Agricoltori italiani, forza! State per entrare in scena. Il palcoscenico è pronto e la platea è ampia… il mondo intero.  Mancano 5 mesi al fatidico 1 maggio, giorno di apertura dell’Expo e penso che molti agricoltori italiani (e molti operatori delle varie filiere) non abbiano ancora piena consapevolezza dell’occasione unica che questo evento rappresenta.
 
Una biodiversità agroalimentare unica
Gli agricoltori italiani sono in grado di offrire il maggior numero di specialità alimentari al mondo.
Non esiste altra nazione che possa vantare 247 produzioni agroalimentari a tutela comunitaria (Dop, Igp, Stg) e 521 tutele comunitarie nel settore vino (Docg, Doc e Igt).
In base ai dati dell'ultimo Censimento Istat, in Italia abbiamo la bellezza di 1.620.000 aziende agricole e ben 17 milioni di ettari destinati a produrre circa 250 diverse specie agroalimentari. La “biodiversità agroalimentare” italiana è unica al mondo.
 
Una capacità agrotecnica inimitabile
Gli agricoltori italiani hanno un particolare interesse per l’utilizzo di metodi produttivi sostenibili e rispettosi sia dei consumatori che dell’ambiente. Il primo “Piano nazionale di lotta fitopatologica integrata” è stato elaborato ed approvato dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste già dal 1987.
I dati Istat del 2012 evidenziano come negli ultimi 10 anni in Italia la quantità dei prodotti fitosanitari utilizzata in campo sia diminuita di 33.000 tonnellate, pari al 19,8% del totale e la quantità di sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari è diminuita complessivamente di 32.820 tonnellate (-34,7%). Questo grazie al crescente impegno delle aziende che producono i mezzi tecnici in Italia, dei tecnici e degli operatori del settore.
Nell’ultimo decennio sono risultati in forte crescita i prodotti fitosanitari di origine biologica, passati da 11,9 a 289,9 tonnellate; un ulteriore impulso verso un'agricoltura sempre più sostenibile.
 
I prodotti agroalimentari... 26 volte più sani al mondo
I grandi risultati raggiunti dagli agricoltori italiani sono confermati anche dai rapporti pubblicati periodicamente dall’EFSA in merito alla presenza di residui di prodotti fitosanitari presenti nelle derrate alimentari. Nel 2013 il rapporto dell’EFSA evidenzia che l’Italia ha registrato il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 %), inferiori di 5 volte a quelli della media europea (1,5% di irregolarità) e di 26 volte nei confronti di quelli extracomunitari (7,9%).
 
Il Bio in costante crescita
Gli agricoltori italiani sono bravissimi a fare agricoltura sostenibile e al contempo sono maestri anche nel settore biolgico.
Secondo i dati del Sinab (Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica) riferiti al 2012, in Italia le aziende agricole che praticano l’agricoltura biologica sono 43.815, pari al 2,7% del totale. La superficie coltivata bio è 1.167.362 ha, pari al 9% della Sau totale (12.885.186 Ha) ed i produttori bio riescono reggono alla crisi, tenendo sia nel settore della grande distribuzione, sia nei canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta ai mercati contadini, che attraggono un numero crescente di italiani che vogliono coniugare qualità e risparmio ma anche vicinanza col produttore.
 
Il consumatore vuole sapere
Contestualmente si sta assistendo ad un maggiore interesse del consumatore ad avere più informazioni su cosa mangia… In questo ambito stanno sorgendo diversi gruppi di opinione, primo tra tutti i Lohas, acronimo inglese di “Lifestyle of Health and Sustainability” (Stile di vita sano e sostenibile). Si tratta di persone che basano il loro "lifestyle" non sul denaro e sul consumo, ma sulla salute e la sostenibilità.
Si tratta di una corrente di pensiero che fu identificata per la prima volta già a metà degli anni '90 dal sociologo americano Paul H. Ray.  Sulla base dei risultati delle sue ricerche, Ray ha suddiviso la popolazione in tre gruppi: i conservatori, i modernisti e i “creativi culturali”. Ray si include tra questi ultimi. Per lui questo gruppo è pioniere di una nuova cultura che egli definisce “cultura integrale” con valori idealistici e spirituali più marcati.
I Lohas si preoccupano di più dei loro rapporti e dello sviluppo della loro personalità, sono più consapevoli dell’ambiente e più aperti a creare un futuro positivo e, solo in America, movimentano un mercato di 290 miliardi di dollari (http://www.lohas.com)
 
Tutto positivo ma…
Il prodotto c’è. La competenza c’è. La qualità c’è. Il consumatore è pronto.
Ma allora perché gli agricoltori italiani si lamentano e spesso sono costretti a svendere il loro prodotto?
Siamo di fronte ad un paradosso… spesso si "svende" un prodotto eccellente semplicemente perché non gli si sa dare il giusto valore.
In questo ambito l’agricoltura italiana sta commettendo alcuni errori grossolani…
Produce specialità ma vuole competere nei mercati delle commodity.
Produce benissimo ma non riesce a raccontarlo al consumatore.
Vive di individualismo aziendale quando dovrebbe “fare sistema” per affrontare un mercato globalizzato che non vede l'ora di acquistare il vero "made in Italy".
In pratica l'agricoltore crea un valore enorme… ma lo comunica male (a volte malissimo) a chi sarebbe disposto a riconoscerlo e pagarlo.
L’augurio per il 2015?
Mi auguro abbia inizio un nuovo Rinascimento dell’agricoltura italiana.
Auspico che chi detiene il potere di farlo (e in Italia sono in tanti, forse troppi...) sia consapevole di quanto vale l’agroalimentare made in Italy e sfrutti al massimo l’opportunità di far sapere… quanto sono buone e sane le nostre filiere!