“Non mettiamo in discussione il prezioso e puntuale lavoro di Ismea – ha continuato Stefàno – ma su un ‘pigrizia burocratica’ che va a pregiudicare le performance di alcune ragioni tra le quali la Puglia. Basta osservare dal punto di vista statistico l’incremento della propensione all’export della Regione dove avviene lo sdoganamento, a scapito appunto di quella di origine. E’ il caso palese di Regioni come il Piemonte e il Trentino, dove tale propensione è a 3 cifre percentuali (rispettivamente 141% e 173%). Quindi, se è logico che una Regione non possa esportare più del 100% di quanto produce, come opportunamente segnalato nello stesso report di Ismea, tuttavia da questa percentuale dopata scaturiscono e si determinano ricadute penalizzanti e pesanti per interi territori. Una su tutte la ripartizione dei fondi Ocm vino, che costruisce le sue determinazioni avvalendosi anche dei dati Istat, fino ad arrivare a possibili interessi di appeal commerciali o per investimenti, che i privati potrebbero realizzare e che le attuali evidenze statistiche, per alcuni casi, potrebbero addirittura scoraggiare”.
“Per sanare questa distorsione – ha poi spiegato Stefàno – intendo proporre la convocazione di un tavolo tecnico presso il Mipaaf, coadiuvato da Ismea, Agenzia delle Dogane e Istat, affinchè vengano redatti, per le Regioni mancanti, i codici di nomenclatura combinata mediante i quali sarà possibile ricostruire il vero dato circa la propensione all’export delle Regioni, nonché contribuire a migliorare il sistema di informazioni su tali scambi”.
“Siamo in presenza di un paradosso – ha precisato il giornalista Andrea Gabbrielli, intervenuto accanto a Stefàno in conferenza – più cresce l’export di vino del Sud e più cresce la propensione all’export delle Regioni del nord dalla logistica più sviluppata. Infatti l’attuale sistema di rilevazione dei dati export fa riferimento al luogo di sdoganamento e di fatto non tiene conto dell’origine del prodotto. Tutto ciò risulta particolarmente penalizzante per tutte le Regioni meridionali e in particolare Puglia e Sicilia, che in questi anni hanno fatto grandi sforzi per l’internazionalizzazione. Si tratta di riconoscere, anche dal punto di vista statistico, questa realtà dei fatti. Il vino italiano è competitivo perché tutti contribuiscono al suo successo nello stesso modo”.