Quello che dice Franz Fischler, ex commissario europeo all’Agricoltura, la cui riforma fu decisamente rivoluzionaria (e forse non apprezzata fino in fondo dagli agricoltori), ha una portata dirompente. E non poteva essere diversamente. Il “papà” della prima Conferenza di Cork del 1996 – la prima fra l’altro che pose l’attenzione sulla necessità di uno sviluppo rurale autonomo rispetto alla Politica agricola – è stato chiamato a Cork a dare la propria benedizione. Quasi a imprimere una sorta di continuum con la prima dichiarazione.
Nessun commento specifico. Fischler vola alto e si tiene lontano da una disamina punto per punto. Però lancia messaggi di estrema importanza.
“Dobbiamo pensare a una nuova Pac e dobbiamo anche pensare a come superare la tradizionale struttura a pilastri – afferma -. Non è tanto decidere se ci sarà un Terzo pilastro con la nuova Pac, ma sarà fondamentale decidere se ci sarà e quale sarà un nuovo sistema da adottare nelle politiche future. Oggi viene approvata la dichiarazione di Cork 2.0 e tra 20 anni, quando io non ci sarò più, dovrete voi valutare se questi principi saranno ancora validi”.
Non mancano, poi, i complimenti per il lavoro svolto. Un lavoro di squadra, corale, che ha impegnato più di 300 stakeholder. “Se andiamo a confrontare la situazione attuale a quella del 1996 – osserva l’ex commissario austriaco – emerge chiaramente che c’erano alcune tematiche molto pertinenti, valide allora come oggi. In primis, il rapporto tra la politica per lo Sviluppo rurale e la Politica agricola. Nel 1996 la prima dichiarazione di Cork era più o meno un addendum alla Politica agricola. Parlavamo genericamente della costruzione del Secondo pilastro, cosa che poi è avvenuta”.
In futuro, prosegue Fischler, “il contributo della politica rurale deve essere maggiore e sono convinto che debba diventare la politica predominante in futuro. È un cambiamento necessario, che riguarda non solo cambiamento del contenuto, ma anche della struttura delle politica”.
Dovranno rimanere l’approccio dal basso verso l’alto, caratteristica anche della forza di una democrazia, ma non sarebbe male anche prendere esempio dalla politica statunitense. “Abbiamo sentito proprio oggi da Doug O’Brien, del consiglio politico rurale della Casa Bianca – spiega Fischler – che il presidente Obama ha introdotto un ruolo attivo per l’agricoltura direttamente alla casa Bianca. Non potrei immaginare Hogan che raccoglie tutti i contributi comunitari, dall’Agricoltura all’Ambiente. Eppure, credo sia fondamentale arrivare ad avere un approccio sistematico e non politiche settoriali”.
Rispetto al 1996, osserva Fischler, lo scenario è comunque cambiato notevolmente. “Nel 1996 eravamo soltanto 15 Stati membri e non 28 – dice -. Poi, eravamo qui a Cork qualche anno prima della crisi del 2008: all’epoca tutti pensavano che avremmo avuto una crescita grande e costante, con un alto tasso di sviluppo. Nessuno avrebbe immaginato che ci avrebbe colpito una profonda crisi, tanto che ancora oggi stiamo faticando a riprenderci da quest’ultima crisi”.
Vent’anni fa, aggiunge, “non avremmo nemmeno intuito il ruolo dei social network o delle telecomunicazioni nella evoluzione attuale. Motivo per cui, allora, nella dichiarazione di Cork non facemmo alcun riferimento al digital divide o alle comunicazioni satellitari, ma possiamo dire che tutti gli sviluppi degli ultimi 20 anni rispecchiano lo sviluppo delle tecnologie”.
“Anche la sigla Ogm era sconosciuta 20 anni fa e ancora meno avremmo potuto immaginare la Brexit. Così oggi ci troviamo in un momento in cui dobbiamo pensare se possiamo sviluppare qualcosa di specifico per lo sviluppo rurale. Esattamente come quando, all’inizio della rivoluzione industriale, nascevano e si sviluppavano strategie di sopravvivenza delle zone rurale, come le cooperative, o l’istruzione, la ricerca e nascevano tecniche moderne di agricoltura”.
Lo scenario futuro non è dei migliori per le aree rurali. “Secondo quanto leggevo recentemente in un prospetto – rivela Fischler – la popolazione rurale europea nei prossimi 20 anni si dimezzerà e scenderà a 100 milioni. C’è un rischio politico, dunque, che diventino marginali e che perdano un ruolo importante per il progresso delle nostre economie”.
Ma l’agricoltura non è soltanto economia e ambiente, e l’ex commissario europeo lo sa bene. “Non dimentichiamo la cultura rurale – raccomanda – perché senza tale livello culturale non potremo sviluppare la nostra futura identità”.