In realtà, un piccolo ritardo c’è nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma nessun problema, come informa una nota del ministero delle Politiche agricole: il testo è a disposizione sul sito.
Avanti tutta, quindi nel segno della trasparenza, con la rivoluzione commerciale. Il piatto forte della nuova normativa, come si ricorderà, contiene: obbligo di contratti scritti tra venditori e acquirenti; tempi certi per il pagamento del prezzo pattuito di 30 giorni per i prodotti deperibili e 60 giorni per le altre categorie merceologiche (il conteggio decorre dall’ultimo giorno del mese in cui viene emessa la fattura); pesanti sanzioni per scoraggiare le pratiche commerciali sleali.
Rispetto al testo originale, il decreto interministeriale firmato dai ministri Mario Catania delle Politiche agricole, e Corrado Passera dello Sviluppo, ci sono stati alcuni ritocchi per tener conto di alcune osservazioni contenute nel parere, comunque positivo, espresso dal Consiglio di Stato.
Tra queste, la più rilevante riguarda la pratica sleale riferita a un prezzo palesemente inferiore ai costi di produzione, che nella versione finale fa riferimento al costo medio di produzione e non quello della singola impresa. Ritoccate anche le condizioni per la deroga all’obbligo della sottoscrizione dei contratti, che può essere concessa solo quando ci sono elementi di certezza per individuare i contraenti.
Insomma, semplici aggiustamenti tecnici. Per il resto, il ministro Catania non ha invece mollato di un centimetro di fronte alla forte pressione esercitata anche dai “poteri forti” dell’industria e del commercio che chiedevano a gran voce e anche per iscritto una moratoria della nuova normativa per non meglio precisati aggiustamenti e chiarimenti interpretativi.
Il ministro non ha chiuso la porta in faccia a nessuno: ci sarà tempo e modo, se necessario, di fare le modifiche che l’esperienza in campo dovesse indicare come necessarie per oliare i meccanismi.
Ma di proroga non se ne parla: del resto, ha ricordato, per rinviare l’applicazione di una legge ci sarebbe bisogno di un’altra legge “e non mi sembra proprio il caso”.
Si parla e si denuncia, giustamente, il teatrino della politica. Ma anche quello offerto da molte delle associazioni dei cosiddetti operatori del settore, non è stato certo da meno.
La divergenza più clamorosa si è avuta in casa della Confindustria, dove pochi giorni prima dell'entrata in vigore della legge il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, con una lettera congiunta con il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha chiesto uno slittamento delle nuove norme e sollecitato un incontro con il ministro Catania per una attenta valutazione dell’impatto economico molto pesante che le nuove regole sui pagamenti potrebbero avere sulle imprese industriali e del settore distributivo.
Ci deve essere stato un evidente problema di comunicazione all'interno di Viale dell'Astronomia, visto che era stata proprio Federalimentare - cioè la Federazione degli industriali alimentari aderente a Confindustria - a premere da anni con operazione di lobby in Parlamento per risolvere il problema dell’eccessiva dilatazione dei tempi di pagamento troppo lunghi imposta dallo strapotere della Gdo.
Ma anche all'interno della stessa Federalimentare, una casa comune dove convivono una dozzina di famiglie merceologiche che la grave crisi dei consumi interni spinge a una concorrenza sempre più spietata, il fronte non è proprio compatto.
E c'è anche chi ritiene che a convincere il presidente di Confindustria a scendere in campo siano state alcune associazioni dei settori non deperibili (pagamenti a 60 giorni) a fronte dei prodotti freschi deperibili (30 giorni).
Più coerente la posizione di Fedagri-Confcooperative, il cui presidente Maurizio Gardini ha ribadito l’importanza della legge che dà più trasparenza alle relazioni commerciali, ribadendo la disponibilità del mondo cooperativo a sedersi attorno a un tavolo per discutere le modifiche che l’esperienza dovesse indicare necessarie.
Un testa-coda da manuale arriva invece da Confagricoltura, autorevole rappresentante di quel mondo agricolo al quale il ministro Catania aveva dichiaratamente "dedicato" questa legge.
Ricorrendo alla più classica forma retorica della preterizione, il presidente degli imprenditori, Mario Guidi, affida a una nota il suo commento. "Un provvedimento utile per gli agricoltori, ma che rischia di creare problemi ad alcuni comparti importanti come, ad esempio, florovivaismo e zootecnia. L’estensione, a questi ed altri settori, delle nuove regole commerciali non ha tenuto conto delle dinamiche di specifici mercati, soprattutto nelle contrattazioni internazionali. Rischiamo di far crollare la competitività delle nostre aziende, perché saranno preferiti fornitori di altri Paesi che operano con condizioni più flessibili”.
Più pragmatica la Coldiretti, il cui presidente Sergio Marini sottolinea il rischio-boomerang che le nuove norme potrebbero avere sugli agricoltori: “Il rispetto dei termini di pagamento non deve rappresentare un alibi per la parte acquirente a rivedere al ribasso i compensi che spettano ai produttori. Sarebbe questo un atto gravissimo che denunceremo con tutta la nostra forza”.
Il futuro dirà se la “legge Catania” riuscirà a dare veramente una mano agli agricoltori e alle sue strutture economiche, rafforzandone il potere contrattuale. Sicuramente ci vorrà del tempo e anche il mondo agricolo deve imparare ad aggregarsi e a presidiare il mercato in modo più organizzato.
L’esperienza comunque insegna che quando una legge scontenta tutti, o quasi, ha buone possibilità di essere una buona legge.
Se poi, addirittura, sul fronte della contestazione - manifestata con il solito rito della richiesta di proroga proprio alla vigilia della sua entrata in vigore - si schiera anche una fetta importante dei "portatori di interessi" che quella legge
avevano fortemente caldeggiato, allora si ha la "ragionevole certezza" che il legislatore ha centrato il bersaglio.
Buon contratto a tutti con l’articolo 62.