Poter coltivare cereali perenni che producano granella, ed eventualmente anche foraggio, senza dover essere riseminati ogni anno aprirebbe degli scenari molto interessanti sia dal punto di vista agronomico che da quello ambientale.
Dal punto di vista agronomico vorrebbe dire ridurre notevolmente le lavorazioni del terreno, risparmiando carburante, tempo di lavoro e sementi.
Dal punto di vista ambientale tutto questo si tradurrebbe in una riduzione delle emissioni di gas serra - sia dovute al risparmio di carburante che alla minor mineralizzazione della sostanza organica del terreno – e in una migliore tutela del suolo, dal punto di vista della struttura, della conservazione della sostanza organica e della riduzione dell'erosione.
Inoltre da alcuni studi, altri aspetti positivi riguarderebbero anche un miglior utilizzo dell'acqua e dei fertilizzanti.
Prospettive quindi estremamente interessanti, soprattutto in un periodo come questo in cui dobbiamo fare i conti sia con l'aumento dei costi di produzione che con l'emergenza climatica e altre problematiche ambientali, prima tra tutte la tutela del suolo.
Ma a che punto è la ricerca sul tema dei cereali perenni?
Alcuni risultati stanno venendo dal lavoro portato avanti soprattutto negli ultimi vent'anni da ricercatori e istituzioni di tutto il mondo, in particolare Nord americani, australiani e cinesi.
L'obiettivo è quello di ottenere cultivar poliennali o incrociando specie coltivate ad alto rendimento con graminacee selvatiche perenni o domesticando specie selvatiche perenni con caratteristiche agronomiche e alimentari particolari.
La strategia di miglioramento genetico basata sull'incrocio di specie coltivate e specie selvatiche perenni (portata avanti con la tecnica dell'ibridazione interspecifica) ha portato ad ottenere, almeno a livello sperimentale, ibridi perenni di frumento, segale, riso e anche mais.
L'altra strategia, quella di coltivare graminacee selvatiche perenni, ha portato ad oggi al risultato più interessante, o per lo memo al più concreto, con la domesticazione di Thinopyrum intermedium, un cereale da granella americano che è diventato il primo cereale poliennale disponibile in commercio, registrato con il nome di Kernza®, selezionato da The Land Institute, un'organizzazione statunitense senza fini di lucro che si occupa di agricoltura sostenibile.
Attualmente il limite principale dei cereali poliennali è la minor produzione in granella. Da studi condotti sul Kernza® è stato visto che la produzione di granella può arrivare ad essere più bassa anche del 67% dopo il primo anno, rispetto al normale frumento annuale, per quanto abbia un contenuto di fibre e di proteine maggiore rispetto al grano tradizionale.
Il Kernza® comunque gode di un discreto successo commerciale, in circuiti di nicchia, sia per la produzione di prodotti da forno che anche per la produzione di birra.
Negli ibridi sperimentali ottenuti per incrocio tra cereali coltivati e graminacee selvatiche le riduzioni di produzione dopo il primo anno sono invece minori, rendendoli maggiormente confrontabili con i tradizionali cereali annuali e quindi più candidabili a un futuro utilizzo su larga scala.
La chiave di volta per sviluppare la coltivazione dei cereali poliennali sta nel renderli convenienti per gli agricoltori.
I modi per renderli economicamente e produttivamente sostenibili si basano principalmente sul loro impiego, oltre ovviamente al miglioramento genetico che potrebbe portare ad ottenere varietà più produttive.
I cereali poliennali infatti potrebbero essere interessanti da inserire in piani di rotazione in cui possano essere mantenuti due o tre anni per ridurre le spese di lavorazione e migliorare la struttura e la fertilità del terreno.
Per sfruttarli al meglio dal punto di vista produttivo è stata valutata anche la possibilità di usarli come foraggio o come pascolo dopo il primo anno.
Inoltre sono interessanti le consociazioni con vari tipi di leguminose, in particolare con i trifogli, che sono in grado di apportare azoto, di contrastare le infestanti e di arricchire il potenziale nutrizionale per gli animali quando la coltura viene usata anche come foraggio.
Inoltre possono essere utili per la coltivazione di terreni in pendenza per ridurre i fenomeni di erosione.
Un altro uso interessante dal punto di vista ambientale è quello di utilizzarli come strisce cuscinetto, per limitare la dispersione e il dilavamento dell'azoto, sfruttando meglio i fertilizzanti azotati e riducendo il rischio di contaminazione delle acque superficiali e di falda.
Attualmente, quindi, siamo ancora a un livello sperimentale, ma le potenzialità potrebbero essere sempre maggiori, soprattutto con un uso razionale, ben inserito negli specifici contesti colturali e ambientali presenti nelle varie aziende.
Per approfondire la tematica si rimanda ai seguenti articoli: