Cresce l'export nei paesi terzi oggetto di trattati di libero scambio, come in Giappone e Corea del Sud, e con il Canada, grazie al Ceta. Sul mercato Usa, il principale di destinazione dell'export made in Italy, l'incremento è inferiore rispetto alla media del mercato, mentre in Cina l'unico vino in crescita è la tipologia sparkling.
"Il vino presenta la maggiore incidenza positiva fra tutti i comparti del made in Italy - sottolinea Giovanni Mantovani, direttore di Veronafiere - il record va salvaguardato puntando ancora di più sui mercati esteri emergenti e sulla crescita della fascia premium. La qualità del prodotto è indiscutibile, mentre le tensioni che spingono il prezzo al ribasso si potranno arginare solo accrescendo e andando a cogliere tutte le opportunità di mercato".
Nel primo semestre del 2019, l'export vitivinicolo ha registrato un +3,3% a valore che cela il calo nel mese di giugno (-7,6%), a causa del calo del prezzo medio. Brusca frenata per il prezzo dello sfuso, minore seppure in contrazione per l'imbottigliato. Il prezzo medio segna a livello globale un -5,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con punte del 7,9%.
Scendono le quotazioni in mercati importanti e maturi come Germania (-10,1%), Regno Unito (-3,6%) e Francia (-9,4%). Mediamente il vino italiano viene commercializzato a 2,9 euro/litro sui mercati mondiali, mentre nell'Ue a 2,3 euro/litro.
"La performance italiana nel primo semestre 2019 è la quarta migliore fra i maggiori esportatori - sottolinea il responsabile di Nomisma wine monitor Denis Pantini - Crescono più forte di noi la Nuova Zelanda (+13,2%), Cile (+8,2%) e Francia (+5,9%)".
Sul fronte dei mercati extra-Ue, a mantenere complessivamente in crescita l'export made in Italy sono gli sparkling, con un netto +9,8%. I mercati più vivaci sono Giappone (+15%) e Canada (+4,5%), dove gli accordi di libero stanno spingendo le vendite.
Rallentamento economico e scorte eccessive hanno invece bloccato in questo primo periodo dell'anno l'import cinese (-7,3%).