La proposta presentata dall'esecutivo di Bruxelles lo scorso 22 gennaio era stata, infatti, duramente contestata dalle associazioni ambientaliste che l'avevano giudicata troppo prona agli interessi delle grandi industrie e troppo poco verde. Adesso toccherà pronunciarsi al Consiglio Ue Ambiente ed energia il prossimo 3 e 4 marzo.
2030: obiettivi vincolanti
40 per cento in meno di CO2, un 30 per cento in più di energie rinnovabili e un 40 per cento in più di efficienza energetica entro il 2030 e rispetto a valori del 1990.
Sono questi gli obiettivi obbligatori che gli eurodeputati hanno chiesto alla Commissione europea (341 a favore, 263 contro e 26 astenuti) con il voto di martedì 5 febbraio a Strasburgo. Una posizione inaspettatamente verde tanto che uno dei due relatori della risoluzione, il polacco conservatore Konrad Szymanski, ha chiesto che il proprio nome venga tolto dal testo finale.
Più soft la proposta originale della Commissione europea (presentata il 22 gennaio scorso): 40 per cento di taglio di CO2 obbligatorio solo a livello europeo e non in tutti gli stati, un obiettivo vincolante sempre a livello Ue per portare la quota delle energie rinnovabili almeno al 27% e la promessa di parlare di efficienza energetica il prossimo giugno.
La contestazione delle associazioni ambientaliste
Dure le critiche degli ambientalisti in queste settimane. Le associazioni hanno duramente attaccato l'Esecutivo di Bruxelles per non aver imposto l'obbligo di questi obiettivi in tutti i Paesi Ue, per la mancanza di ambizione generale e il rimando a giugno dell'efficienza energetica.
Greenpeace, in particolare, ha attirato l'attenzione sul fatto che lo stesso 40 per cento previsto per riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) in realtà si tradurrebbe in circa il 33 per cento visto l'accumulo di quote di CO2 a disposizione delle grandi industrie europee all'interno del sistema di mercato di quote Emissions Trading System–ETS. Per evitare il crollo del prezzo sul mercato delle quote di CO2 e vanificare l'effetto dell'intero sistema, lo stesso Parlamento europeo, lo scorso dicembre, aveva chiesto il congelamento delle vendite di quote di C02, il cosiddetto “backloading” che dovrebbe far aumentare il prezzo per l'emissione di una tonnellata di CO2.
Europa in ordine sparso
Posizioni diverse in Europa. Mentre una zoccolo duro di 14 Paesi Ue, tra cui l'Italia, la Gran Bretagna è fermamente opposta a target obbligatori di energie rinnovabili. Il 4 dicembre scorso il Premier britannico, David Cameron, ha scritto anche lui a Barroso chiedendo un unico obiettivo ambientale, invece che tre distinti.
La posizione dei diversi governi nazionali conta eccome, visto che adesso sulla questione dovrà pronunciarsi il Consiglio Ue Ambiente ed energia il prossimo 3 e 4 marzo e poi in via definitiva il Consiglio europeo il 20-21 marzo.
Il no dell'industria
Il mondo dell'industria ha posizioni contrapposte. Secondo Greenpeace, compagnie energetiche come GDF-Suez, RWE, Eon, Enel e Vattenfall si sono opposte a ogni obiettivo vincolante di energia rinnovabile ed efficienza visto che stanno investendo massicciamente su fonti come carbone, gas o nucleare.
Il pacchetto clima-energia Ue 2030 si basa sugli attuali obiettivi 2020 e su quelli più generali della tabella di marcia per l’energia e per un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio per il 2050, ovvero ridurre entro tale data le emissioni di gas serra dell’80-95% rispetto ai livelli del 1990.