I preparativi per confezionare il pacchetto da riporre sotto l'albero erano iniziati il 6 ottobre scorso, quando il Disegno di legge per l'Etichettatura e la tutela dei prodotti agroalimentari aveva iniziato il suo cammino verso il Senato in seguito all'approvazione, quasi unanime, della Camera.

A distanza di poco più di un mese, “si è quasi giunti al traguardo di ciò che porterà ad avere un piatto di Natale garantito da etichette che ci diranno tutto su ciò che mangeremo”, ha dichiarato il ministro Galan dopo lo storico voto che lo scorso 6 dicembre, a tempo di record, ha sancito l'approvazione unanime in Senato del disegno di legge per l'etichettatura e la tutela dei prodotti agroalimentari.
Il provvedimento è ora pronto per passare alla terza lettura della Camera dei deputati,  momentaneamente in stand-by per l'attesa discussione sulla fiducia a cui pare essere appesa la sorte del ddl in questione.
Se la fiducia non fosse concessa, sembra molto improbabile che il pacco dono potrà essere consegnato per tempo sulle tavole degli italiani. Il presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, Paolo Russo, pare però abbia voglia di fare in fretta e licenziare definitivamente il testo per il 16 dicembre nonostante il voto sulla fiducia del 14, chiedendo al presidente della Camera Gianfranco Fini la 'legislativa' così da evitare di passare per l'Aula.

L'entusiasmo è bipartisan e sono positivi anche i commenti del mondo agricolo da cui però giungono, coerentemente con quanto espresso un mese fa, promemoria circa il fatto che “restano ancora da approfondire, nell'ottica della trasparenza, alcuni aspetti fondamentali” come sottolinea Confagricoltura. “Innanzitutto si tratta di un provvedimento applicato a livello Italia e non Europa” spiega l'associazione ricordando le perplessità già espresse a seguito dell'approvazione alla Camera circa il significato di 'materia prima prevalente' e 'ultima trasformazione sostanziale'. “Un prodotto trasformato” interroga Confagricoltura “può essere considerato 'made in italy' se il 49% della sua materia prima non è italiana?”, e ancora, “dal momento che i mangimi non rientrano tra gli ingredienti” si chiede l'associazione, “se sono Ogm non va indicato nell'etichetta del prodotto alimentare?”.

Soddisfatta ma fortemente amareggiata per la soppressione dell'articolo 3 del ddl, Fedagri che per voce del suo presidente Maurizio Giardini ritiene la tracciabilità e l'etichettatura di origine temi importanti per il sistema agricolo del paese, senza però dimenticare che la concentrazione dell'offerta, la costituzione e lo sviluppo di strumenti di aggregazione degli agricoltori, sono temi non meno importanti e che necessitano di maggiore attenzione da parte dei decisori politici anche a livello comunitario.
Il provvedimento nel passaggio al Senato, ha infatti perso gli articoli 2 e 3, riguardanti le misure in favore dell'imprenditoria giovanile e della concentrazione delle imprese cooperative, stralciati per mancanza di copertura finanziaria. “Se, come spero, entro l’anno il provvedimento diventerà legge” non si lascia demoralizzare Galan, “l’Italia sarà il primo paese in Europa ad avere etichette chiare e trasparenti a tutela dei nostri prodotti tipici e tradizionali”.

Primo e unico, verrebbe da dire, in seguito alla doccia gelata che l'Europa ha aperto sul Belpaese raggiungendo, il 7 dicembre scorso in sede di Consiglio europeo, l'accordo che approva un Regolamento relativo alle informazioni alimentari da fornire ai consumatori e con il quale ridimensiona, di fatto, alcuni degli importantissimi risultati conseguiti dalla Commissione Agricoltura del Parlamento europeo.
“Il Consiglio dei ministri Ue rispetto a quanto approvato dall'Aula di Strasburgo lo scorso mese di giugno”, spiega il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, “sostituendo l'obbligo di indicare in etichetta il luogo di provenienza per i prodotti agricoli, per i prodotti mono-ingrediente e per la carne e il pesce ove utilizzati come unico ingrediente nei prodotti trasformati, con un sistema di etichettatura su base volontaria - ad eccezione del caso in cui si induca in errore il consumatore” spiega De Castro “fa segnare un drammatico passo indietro in materia di etichettatura dei prodotti alimentari”.
Tutto rimandato al 2014 poi, per quanto riguarda la valutazione dell'opportunità di introdurre sistemi di etichettatura obbligatoria degli altri prodotti. Fa eccezione solo l'estensione di quanto previsto per l'etichettatura delle carni bovine alle carni suine, d'agnello e al pollame.
“Si tratta” ha commentato Galan “di un atto, seppur parziale, che non mi soddisfa, né può soddisfare l’insieme delle forze politiche italiane che solo pochi giorni fa si sono espresse all’unanimità per un’effettiva e giusta etichettatura trasparente”.
“L'accordo politico raggiunto dal Consiglio dei ministri Ue non può assolutamente essere accolto in maniera positiva” è il commento di Giuseppe Politi, presidente di Cia. Rincara la dose Sergio Marini, presidente di Coldiretti definendo un “mezzo aborto normativo“, il contenuto dell’accordo politico riguardante l’etichettatura europea.

Si discosta Confagricoltura secondo cui “non va sottaciuto il risultato positivo di aver introdotto l’obbligo di etichettatura delle carni suine ed avicole voluto dai produttori italiani, così come costituisce un vantaggio per il consumatore, visto che un obbligo generalizzato induce costi che si ripercuotono sul prezzo finale, l’obbligo di etichettatura introdotto solo se la sua assenza determina confusione e possibili errori”.
Inoltre, prosegue l'associazione “non aver previsto da subito maggiori obblighi in maniera generalizzata non preclude la possibilità di etichettare volontariamente i propri alimenti da parte dei produttori”. A mancare, secondo Fedagri, è l'unità del mondo sindacale e del mondo politico in sede europea per iniziare a pesare di più nelle scelte del legislatore comunitario.
Pur riconoscendo il significato politico del ddl italiano Fedagri ammonisce a fare attenzione al fatto che leggi nazionali rigide in un contesto di legislazione comunitaria più blanda, potrebbe causare seri problemi alle ditte italiane, costrette a seguire regole che altri non hanno.
Quello raggiunto e livello europeo è comunque un accordo politico in prima lettura e, “con la seconda lettura” afferma De Castro, “cercheremo di continuare a lavorare con impegno e responsabilità nel tentativo di modificare la norma approvata oggi per tutelare i nostri agricoltori e consumatori”.