Un agricoltore su tre teme di essere costretto a chiudere la propria azienda a causa delle grandi difficoltà (costi eccessivi, prezzi in crollo e burocrazia asfissiante) che incontra; sei su dieci hanno conti “in rosso”, il 96,3% ritiene totalmente insufficienti per l’agricoltura i provvedimenti varati nell’ultimo anno, mentre il 34,8% si dichiara scoraggiato e pensa addirittura ad un abbandono dell’attività produttiva.

Per il 95,6% l’attuale situazione di profonda crisi che sta investendo il settore primario, sempre più in emergenza, rischia di protrarsi ulteriormente e difficilmente si riuscirà a superare nel giro di tre-quattro anni.

E' quanto risulta da un’indagine compiuta dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori) sull’intero territorio nazionale sull’indice di fiducia degli imprenditori agricoli davanti alla complessa congiuntura che sta penalizzando il mondo agricolo del nostro Paese.

L’indagine della Cia, di cui sono stati anticipati alcuni risultati in occasione dei due grandi sit-in a Roma e che verrà presentata in dettaglio nelle prossime settimane, conferma ancora una volta la gravità dei problemi che attanagliano l’azienda agricola italiana. La quasi totalità dei produttori interpellati (97%) punta l’indice sui costi divenuti insopportabili, sulla burocrazia che toglie risorse e soffoca ogni iniziativa, sui prezzi che sui campi sono in caduta verticale.

Tra le principali richieste, si trovano il finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali, la fiscalizzazione degli oneri sociali (richiesta che viene in particolare da chi opera in zone svantaggiate e di montagna), le riduzioni fiscali sul gasolio e sui mezzi di produzione, gli incentivi per i giovani, un più facile accesso al credito. Il futuro molto incerto dell’agricoltura italiana viene determinato, per l’85,5% degli intervistati, anche dall’attuale politica agricola europea che continua a mostrare troppi squilibri.

Le decisioni prese a Bruxelles, si rileva nell’indagine Cia, vengono giudicate, per l’83,2%, insufficienti per ridare impulso al settore. Il 76,9%, invece, ripone molta fiducia al Trattato di Lisbona, in quanto, viene sottolineato, si avrà un maggiore potere da parte del Parlamento di Strasburgo, il cui operato viene giudicato positivamente dal 72,3% degli intervistati.