In Italia sono molte le imprese che vogliono fare innovazione in agricoltura e nel settore agroalimentare, ma spesso si scontrano con un problema apparentemente insormontabile: l'accesso al credito. Se in Italia i canali tradizionali di finanziamento sono quelli bancari, attualmente in grave difficoltà, nel resto d'Europa e negli States business angel, venture capitalist e crowdfunder sono ormai la normalità.

"Nel 2015 gli investimenti nel FoodTech e nell'AgriTech sono arrivati a 4,5 miliardi di dollari", racconta Jaleh Daie, managing partner di Aurora Equity. "La California è il centro di questa rivoluzione perché qui si concentrano le imprese tecnologiche della Silicon Valley e i più importanti distretti agricoli degli States".

Ad interessare maggiormente gli investitori è l'e-commerce che raccoglie il 36% delle risorse. Rientrano in questo comparto non solo la vendita diretta dei prodotti, ma anche ad esempio l'acquisto e distribuzione di pasti pronti e di materie prime. Segue la gestione dell'acqua con il 15% (la California sta attraversando un lungo periodo di siccità) e la robotica.

"Quando si parla di investimenti nell'AgriFood bisogna tenere presente che l'orizzonte temporale è di 5-8 anni, ben superiore rispetto ad altri business", sottolinea Maarten Goossens, co-fondatore di Anterra Capital. "In Europa non vediamo molto spirito di imprenditorialità, a differenza che negli Usa, dove ci sono molte aziende che si lanciano nel settore".

Quando una startup che cerca investitori si presenta ad un partner finanziario deve tenere ben presente che dall'altra parte avrà probabilmente una persona che non conosce il settore. Mentre nella net-economy o nel bio-medicale le strategie di business sono molto più rodate e gli investitori sanno come comportarsi e cosa aspettarsi, l'Agri&Food Tech è un mondo ancora tutto da scoprire.

Una risorsa interessante può arrivare dal crowdfunding, la raccolta cioè di denaro tra più persone che non necessariamente sono investitori professionali, ma che credono in una idea di business. "La nostra è la più importante piattaforma di crowdfunding nella FoodInnovation", racconta orgoglioso Rob Leclerc, ceo di AgFunder, società con 32 milioni di dollari già investiti in aziende. "Ci rivolgiamo a tutti gli investitori e vogliamo che chi ci mette il denaro partecipi alla crescita dell'azienda, traendone vantaggi non solo economici".

E in Italia c'è qualcosa di simile? La scena è piuttosto piatta: business angel e venture capitalist non sono molti. Il governo ha lanciato l'anno scorso un fondo che sostiene gli investimenti delle imprese e delle startup con un budget di 50 milioni, che salgono a 100 se si considera che ad ogni euro investito dal governo deve corrispondere un euro sborsato dal privato.

"Il food è l'Italia. E viceversa”, spiega Bernardo Mattarella, direttore della business unit Incentivi e Innovazione di Invitalia. "Noi conosciamo le materie prime, custodiamo la storia del cibo e abbiamo una reputazione nel mondo senza pari. Il cibo sarà la risorsa critica del futuro e per questo noi vogliamo essere degli attori di primo piano". Peccato che nei primi tre mesi del 2015 i venture capitalist hanno investito in Italia nel settore food appena 5,4 milioni di euro, contro i 900 dell'Inghilterra e gli 800 della Germania.

Le startup nostrane però non devono disperare, ci sono altri canali. In Italia, esemplare è il caso di Woop food, la prima piattaforma in Italia di micro-finanziamento collettivo (crowdfunding) a ricompensa (reward-based), che ha come obiettivo principale quello di sostenere le piccole realtà agroalimentari portavoce dell’eccellenza del made in Italy. iOliveKing of Truffles e Mais Corvino sono i primi progetti presenti sulla piattaforma di Woop food. Iconici nell’innovazione applicata al settore agroalimentare, i progetti si caratterizzano per avere un processo di trasformazione della materia prima attento alla salvaguardia dell’ambiente e di produzione finalizzato alla tutela del consumatore. 
In Italia ci sono inoltre molti incubatori e acceleratori che puntano a sostenere chi vuole fare innovazione. Un esempio interessante è il Parco tecnologico padano che seleziona imprese e idee nel campo del cibo e le fa crescere fornendo a chi vuole fare impresa infrastrutture, consulenti e un vasto business network.
 

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