La riforma della Pac ha trovato la quadratura del cerchio. Il negoziato fra ministero delle Politiche agricole e Regioni italiane si chiude e l’esito divide gli addetti ai lavori.
Come fra guelfi e ghibellini, le visioni e i commenti sono marcatamente distanti.

Il testo base adottato è quello dell’ultima proposta avanzata dal Mipaaf, con alcune modifiche presentate unitariamente dalla Conferenza delle Regioni. Per la prima volta il Nord ha presentato una proposta congiunta, tesa a sostenere con forza la zootecnia.
Nella definizione dell’intesa complessiva sul nuovo sistema di pagamenti diretti, nonostante la riduzione delle risorse rispetto alla programmazione 2007-2013, le scelte “sono state fatte privilegiando un criterio di equità, rispettando l’equilibrio territoriale, sintetizzando le numerose istanze provenienti dai diversi settori e rafforzando gli ambiti strategici dell’agricoltura italiana”. Così ha comunicato il ministero delle Politiche agricole.

Le principali decisioni sul Primo pilastro della Pac. Nella fattispecie, è stata decisa la ripartizione degli aiuti accoppiati, per i quali è stata fissata una quota all’11%, pari a oltre 426 milioni di euro, lasciando il 4% delle risorse al pagamento di base.
“Rispetto alla proposta del Mipaaf si è deciso di elevare di un punto percentuale la quota – dichiara l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava in linea con quanto avanzato dal blocco del Nord, assicurando la prevalenza degli aiuti alla zootecnia, che rappresenta un elemento di forte competitività per il futuro stesso del settore primario".

Sostanzialmente, si può parlare di una vittoria di Lombardia, Emilia-Romagna (il cui assessore, Tiberio Rabboni, lamenta l’esclusione della frutta dagli accoppiati), Veneto, Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Province autonome di Trento e Bolzano.
I settori sui quali sono state concentrate le risorse – comunica il Mipaaf - sono: zootecnia da carne e da latte, piano proteico e seminativi (riso, barbabietola e pomodoro da industria), olivicoltura.

Per incentivare il lavoro giovanile, è prevista la maggiorazione degli aiuti diretti nella misura del 25% per i primi 5 anni di attività per le aziende condotte da under 40, assicurando il livello massimo di plafond disponibile, pari a circa 80 milioni di euro.
È stata anche allargata la cosiddetta “black list”, escludendo dai contributi Pac le banche, le società finanziarie, assicurative e immobiliari. Quanto al capping, il tetto cioè sugli aiuti aziendali, si è deciso di applicare una riduzione del 50% dei pagamenti diretti sulla parte eccedente i 150.000 euro del pagamento di base e del 100% per la parte eccedente i 500.000 euro. In tale ambito è stato valorizzato al massimo il lavoro in quanto dal taglio saranno esclusi i costi relativi alla manodopera, salari stipendi, contributi versati a qualsiasi titolo per l’esercizio dell’attività agricola.

Sul piano della convergenza interna, si è scelto di considerare l’Italia come una regione unica, in modo da non suddividere il massimale nazionale degli aiuti in quote regionali. Un’altra vittoria della Lombardia e delle Regioni ad alto valore medio dei titoli.  
Individuate anche le misure di sostegno per le aree svantaggiate e di montagna, per le quali è stata individuata una diversificazione delle condizioni per essere considerati agricoltori attivi e un premio differenziato per il latte di montagna.
Si è deciso, inoltre, di intervenire in maniera integrata con altri strumenti quali i programmi di sviluppo rurale e l’Ocm ortofrutta, attivando una misura a favore del pomodoro da industria e una misura in favore della meccanizzazione nelle aree rurali. Soluzione, quest’ultima, che trova il plauso di Confai, “a patto che si superi in via definitiva la ghettizzazione delle imprese agromeccaniche. I tempi”, osserva il presidente della Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani, Leonardo Bolis “sono ormai maturi per superare steccati antiquati e dare spazio alla competitività vera del sistema agricolo nel suo complesso”.
Inoltre, è stato stabilito che nel 2016 verranno effettuate verifiche sull’operatività e sull’attuazione delle nuove misure, alla luce anche delle scelte che verranno compiute dagli altri partner europei.

Le reazioni della politica. “L’accordo arriva dopo un lungo lavoro con le Regioni – ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina che ci consente oggi di scrivere un capitolo importante della nuova Pac, mantenendo l’impegno di chiudere entro il mese di maggio. Abbiamo fatto scelte decisive per il futuro e per il rilancio dell’agricoltura, guardando in particolare a settori strategici come la zootecnia e l’olivicoltura e programmando un piano proteico nazionale e il sostegno a colture come la barbabietola, il riso e il pomodoro da industria. Fondamentali anche le scelte di una più equa distribuzione delle risorse. Abbiamo privilegiato il lavoro e i giovani, proprio perché questo settore può essere protagonista del rilancio economico del Paese”.

“Ringrazio i colleghi assessori – ha dichiarato l’assessore della Regione Puglia e coordinatore nazionale degli assessori regionali all’Agricoltura, Fabrizio Nardoniper il grande senso di responsabilità dimostrato nel costruire una proposta unitaria, che testimonia la volontà di dare agli agricoltori più tempo possibile per adeguarsi alla riforma. Pur nella difficoltà della nuova Pac, il sistema delle Regioni, collaborando con il ministero, è riuscito a trarre un’intesa complessiva a favore del sistema agricolo e che tiene conto delle difficoltà dei settori produttivi”.

Si definisce soddisfatto anche l’assessore lombardo Fava, uno degli strateghi a tutela dell’agricoltura del Nord. “Il negoziato si è chiuso rispettando la volontà della Lombardia e delle Regioni del Nord, che ieri mattina si sono presentate in maniera compatta alla Conferenza delle Regioni con una proposta di mediazioni – afferma Fava –. Questo ha portato a un compromesso che, se è vero che non ci soddisfa pienamente perché avremmo voluto ridurre al minimo le categorie dei beneficiari, è altrettanto innegabile che nell’assegnare un plafond dell’11% delle risorse per gli aiuti accoppiati, riconosce la prevalenza alla zootecnia”.
D’altronde, prosegue Fava, “quando si lavora congiuntamente per sostenere gli agricoltori i risultati poi si ottengono. Anche se sono consapevole che il risultato ottenuto è frutto di una mediazione e che, indubbiamente, avremmo preferito qualcosa in più, ma alla fine ha prevalso il buon senso. Ringrazio il ministro delle Politiche agricole per l’atteggiamento rispettoso delle prerogative delle Regioni e per aver cercato a lungo una soluzione condivisa in larga misura dagli attori della Conferenza delle Regioni”.

Decisamente meno soddisfatto il senatore Dario Stefàno, componente della Commissione Agricoltura a Palazzo Madama e precedente coordinatore della Conferenza delle Regioni. “Siamo di fronte a un’Italia e a un’agricoltura divisa a metà, con un occhio di preferenza a un settore che caratterizza soprattutto una parte del Paese, spero solo casualmente, cioè la regione e l’area di provenienza del ministro Martina. L’Italia agricola divisa a metà tra Nord e Sud in una logica di autonome rivendicazioni non è strategica per gli interessi del Paese”, afferma Stefàno.

E i commenti del mondo agricolo. Positivi i commenti del numero uno di Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini, e Roberto Moncalvo, presidente nazionale. “Un plauso particolare all’assessore all’Agricoltura di regione Lombardia Gianni Fava per l’impegno dimostrato e al ministro delle Politiche agricoli Maurizio Martina per gli importanti risultati ottenuti”, dichiara Prandini, sull’attuazione in Italia della Politica agricola comune 2020, che vale 52 miliardi di euro.
“L’importante accordo raggiunto dal ministro e dagli assessori regionali – commenta il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo - rappresenta un esempio positivo di politica che sa decidere in tempi brevi, nell’interesse dei veri imprenditori agricoli e contro rendite ormai insostenibili, superando i particolarismi dei vari territori ed effettuando scelte strategiche per il futuro dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiani”.

Giudizio “totalmente negativo”, con riserva di conoscere più approfonditamente i dettagli del documento negoziale, da Agrinsieme. “Si prefigura un’intesa politicamente insignificante e dannosa – scrive il patto di sindacato costituito da Cia, Confagricoltura e Alleanza delle Cooperative - che mortifica l’agricoltura italiana con misure ora poco incisive ora invece addirittura penalizzanti per quegli operatori che fanno crescita e occupazione per il Paese”.

Pende più verso la bocciatura la valutazione di Copagri, che attende di conoscere meglio i risvolti dell’accordo. “Come prima sensazione – dichiara il presidente di copagri, Franco Verrascina - ciò che emerge parerebbe essere una sorta di spezzatino, che sicuramente non farebbe il bene dell’agricoltura italiana. Abbiamo un potenziale da valorizzare e da esaltare e non da disperdere. I nostri produttori agricoli sono stati penalizzati dal taglio effettuato sui fondi destinati al primo pilastro e non meritano, anche in considerazione di quanto il settore alla base del sistema agroalimentare Made in Italy ha espresso ed esprime in questa fase di crisi economico finanziaria, un’applicazione della Pac che non sia vera leva di sviluppo con evidenti ricadute positive. Noi eravamo e siamo per far prevalere l’interesse generale e per promuovere strategie funzionali alla produzione agricola italiana”.