Il vino italiano tiene nel complesso sui mercati esteri extra Ue, nonostante un periodo di lockdown da dimenticare per le vendite. A fare il quadro del mercato nel primo quadrimestre 2020 è l'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che registra una situazione a due facce: primo bimestre da record, il secondo, quello del lockdown, da dimenticare, con un aprile fra i peggiori di sempre.

Andando ad analizzare le performance a valore del periodo nei top 10 paesi importatori, l'Italia registra un +5,1% rispetto al 2019, grazie a ottime performance sul mercato Usa (+10,8%) e in Canada (+7,1%). Pesante il calo nel bimestre marzo-aprile, specialmente in paesi come la Cina (-48%), Svizzera (-26%) e Giappone (-5,2%).

Secondo l'Osservatorio del vino la crisi peserà ancora su un bene voluttuario come il vino, alle prese con un minor potere d'acquisto della domanda e lo smaltimento dell'invenduto nella ristorazione.
"E' un momento decisivo per il futuro del vino made in Italy – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – La crisi globale impone di fare ora scelte importanti, che influiranno anche sul lungo periodo. Vinitaly ha moltiplicato i propri punti di osservazione e in questi mesi che precedono il Wine2Wine Exhibition&Forum di novembre condurrà sempre di più le aziende e le istituzioni in un percorso di lettura condivisa e multicanale delle dinamiche di mercato del nostro vino nel mondo".

"I dati di aprile – sottolinea Denis Pantini, responsabile dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma – vedono un mercato made in Italy in flessione ma in grado comunque di rispondere alla crisi in maniera più efficace rispetto ad altri competitor, come la Francia. Ad aiutarci ci sono fattori come il miglior rapporto qualità-prezzo, l'ottimo risultato del mercato canadese, i dazi aggiuntivi sulla Francia e la buona penetrazione del prodotto tricolore nella Gdo americana".