La classe dirigente italiana è vecchia, e questo lo si sapeva già.

Ora però, grazie al puntuale report presentato dalla Coldiretti proprio in occasione dell’Assemblea dei suoi giovani iscritti, abbiamo anche i numeri: 59 anni la media, con punte di 67 anni per i presidenti e gli amministratori delle banche, in buona compagnia dei vescovi della Chiesa Cattolica.
E così via andare: governanti, senatori e professori universitari.

Quello che forse non sapevamo, almeno a me era sfuggito, è che la classe dirigente anagraficamente più verde è proprio quella della Coldiretti: sommando l’età di tutti i presidenti regionali della potente organizzazione, fratto il numero delle sedi, si arriva a una media di 47 anni. Per essere un settore primario, tanto di cappello.
Se si tiene conto che lo stesso presidente nazionale viaggia largamente al di sotto dei 50, possiamo tranquillamente dire che lo Stato maggiore della Coldiretti è decisamente più giovane degli alti papaveri della galassia istituzionale e associativa in generale.

Non altrettanto però si può dire per la 'truppa', vale a dire la base associativa rappresentata dagli agricoltori italiani.
Certo, le 10mila nuove aziende agricole sbocciate nel primo trimestre di quest'anno, nel pieno della crisi, sono un segnale importante. Tanto più che protagonisti di queste start up sono proprio le nuove generazioni.

Ma a guardare le statistiche ufficiali italiane ed europee, non c'è molto da stare allegri. Le prime elaborazioni del Censimento agricolo Istat indicano che negli ultimi 10 anni la quota dei capoazienda con meno di 30 anni è salita al 2,5% contro il 2,1%; un aumento dello 0,4% che non sposta di un metro in avanti il problema del ricambio generazionale.
Se poi si tiene conto che nello stesso decennio il numero complessivo delle aziende agricole è crollato del 32%, con una forte incidenza delle realtà più piccole e dei conduttori più anziani, la crescita allora diventa virtuale.

La scarsa presenza di giovani nell'agricoltura italiana è messa a nudo anche dal confronto europeo. I dati Eurostat sono forse un po' datati, ma comunque emblematici: 2,7% la quota delle aziende agricole condotte in Italia dagli under 35, contro una media di oltre il 7% di partner concorrenti come Francia e Germania.
L'asticella della presenza giovanile si alza al 6,9% se si prende a riferimento il parametro utilizzato dalla Politica agricola comune che nella sua politica di sostegno al primo insediamento considera ancora giovane l'agricoltore fino a 40 anni. Ma, come ci insegnano alle elementari, invertendo l'ordine dei fattori il prodotto finale non cambia.

Da anni la Pac si è posta il problema dello svecchiamento dell'agricoltura europea, investendo ingenti risorse non solo per il giovane che decide di restare a lavorare nei campi, ma anche favorendo la mobilità in uscita degli agricoltori più anziani con incentivi al prepensionamento. I risultati, come abbiamo visto, sono stati finora abbastanza modesti.

Ancora meno è stato fatto sul piano della politica agricola nazionale, ammesso che si possa parlare di un progetto italiano per il futuro del settore, visto che l'ultima legge pluriennale di spesa risale a metà degli anni Ottanta e che quasi quattro miliardi di euro sono stati buttati nel pozzo senza fine delle multe latte, mai pagate da chi aveva disapplicato i vincoli delle quote produttive, ma trasferite d'ufficio a carico dell'intera collettività.

L'unica cosa che ha funzionato nell'ultimo decennio sono stati gli sgravi fiscali sulle cosiddette attività connesse e sulla diversificazione produttiva, come dimostra l'immancabile parata di curiosità e novità produttive inventate dai giovani che accompagnano le grandi manifestazioni della Coldiretti.

Ma quanti milioni di quintali di zenzero e coriandoli, o tonnellate di agrodetersivi bisognerà produrre per proiettare nel futuro le lancette dell'economia agricola italiana? Anni fa si parlava di babaco e jojoba, chi ne ha sentito più parlare? Finora era andata bene con il fotovoltaico, ma subito gli squali della speculazione hanno azzannato il business, costringendo il ministro Catania a firmare un 'editto' sul silicio: basta pannelli sui suoli agricoli, chi vuole gli incentivi si accomodi sul tetto delle stalle.

La grande opportunità potrebbe essere la dismissione dei terreni pubblici, che secondo la direttrice della legge dovrebbe privilegiare proprio i giovani.

Secondo la Coldiretti con i 338mila ettari in palio potrebbero nascere oltre 43mila nuove aziende prevalentemente di giovani.
Forse, visto che da una prima ricognizione in campo gli ettari sarebbero meno del previsto.

Si vedrà. Per ora, l'agricoltura italiana resta un settore per vecchi, anche se la sua dirigenza si aggiudica il concorso 'Giovane Italia'.