Un ettaro di orzo nelle campagne inglesi, nella contea di Shropshire per la precisione, è stato infatti seminato da un trattore a guida automatica senza che nessuno dicesse alla macchina dove andare. Il campo è stato diserbato e il trattore è passato per la fertilizzazione e i trattamenti anti-fungini. E infine, quando le spighe di orzo sono state pronte, una mietitrebbia a guida autonoma è entrata in campo e ha effettuato il raccolto, scaricando la granella in un rimorchio che seguiva il mezzo autonomamente.
A differenza di quanto si potrebbe pensare in campo non sono entrate grosse macchine. "Meglio usare trattori di piccole dimensioni e mietitrebbie leggere che non compattano il suolo e si possono muovere più agilmente", ha spiegato Jonathan Gill, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto. "La mietitrebbia che abbiamo utilizzato aveva venticinque anni ed è stata resa autonoma per l'occasione. Il fatto che sia larga solamente due metri permette di raccogliere informazioni molto più puntuali sulla produttività del campo".
"Abbiamo voluto dimostrare che non ci sono ragioni tecniche per cui un ettaro non possa essere coltivato da una macchina", ha spiegato Martin Abell, ricercatore di Precision decision, società britannica attiva nell'agricoltura di precisione. "Siamo stati i primi al mondo a far coltivare un campo interamente alle macchine, senza l'intervento umano. Abbiamo dimostrato che si può fare".
Gli agricoltori sono destinati dunque a scomparire? Assolutamente no, visto che l'uomo è ancora necessario per gestire le macchine che, come nel caso di Hands free hectar, di errori ne hanno commessi molti. Ma il loro ruolo sarà sempre più quello di specialisti che lavorano da dietro un computer, piuttosto che scarponi in campo.
Per ora l'esperienza dei farmers non è ancora replicabile, anche se già nel campo sperimentale rover autonomi hanno raccolto campioni di terreno per mappare il campo e droni hanno sorvolato l'orzo per monitorare lo stato di salute della coltura e raccogliere spighe per le analisi.
Il problema semmai è la barriera culturale e il costo dell'innovazione. Gestire una azienda agricola da dietro un computer è per molti agricoltori un controsenso, così come investire migliaia di euro in attrezzature, quando poi il mercato riconosce una remunerazione minima per gli sforzi fatti. Il campo di orzo inglese è costato 200mila sterline, anche se ovviamente si è trattato di un progetto sperimentale.
La questione deve però essere affrontata in prospettiva. In un mercato globalizzato il grano italiano è in diretta concorrenza con quello canadese o ucraino. Realtà che possono contare su estensioni enormi se paragonate alle nostre e costo della manodopera di molto inferiore, almeno nel caso dell'Europa dell'Est. In un futuro in cui un uomo potrà gestire migliaia di ettari di terreno grazie alla tecnologia i robot saranno lo strumento grazie al quale l'agricoltura nostrana potrà restare sul mercato.
Il costo della tecnologia deve poi essere visto come un investimento. Secondo Fixing Food, il report pubblicato da The Economist in collaborazione con il Barilla center for food and nutrition, quasi un quarto delle aziende agricole britanniche utilizzano l'agricoltura di precisione. Nesta, un think tank londinese, ha stimato che gli agricoltori britannici risparmiano circa mille euro ogni anno grazie ai trattori intelligenti dotati di Gps.
Negli Stati Uniti, da quando è stato introdotto per la prima volta l'uso della guida autonoma nella metà degli anni Ottanta, la produttività delle aziende agricole americane è aumentata di quasi i due terzi. Tra il 2004 e il 2015 l'uso di trattori con tecnologia Gps è passato dal 4 all'83%, mentre l'utilizzo di immagini aeree (principalmente attraverso l'uso di droni) è aumentato dal 16 al 51%.