Per gioco o meglio, come in una discussione da bar, proviamo un attimo a guardare l’orizzonte del mercato agroalimentare globale.

Un mercato che dovrà sopperire alle necessità di una popolazione mondiale crescente.
Crescente sì, ma crescente dove? Non certo in Europa, dove in tutti i paesi (in testa l’Italia) si affronta una crisi demografica di dimensioni epocali. Flebilmente crescente nelle Americhe – nettamente in aumento in Asia (ad eccezione del Giappone e della Corea del Sud) e soprattutto in Africa (e le onde migratorie causate dalla sovrapopolazione a noi italiani sono oggi piuttosto evidenti).

Da tempo il grande risiko mondiale per l’accaparramento dei terreni fertili è partito; a farne le spese, come al solito, pare il continente più debole (l’Africa).
E torna in mente allora la battuta paradossale, e profetica, di quell’economista statunitense che diceva che quando i cinesi avessero cominciato a usare in massa la carta igienica per le foreste del mondo sarebbero iniziati tempi duri.
In effetti la deforestazione nel mondo continua alla grande e c’è chi si preoccupa per il conseguente cambiamento del clima. Che, sempre che non si finisca tutti come gli atlantidei (sommersi dalle acque) potrebbe anche avere qualche aspetto positivo: per esempio la messa in coltura delle immense steppe transasiatiche.

La Russia secondo alcuni analisti si appresta a diventare non solo una potenza energetica ma anche una potenza agricola (qualche evidenza c’è già) e con essa anche altri paesi (non è detto che tutte le tensioni in Ucraina siano dovute solo al passaggio degli oleodotti).

Nei paesi ricchi il mercato è invece sempre più nettamente diviso fra poveri e ricchi. La classe media, diciamolo francamente, non sta passando un gran periodo e con essa il consumo di quei prodotti che gli esperti di marketing chiamano 'utilities'.

I poveri: questi mangiano le “commodities” offerte dal gran mercato globale (trovandole nei discount o in offerta).
Mentre i ricchi cercano sempre più spasmodicamente prodotti di fascia alta.

Il mercato del biologico per esempio si è trasformato, in un tempo relativamente breve, da nicchia a grande segmento di consumo. E le grandi multinazionali da anni fanno shopping nel settore.
Tanto per fare un esempio è notizia di questi giorni Unilever ha acquistato l’importante brand brasiliano bio Mae Terra (lo scorso mese aveva acquisto la bio inglese Pukka Herbs, qualche mese fa la bio Usa Sir Kensington’s).  

Oramai si sta andando 'oltre il bio'; ma di questo avremo tempo di parlare.