Non è una rivisitazione della celebre filastrocca di Gianni Rodari musicata da Endrigo, e nemmeno una cosa che ci può apparire scontata.
Sono i primi risultati del progetto Terra & acqua che vuole studiare l'impronta idrica dell'agricoltura, iniziando dalle produzioni vinicole e olearie, cioè il consumo di acqua per litro di vino o olio prodotto.
Il progetto Terra & acqua è nato su iniziativa di Water right foundation, la Fondazione per il diritto all'acqua, Cerafri - Centro per la ricerca e l'alta formazione per la prevenzione del rischio idrogeologico, società partecipata dall'Università degli studi di Firenze - e Quàlita, una importante realtà fiorentina dedicata alla comunicazione del cibo di qualità.
A condurre lo studio invece sono i ricercatori della Scuola di Ingegneria e della Scuola di Agraria dell'Università di Firenze.
Come spiga Mauro Perini, presidente di Water right foundation, il progetto Terra & acqua va nella direzione di aumentare la partecipazione di tutti per la salvaguardia della risorsa idrica per uno sviluppo responsabile, fatto coinvolgendo il più possibile sia chi produce, che chi distribuisce e consuma.
E dal canto loro i ricercatori fiorentini affermano che la quantità di acqua che serve per produrre un litro di vino o di olio, la cosiddetta impronta idrica, o water footprint, per dirla all'inglese, non è soltanto il risultato di un'equazione, ma rappresenta un punto di partenza per promuovere la consapevolezza dell'importanza della risorsa acqua nell'economia locale.
Il primo passo del progetto è stato quello di analizzare i consumi di acqua in tre aziende toscane usate come modello sperimentale.
E per farlo sono state scelte l'azienda Le Querce, nella zona di produzione del Chianti colli fiorentini, la Fattoria di Lavacchio a soli 18 chilometri da Firenze, e l'azienda La Poderina toscana sul monte Amiata in provincia di Grosseto, queste ultime due entrambe a conduzione biologica certificata.
L'idea di far partire lo studio su aziende che producono olio e vino l'ha spiegata Giorgio Federici del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell'Università di Firenze e presidente del Cerafri.
E' importante, come spiega Federici, che il messaggio della sostenibilità parta dalle due produzioni simbolo della Toscana e si traduca da un lato nel miglioramento e nell'ottimizzazione dell'uso dell'acqua in queste due filiere e dall'altro in un modello da esportare e far adottare a tutti gli altri settori dell'agricoltura regionale e non solo.
I primi risultati, presentati la scorsa settimana in un convengo a Firenze, hanno mostrato un consumo di circa due litri di acqua per un litro di vino e di venti litri d'acqua per uno di olio.
Valori che per il vino sono in linea con i dati di consumo idrico stimati a livello europeo. Mentre per l'olio si tratta dei primi dati in assoluto che si conoscono, come sottolineano i ricercatori.
Il consumo maggiore di acqua per tutte e tre le aziende è concentrato nella fase di lavorazione del prodotto.
Questo studio, come fanno notare i ricercatori, rappresenta la prima applicazione in Toscana della nuova metodologia ISO 14046, dedicata a certificare l'impronta idrica, per produzioni agricole e ha incluso anche altri indicatori ambientali in grado di tenere conto dei problemi relativi all'inquinamento delle risorse idriche, come l'acidificazione, la tossicità e l'eutrofizzazione di fiumi e mari.
Insomma, se per fare tutto ci vuole l'acqua, l'obbiettivo ora è che ce ne voglia sempre meno.