L’annata agraria 2008 si è chiusa confermando tutte le difficoltà del settore e all’insegna di una disarmante continuità. Nel complesso non sono avvenuti episodi di particolare rilievo (avversità climatiche) che hanno inciso sui livelli produttivi, o  crisi di mercato. Ma le tensioni che si sono manifestate su alcuni mercati mostrano un’agricoltura sempre più indifesa di fronte alla globalizzazione dei mercati. E’ quanto emerso dalla conferenza stampa del presidente della Cia - Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi.
 
La produzione agricola dovrebbe registrare una situazione di stabilità (+0,6% in più rispetto al 2007); il valore aggiunto una lieve crescita dell’1,2%; i prezzi all’origine, su base tendenziale, una diminuzione del 6,9%; gli investimenti un calo tra il 2 e il 2,5%; i redditi degli agricoltori una crescita del 2,1% (che non compensa il calo del 18,5 registrato negli ultimi otto anni), mentre i costi di produzione dovrebbero avere un’impennata tendenziale del 6,9%. In ristagno anche consumi agroalimentari. Il numero degli occupati agricoli dovrebbe ridursi del 2,1%.

Le stime della Cia evidenziano, dal punto di vista produttivo, che le coltivazioni agricole dovrebbero avere una crescita pari all’1,3%, con una performance dei cereali (+12%), un aumento per patate e ortaggi (+2,8%), le coltivazioni arboree, vite ed olivo, rispettivamente +7 e +10%. Male le coltivazioni industriali, -18,7%, soprattutto la barbabietola da zucchero, ed il comparto della frutta ed agrumi (-6,4%).
Per quanto riguarda le produzioni zootecniche, fanno registrare un calo marcato (-2,8%) i bovini e bufalini, cui si contrappone un andamento positivo dei suini, (1,1%) ed avicoli (+7,3%). Nonostante l’aumento di quota, si riducono dell’1,1% le consegne di latte.
Per quanto riguarda i mezzi correnti di produzione, sempre nel confronto tendenziale, emerge un aumento del 6,9%. In particolare: sementi (+0,9%), concimi (+60,9%), antiparassitari (+3,5%), energetici (+6,15).
I costi correnti di produzione sono aumentati di più per i cereali (+19,5%), meno per gli ortofrutticoli, tra il 6 ed il 10%. In diminuzione per gli allevamenti (-5,45%).
 
L’andamento divergente tra prezzi dei mezzi tecnici, soprattutto concimi, e prezzi all’origine rappresenta uno dei fattori di criticità per il settore agricolo e mette in crisi i margini di redditività delle imprese agricole. La ragione di scambio (il rapporto tra gli indici dei prezzi ricevuti dagli agricoltori e quelli pagati per i mezzi correnti di produzione) che aveva superato la quota 100 tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, è discesa sotto quota 90 alla fine dell’anno.
Un quadro non certo positivo che viene offuscato ulteriormente dall’andamento dei redditi che, nonostante la crescita del 2,1 registrata nel 2008, continua a mostrare grandi difficoltà. E questo si riscontra analizzando i dati di Eurostat, che, nel medio periodo (2000-2008), evidenziano che il reddito per addetto in Italia perde 18,5 punti, contro un incremento di 17,2 punti nella media Ue17 e 3,8 punti nella media Ue15.

L’andamento dei prezzi così difforme tra la prima e la seconda parte dell’anno ha avuto un effetto sull’andamento dei prezzi al consumo. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) presenta una variazione tendenziale di +2,2%; i capitoli bevande alcoliche e tabacchi, prodotti alimentari e bevande analcoliche registrano i maggiori incrementi, rispettivamente +5,3 e +4,3%.
Negli ultimi due anni, il settore agroalimentare abbandona il contributo al contenimento dell’inflazione. I maggiori rincari si sono verificati, su base tendenziale, per gli oli di semi (+24,1), per la pasta (+22,1), per i cereali e farine (+20,1), per il riso (+11,3%), per gli ortaggi e legumi freschi e conservati (+10,3%).

Uno degli indicatori dello stato di salute del “made in Italy” alimentare è l’andamento delle esportazioni. Da questo punto di vista, il 2008 ha fatto emergere segnali positivi. Nei primi dieci mesi del 2008 le esportazioni hanno fatto registrare nel complesso un aumento del 4,3%; le importazioni sono cresciute del 5,1%. Considerando i principali settori, si sono registrati gli incrementi maggiori per i prodotti petroliferi raffinati, per i prodotti dell’agricoltura (+11,5%) e per i prodotti alimentari (+11%). Sul versante delle importazioni, i due comparti dell’agroalimentare hanno fatto registrare, rispettivamente +7,7 e +6,8%.  
Soprattutto per i prodotti dell’agricoltura, il dato dell’export non deriva tanto dall’aumento delle quantità (+2,1%) quanto dal valore medio unitario (+ 11,2 per cento).

L’agroalimentare italiano ha evidenziato una performance migliore rispetto al complesso dell’economia. L’Ue27 rappresenta l’area di riferimento, coprendo il 70% degli scambi commerciali agroalimentari complessivi.
I principali comparti dell'export sono le bevande, i derivati dei cereali, gli altri prodotti dell’industria alimentare, la frutta fresca ed i prodotti lattiero caseari che rappresentano oltre la metà delle vendite complessive.
Nel 2008 si registra una buona crescita per la frutta fresca e i derivati dei cereali che mostrano una variazione di +20,4 e +34,2%. Sul versante dell’import, i primi cinque comparti sono le carni fresche e congelate, i prodotti lattiero caseari, il pesce lavorato e conservato, gli altri prodotti dell’industria alimentare, gli oli e grassi vegetali che rappresentano poco meno della metà degli acquisti complessivi. Oli e grassi vegetali e cereali hanno il maggiore incremento nell’anno in corso (+60%).

"Questi dati sull’annata agraria - afferma la Cia - ci portano ad un primo giudizio ed ad una considerazione. Il giudizio è che il previsto recupero su base annua del valore aggiunto agricolo (+1,2), dopo due annate negative, il 2005 ed il 2006, e la sostanziale stabilità del 2007, non deve trarre in inganno indurre a facili ottimisti. Siamo in una fase di assestamento al ribasso dei prezzi dei prodotti agricoli (e di stabilità in alto dei prezzi dei mezzi correnti di produzione). Ci attende un 2009 che, se risulteranno confermate queste tendenze, segnerà un nuovo segno negativo della ricchezza prodotta dagli agricoltori. La considerazione è che si inseriscono sempre più manovre e comportamenti speculativi che aggravano le condizioni di instabilità dei mercati agricoli e di reddito degli agricoltori".

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