Più flessibilità nell’uniformare a livello nazionale o regionale gli aiuti diretti per gli agricoltori, l’obbligatorietà (o meno) delle misure per i giovani ma anche per il riconoscimento delle Organizzazioni di produttori.
Questi gli argomenti trattati al Consiglio Agricoltura che si è svolto a Lussemburgo lunedì 22 e martedì 23 ottobre. Gli argomenti restano ancora sul tavolo, ma emergono sostanziali sviluppi nel dibattito.

Convergenza interna, la Commissione europea proporrà elementi di flessibilità

Tra gli elementi che la Commissione europea si propone di introdurre tramite la riforma della Politica agricola comune (Pac) vi è l’avvicinamento dei sostegni al reddito percepiti da due agricoltori in due diversi Paesi membri (cosiddetta “convergenza esterna”), ma anche all’interno dello stesso Paese (“convergenza interna”), che ad oggi possono differire considerevolmente.
Per quanto riguarda la convergenza interna, in discussione durante lo scorso Consiglio, la proposta dell’Esecutivo di Bruxelles prevede di allineare i pagamenti a un livello di riferimento per ettaro, valido a livello nazionale o regionale.
La maggior parte degli Stati membri, però, chiede una transazione graduale e propone soluzioni alternative in questo senso.

Dall’incontro con il Commissario alle politiche agricole, Dacian Ciolos, è emersa la volontà di quest’ultimo di andare almeno in parte incontro alle esigenze degli Stati membri: il responsabile Ue, infatti, si è detto "disposto a integrare la proposta", entro fine dicembre, con elementi di flessibilità a patto che si introduca una “convergenza genuina, e non fittizia”.
“Rimango aperto alla discussione – ha detto – e prenderò in considerazione le soluzioni politicamente credibili e tecnicamente fattibili”.

Numerosi gli Stati membri che invocano la necessità di vedersi accordata una “ragionevole flessibilità”: in prima fila al fianco dell’Irlanda, prossimo Paese ad assumere la presidenza, Italia, Spagna, Portogallo (ma l’elenco non è certo finito qui). La posizione è che l’approccio debba assomigliare a quello della convergenza esterna, dove i sostegni agli agricoltori si avvicineranno a un valore medio: rimarranno così delle differenze, che saranno però assottigliate.
“L’introduzione di un contributo uniformato per ettaro a livello nazionale o regionale entro il 2019 – ha riassunto il ministro irlandese, Simon Coveneyprovocherebbe un massiccio trasferimento dagli agricoltori più produttivi a superfici più marginali e meno produttive”.
“Non se ne parla
– ha rincarato il ministro Mario Catania né nel 2019 né nel settennato (2014-2020). Il massimo che possiamo fare è un avvicinamento, mantenendo però un'ampia flessibilità''.


Divisione sul riconoscimento obbligatorio delle Op

Sentimenti misti tra i governi nazionali circa la proposta della Commissione europea di estendere il riconoscimento obbligatorio delle Organizzazioni dei produttori (Op), così come esiste nel settore ortofrutticolo, anche alle altre filiere agricole.
È generalmente condiviso l’obiettivo di fondo: trovare soluzioni per permettere ai produttori, spesso deboli all’interno della catena alimentare, di essere rappresentati e poter così contrastare lo strapotere della Grande distribuzione, per aumentare i loro ricavi.
Ma restano divergenze sul metodo.
Contro il riconoscimento obbligatorio delle Op si schierano una dozzina di capitali, tra cui molti Paesi liberisti, come Regno Unito, Danimarca, Svezia, Irlanda, contrari a imporre troppe regole alla concorrenza e comunque intenzionati a rimettere la decisione a livello nazionale.
La loro posizione è che i produttori debbano essere messi in condizione di collaborare maggiormente, e avere quindi un peso maggiore, ma senza distorcere il mercato interno.


Giovani agricoltori, Stati membri al fianco della Commissione per l’obbligatorietà dello schema

Sembrano invece convergere maggiormente attorno all’idea della Commissione europea gli approcci dei governi nazionali circa le misure da adottare per promuovere l’accesso dei giovani in agricoltura.
Anche in questo caso, il nodo è l’obbligatorietà o meno dei provvedimenti per stimolare chi ha meno di 35 anni a entrare in questo settore.
L’Italia, insieme a Spagna, Ungheria, Francia, Portogallo, Romania, Lussemburgo, Lituania, Grecia e Irlanda, sostiene che le misure debbano essere obbligatorie: ''si va sempre in giro a spiegare ai giovani che faremo politica per loro – ha spiegato il ministro Catania allora se vogliamo essere coerenti dobbiamo rendere il sistema obbligatorio, altrimenti sono solo chiacchiere”.
Una decina di Stati membri rimane però dell’idea opposta e ritiene che il programma per i giovani debba essere facoltativo e adattato a livello nazionale per rispondere alle esigenze diverse in ogni Stato membro.