Biocarburante o tequila dall’agave? Beh non è detto che sia un problema, perché le due produzioni potrebbero anche convivere.

Certo, gli scienziati hanno di recente messo in evidenza il grande potenziale della pianta anche come materia prima per biocarburanti, e non solo come come pianta ornamentale, per la realizzazione di amache e cappelli (panama) o bevande alcoliche famose come il Pulque, il Mezcal e la Tequila.

Questo perché l’agave, pianta originaria delle zone tropicali e subtropicali del continente americano, in particolare Messico, Indie occidentali e America Meridionale (ma che si può incontrare anche in area mediterranea) prospera in climi estremamente aridi, ad alte temperature e assorbe grandi quantitativi di CO2: caratteristiche ideali per produrre biocarburanti in un mondo surriscaldato senza aggiungere ulteriore stress ai suoli già impoveriti dall’aumento delle temperature e da produzioni intensive.

Le potenzialità dell’agave  sono messe diffusamente in evidenza in un articolo apparso sull’ultimo numero di Global Change Biology Bioenergy, in cui un team di ricercatori messicani, partendo dalla letteratura già esistente in materia, sottolineano l’alto tasso di produttività della pianta, paragonabile a quello del mais, con la differenza però che l’agave può crescere in suoli poveri, destinati a restare inutilizzati, e non richiede nuovi spazi per produzioni intensive.

Come sottolinea Garcia-Moya, docente di botanica, tra gli autori dell’articolo: “L’agave è un potenziale candidato per la produzione di biofuel in quanto non sottrae suolo alla produzione alimentare”. Anche perché dell’agave possono anche essere sfruttati “i residui rimasti nei campi dopo il raccolto o risultanti della produzione di mezcal e tequila, da cui si possono ottenere tonnellate di biomasse da utilizzare a fini energetici”. (f.n.)