Goldoni succede a Gianpietro Bara, bresciano e, dallo scorso 2 ottobre, è anche presidente dell'Ordine di Mantova, che conta 160 iscritti.
"Ho accolto la recente nomina con entusiasmo - ha dichiarato Goldoni - e sono certo che la compagine del nuovo Consiglio saprà operare con determinazione per dare ulteriore impulso alle attività della Federazione lombarda". AgroNotizie lo ha intervistato.
Goldoni è contitolare di uno studio tecnico-agronomico in città, progettista di riqualificazioni ambientali e riforestazioni, ed è un esperto nella consulenza agli impianti di energia rinnovabile da biogas e biometano.
Presidente Goldoni, quali saranno le linee guida del suo mandato regionale?
"Abbiamo la necessità di accorpare i servizi degli ordini provinciali, in modo da razionalizzare il lavoro ed evitare di gravare eccessivamente sulle sedi periferiche. Questo garantirebbe la possibilità di poterci concentrare sulla qualità della formazione professionale, che sarebbe gestita in parte, ma più efficacemente, a livello lombardo.
L'altro punto chiave sul quale desidero incentrare parte dell'attività è la comunicazione. Dobbiamo essere più presenti non soltanto sui media, ma anche nella società. E non parlo di una visibilità fine a se stessa, ma di un dialogo attraverso anche i social media con i cittadini, oltre che con la filiera agricola e agroalimentare. Siamo poco visibili, poco conosciuti, nessuno sa cosa facciamo con precisione.
Un altro tema che mi sta molto a cuore, e che è pienamente condiviso dal Consiglio, è la tutela della professione. Molte volte ci capita che qualcuno svolga le nostre committenze, senza averne titolo o capacità. E questo non solo non è corretto, ma può essere anche pericoloso. Compito dell'Ordine degli agronomi è quello tutelare 'l'utente finale' e vigilare che chi esegue tali consulenze tecniche abbia la necessaria competenza".
Quali sono le competenze che vengono violate?
"Gli esempi purtroppo sono molti. A volte abbiamo a che fare con soggetti che compiono stime in materia agricola e non sono né agronomi né agrotecnici né periti agrari. Oppure si può cadere in situazioni di violazione quando ci troviamo di fronte architetti e ingegneri che progettano parchi e decidono autonomamente le piantumazioni senza avere le necessarie competenze per evitare problematiche future. Servirebbe la consulenza di un agronomo. Diventa comunque spiacevole fare un elenco dettagliato, quello che è sicuro è che negli ultimi anni la situazione è peggiorata. In Consiglio affronteremo tutti questi aspetti e individueremo le azioni necessarie per tutelare la professione".
Con la presidenza precedente è stato istituito un sistema di dipartimenti all'interno dell'Ordine degli agronomi, per confrontarsi in maniera costruttiva con le istituzioni. Tale sistema proseguirà?
"Sì, certamente. L'idea portata avanti sotto la presidenza di Gianpietro Bara si è rivelata vincente. Erano stati creati sei dipartimenti, composti ciascuno da una decina di agronomi professionisti, su diverse tematiche. Io facevo parte del dipartimento dei Sistemi naturali, montani e forestali.
La funzione dei dipartimenti è duplice: innanzitutto mette in rete le idee tra gli agronomi e, in seconda battuta, ci permette di essere più efficaci nel rapporto con gli enti. Senza dubbio li potenzieremo e adegueremo le diverse aree all'evoluzione della professione".
Come è cambiata negli ultimi anni la professione di agronomo? Quali sono i servizi più richiesti?
"L'agronomo ha aggiunto funzioni rispetto ad alcuni anni fa, continuando a svolgere attività di consulenza alle aziende agricole, dalle pratiche Pac alle misure del Psr, alle procedure sui nitrati, abbastanza diffuse nell'area padana. Oggi ci occupiamo anche di pianificazione territoriale, gestione dei sistemi verdi e di reti ecologiche, di energie rinnovabili e di gestione del paesaggio, tanto che all'albo degli agronomi possono iscriversi anche gli architetti paesaggisti.
Fra i nuovi compiti possiamo anche annoverare alcune funzioni di controllo della filiera agroalimentare, la tenuta di registri, del quaderno di campagna, delle certificazioni Global gap: sono nuove competenze che ormai seguiamo diffusamente. Ma sempre di più ci vengono richieste consulenza nell'applicazione delle nuove tecnologie come il telerilevamento, l'utilizzo dei droni, l'agricoltura di precisione".
Quanto è difficile analizzare i big data?
"Il problema dell'agricoltura di precisione è dato dalla difficoltà di gestire le macchine di raccolta dati su superfici poco estese e, quindi, è una soluzione poco richiesta dagli agricoltori. Ma con il miglioramento della tecnica potrà diventare un elemento distintivo per molte aziende".
Che ruolo pensa avranno gli agronomi fra dieci anni?
"Il futuro della professione passa attraverso una maggiore specializzazione e professionalizzazione. Per questo è necessario che gli agronomi di domani abbiano una spiccata attitudine all'innovazione e ad aprirsi al mondo esterno. Credo che in futuro saremo meno legati alla produzione primaria e saremo maggiormente coinvolti in dinamiche di sostenibilità, economia circolare, contaminazioni di materie e attività, senza per questo dimenticare i fondamentali. Ad esempio, già oggi ci sono agronomi che collaborano sul fronte del marketing agroalimentare, sulle reti ecologiche e sui cambiamenti climatici".
Quale futuro avrà la Pac?
"La Pac sarà sicuramente un elemento importante per le aziende agricole e si confermerà un'integrazione al reddito imprescindibile, soprattutto alla luce del fatto che l'agricoltura è sovvenzionata in tutto il mondo, allo scopo di assicurare le produzioni agricole e garantire un accesso all'alimentazione a tutti, almeno in via teorica. In futuro sarà ancora più marcato il legame fra agricoltura e ambiente e l'erogazione dei fondi sarà sempre più subordinato a buone pratiche agricole e ambientali, dal momento che si considera l'agricoltura come un bene pubblico. Conviveranno grandi produzioni di commodity e produzioni di nicchia, ultra-specializzate, che godranno di un maggiore valore aggiunto. Temo che con la prossima Pac saranno erogate complessivamente meno risorse, anche per effetto della Brexit".
Quale futuro, invece, per agricoltura ed economia circolare?
"L'economia circolare è una necessità per la sostenibilità del pianeta e un'opportunità per gli agricoltori, come integrazione al reddito. E' una questione economica ed etica insieme. Ma affinché si possa incentivare l'economia circolare gli agricoltori devono aprirsi all'esterno, collaborare, condividere idee, ma anche allo stesso tempo, se necessario, mezzi e fattori di produzione. Ci sono anche gli strumenti legislativi innovativi, quali i contratti di rete, che ritengo siano una soluzione applicabile per chi vuole sperimentare nuove forme di aggregazione e collaborazione in agricoltura".
Gli agricoltori sono maturi?
"Alcuni sì. E sarà necessario che gli agronomi accompagnino le imprese in questo percorso virtuoso. Hanno la competenza e la professionalità adatta alla sfida".
La Lombardia è una delle regioni europee più importanti per la zootecnia. E' ancora un fattore qualificante?
"Assolutamente sì. Purtroppo oggi la filiera zootecnica è nella spirale delle fake news ed è sotto attacco di fazioni che esprimono pareri legittimi, ma con modalità che possono suggestionare negativamente i consumatori. Bisognerebbe ritornare al buon senso e affidarsi ai pareri dei tecnici e degli scienziati. Questo vale per l'alimentazione che per gli insediamenti produttivi.
Nel Mantovano è stato indetto un referendum per ottenere il via libera sull'apertura di un allevamento di 10mila suini, in un'area a bassa densità di allevamenti e in una provincia che alleva circa 1,4 milioni di maiali. Ovviamente la popolazione, seppure con margini risicati, ha detto no. E questo nonostante il parere dei tecnici non avesse individuato alcuna criticità.
L'agricoltura e la zootecnia sono risorse per l'economia e per la vita. E' bene riflettere senza animosità, decidere serenamente e non cedere all'emozione. Allo stesso tempo, chi ha la responsabilità di allevare, deve lavorare in maniera trasparente".