - ha continuato Miriam Di Blasi - abbiamo in test orticole, aromatiche di vario tipo, succulente come l'aloe, richieste per cosmesi e farmaceutica, piante da foraggio e piante mellifere. Per noi è importante anche integrare le aree marginali dell'impianto e sfruttare anche quella porzione di terreno. Per quanto riguarda i risultati in termini di rese, per quello che abbiamo potuto vedere fino ad ora la resa nei peperoni, coltivati nel nostro impianto a Totana, in Spagna, ha superato di oltre il 60% quella del pieno campo di controllo. L'aloe, sempre in Spagna, ha dato rese superiori del 20-30% e anche alcune aromatiche, per esempio il timo, ha dato rese superiori del 20%".

 

Aloe coltivata nell'impianto di Totana (Regione di Murcia, Spagna)

Aloe coltivata nell'impianto di Totana (Regione di Murcia, Spagna)

(Fonte foto: Enel Green Power)

 

Da tenere conto però che, nel caso di impianti che non permettono la coltivazione sotto i pannelli, ma solo nei corridoi, il terreno a disposizione per la coltivazione diminuisce.

 

Egp si dice già pronta a studiare soluzioni su misura a seconda delle proposte che arriveranno dagli agricoltori, senza la necessità di aspettare il bando per i finanziamenti da Pnrr. Invita pertanto gli imprenditori agricoli a farsi avanti (questa la pagina dove si possono chiedere informazioni e valutazioni in ambito agrivoltaico).

 

Per quanto riguarda invece l'accordo specifico per la collaborazione pratica, le ipotesi sono diverse e sono ancora al vaglio. "Le opzioni le stiamo ancora discutendo, dipende molto anche dalle esigenze dell'agricoltore, se ha esigenza di consumo di energia elettrica perché lavora le materie prime e le trasforma oppure se non ha necessità di energia, se non per l'irrigazione. Il tipo di rapporto quindi è da valutare in funzione delle necessità di energia dell'azienda agricola. Si può creare una comunità energetica oppure una utility scale".