Il platano comune o platano londinese (Platanus hispanica, sin. Platanus acerifolia, sin. Platanus hybrida) è un albero molto comune nei viali. Si tratta di un ibrido fra il platano orientale (Platanus orientalis L.), autoctono del Mediterraneo, ed il platano occidentale (Platanus occidentalis L.), originario dal Nord America ed introdotto in Europa nel 1636. Non è chiaro se l'ibridazione sia avvenuta accidentalmente in Spagna o in Inghilterra. Il nome comune "platano londinese" deriva dal fatto che si suppone che l'ibridazione sia avvenuta nel vivaio londinese di John Tradescant, un botanico del XVII Secolo.

 

La sua diffusione a partire dal XVIII Secolo è dovuta al fatto che era l'unico albero capace di sopravvivere al pesante inquinamento da carbone nella Londra dell'inizio dell'Era Industriale. Come spesso succede con gli ibridi, il platano comune è più vigoroso dei genitori. Contrariamente a quanto accade con molti ibridi, è in grado di produrre sementi che si conservano fertili per anni, anche se il tasso di germinabilità è basso, dell'ordine del 20-30% (2). La variabilità morfologica è anche grande, con esemplari che possono assomigliare di più ad una delle specie genitrici. La propagazione può avvenire indistintamente per sementi o per talea (1, già citato).

 

Propagazione per sementi

I frutti vanno raccolti preferibilmente a gennaio o febbraio e strofinati contro una maglia di acciaio fina per separare i semi. L'operazione richiede l'uso di maschera antipolvere per evitare di aspirare la peluria degli acheni, che è allergenica. La semina avviene in primavera, interrando i semi a 3-6 millimetri di profondità in file separate 15-20 centimetri, ottenendo densità da 55 a 110 piantine/m2. Il suolo va mantenuto sempre umido e preferibilmente ombreggiato durante il primo mese, fino alla germinazione.

 

Alla fine del primo periodo vegetativo, le piantine raggiungeranno altezze comprese fra 1 e 1,8 metri. A questo punto vanno strappate e messe a dimora con la loro radice, oppure tagliate a barbatelle di 10-20 centimetri di altezza e piantate in mucchietti di terra distanziati 1 metro, per essere definitivamente trapiantate quando avranno raggiunto 2-4 metri di altezza.

 

Propagazione vegetativa

Talee lunghe 20-30 centimetri e con diametro di 1-2 centimetri, aventi due o tre gemme, vanno prelevate preferibilmente dalla parte apicale nel mese di dicembre. Si piantano in vasi di 180-250 cm3 disposti in tunnel di plastica, mantenendo l'umidità al 60%. In queste condizioni, la percentuale di attecchimento è dell'86-94%.

 

Il platano comune viene coltivato principalmente come ornamentale in ambiente urbano e suburbano perché, oltre a resistere bene all'inquinamento atmosferico, è una pianta poco esigente. Tollera bene tutti i suoli purché profondi e umidi ma drenati - non tollera il ristagno - e può crescere anche parzialmente in ombra. In ambito agricolo viene poco sfruttato, quasi esclusivamente in siepi monofilari, da solo o abbinato ad altre specie.

 

Poiché è un albero che cresce velocemente si rende necessario potarlo frequentemente. I tagli sono punti di entrata per la Ceratocystis fimbriata, un fungo che provoca il cancro colorato del platano e che è particolarmente aggressivo, al punto che è obbligatorio l'abbattimento degli alberi infetti ai sensi dell'articolo 500 del Codice Penale - Titolo VIII, dal Dgr n° 291 del 26 gennaio 1988 e dal dm del 17 aprile 1998: "Disposizioni sulla lotta obbligatoria contro il cancro colorato del platano 'Ceratocystis fimbriata'". Altre malattie fungine del platano sono la antracnosi - causata dalla Gnomonia platani - e l'oidio, causato da Microsphaera platani.

La suscettibilità alle malattie è in parte genetica e quindi la piantumazione con esemplari ottenuti da semenzali anziché da talea garantisce una maggiore resistenza del filare o boschetto.

 

Tradizionalmente il platano viene coltivato in siepi monospecifiche governate a ceppaia o a capitozza, lungo canalette e scoline, con sesti d'impianto spesso inferiori a 2 metri. Le spinte di tipo produttivo e le disposizioni di tipo fitosanitario hanno portato allo sviluppo di modelli colturali in abbinamento ad altre specie arboree e arbustive destinate a ottimizzare la funzionalità globale della siepe e a evitare fenomeni di anastomosi radicale, possibile mezzo di diffusione di malattie fungine come il cancro colorato. La Foto 1 mostra un esempio di possibili abbinamenti del platano ad altre specie.

 

Siepe di platano per la produzione di legna da ardere con funzioni di frangivento, fascia tampone e consolidamento sponde

Foto 1: Siepe di platano per la produzione di legna da ardere con funzioni di frangivento, fascia tampone e consolidamento sponde

(Fonte foto: 2, già citato)

 

Dalle esperienze condotte da Veneto Agricoltura, la produttività di legna da ardere delle siepi di platani coltivati a ceppaia o capitozza bassa (meno di 1 metro), con interasse di circa 2 metri, dipende dal turno di ceduazione. Il turno di sei anni è risultato il più produttivo: 5,12 tonnellate di biomassa secca ogni 100 metri di siepe, di cui il 69% (3,53 tonnellate) di legna da ardere secca. L'umidità al momento del raccolto era di 54%. Essendo il platano una specie a legno duro, non vi è pericolo di marcescenza delle ceppaie dopo pochi turni di ceduazione: esse possono rimanere integre e produttive per oltre sessanta, settanta anni, come dimostrato dall'esistenza di vecchissime siepi campestri di platano ancora perfettamente produttive. A ciò contribuisce anche il turno relativamente lungo: turni di oltre cinque anni non provocano lo "spossamento" delle ceppaie, mantenendo nel tempo la capacità pollonifera delle stesse.

 

Un'esperienza condotta in Grecia (3) su boschetti a ceduazione breve conferma che il turno di sei anni è il più produttivo: 112,2 tonnellate di biomassa fresca per ettaro, con 51% di umidità. Ciò corrisponde ad una produzione media di biomassa secca pari a 9,16 tonnellate/anno.ettaro. I turni successivi risultano il 47% più produttivi.

 

Un'esperienza condotta negli Usa (4) - ma limitatamente al platano americano - ha confermato l'adeguatezza della specie alla gestione di boschetti a ceduazione breve su terreni marginali, senza irrigazione né fertilizzanti e con minimo diserbo. Con densità di 10mila e 5mila alberi/ettaro, la produzione di biomassa epigea su un turno di quattro anni è stata identica: 7,2 tonnellate/ettaro. Tuttavia, la taglia media dei singoli alberi è risultata più piccola nella tesi con 5mila esemplari/ettaro. In ogni caso, la produttività del platano americano è stata maggiore di quella del pioppo nero (Populus nigra). Lo scopo della ricerca non era però la produzione di legna da ardere, bensì di etanolo di seconda generazione.

 

In Italia esiste poca esperienza di coltivazione di platano in boschetti da biomassa. La produttività dell'arboreto rappresentato nella Foto 2 è stata calcolata estrapolando i dati disponibili delle siepi unifilari su un turno di cinque anni, come se fossero singole siepi separate 3,5 metri. Lo studio già citato stima dunque una produttività di 25 tonnellate/ettaro.anno al primo turno e fino a 45 tonnellate/ettaro.anno al terzo turno.

 

Sesto d'impianto di un ipotetico arboreto da biomassa adatto alla Pianura Padana

Foto 2: Sesto d'impianto di un ipotetico arboreto da biomassa adatto alla Pianura Padana

(Fonte foto: 2, già citato)

(Clicca sull'immagine per ingrandirla)

 

La legna di platano è poco adatta come legname d'opera perché non è particolarmente stabile: con l'essiccamento subisce incurvamenti e fessurazioni. Ma è ottima come combustibile (densità del legno essiccato all'aria 740,4 chilogrammi/m3, Potere Calorifico Inferiore (Pci) 3,40 kWh/chilogrammo tale quale).

 

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Poiché il 31% della biomassa del platano corrisponde a foglie e piccoli rami, il loro potenziale energetico non va sottovalutato.

Un'esperienza condotta dall'Università di Cracovia (5) ha esplorato l'utilizzo delle foglie di platano (da raccolta urbana) come materia prima per la produzione di pellet. Fra le diverse specie di alberi urbani studiati, le foglie di platano sono risultate quelle con il minore contenuto di ceneri. I pellet di foglie di platano avevano 12% di umidità, 11% di ceneri, temperatura di fusione delle ceneri 1.310-1.430°C, temperatura di ignizione 228°C, densità in mucchio di 612 chilogrammi/m3 e Pci 14,99 MJ/chilogrammo (4,16 kWh/chilogrammo). Sono dunque adatti come pellet per uso industriale, rientrando nella classifica di "pellet di biomasse non legnose" secondo la norma UNI EN ISO 17225-6:2014.

 

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Il potente apparato radicale del platano fornisce una serie di servizi ambientali in termini di immobilizzazione dei contaminanti, protezione contro l'erosione e carbonio sequestrato. L'albero fornisce un habitat di nidificazione per l'avifauna.

 

Bibliografia

(1) Jesus Peman Garcia, Jesus Cosculluela Gimenez, Alfonso Lopez Vivie; Platanus hispanica Mill. ex Münchh, capitolo del libro Producción y manejo de semillas y plantas forestales Tomo II, Ministerio Agricultura y MedioAmbiente (2013).

(2) C. Dalla Valle, L. Barella, F. Dalla Venezia; Il Platano Comune; schede di divulgazione Veneto Agricoltura.

(3) Panetsos, K.P. (1981). Biomass Yield of Short-Rotation Platanus Species in Greece. In: Margaris, N.S., Mooney, H.A. (eds) Components of productivity of Mediterranean-climate regions Basic and applied aspects. Tasks for Vegetation Science, vol 4. Springer, Dordrecht.

(4) Domec, JC., Ashley, E., Fischer, M. et al. Productivity, Biomass Partitioning, and Energy Yield of Low-Input Short-Rotation American Sycamore (Platanus occidentalis L.) Grown on Marginal Land: Effects of Planting Density and Simulated Drought. Bioenerg. Res. 10, 903–914 (2017).

(5) Mudryk, K.; Jewiarz, M.; Wróbel, M.; Niemiec, M.; Dyjakon, A. Evaluation of Urban Tree Leaf Biomass-Potential, Physico- Mechanical and Chemical Parameters of Raw Material and Solid Biofuel. Energies 2021, 14, 818.